Capitolo 1

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Una porta di un bianco immacolato con in alto la scritta "Undici" si aprì e ne uscì un uomo. Camminava a passo deciso verso l'atrio di una struttura in mattonelle bianche. Tutto era pulito fino all' ultimo centimetro.
L'uomo inserì la tessera per consentire l'apertura della porta, scese delle scale e arrivò all' entrata.
Per prima cosa vide un uomo in camice bianco, poi due guardie che lo scortavano e le porte spalancate.
Quegli uomini stavano facendo una consegna. Una consegna a lui molto importante.

<Martin!> esclamò il primo uomo.

<Tom> rispose Martin Brenner.

Era sempre stato un uomo pronto a giudicare: capiva sin da subito l'intelletto delle persone e le loro azioni.
Ma in questo momento non era deciso a scoprire quanto fosse alto l'intelletto delle guardie alle porte o dell' uomo che aveva davanti, ma bensì cercava il vero motivo per cui era lì.

Dalle porte aperte entrò un altra guardia, e questa volta Brenner concentrò la sua attenzione su ciò che lo interessava davvero: una ragazzina.

La sua testa cosparsa da lunghi capelli rossi le ricadeva sulle spalle, inerte, mentre le braccia le penzolavano a ritmo della camminata della guardia che la trasportava.

Brenner si rendeva conto che forse aveva davanti ciò che aspettava veramente da tantissimo tempo, ma prima doveva essere sicuro che le sue capacità fossero migliorate.

Aveva già lavorato su quella ragazzina, e le sembrava abbastanza capace. Gli esperimenti che aveva condotto l'avevano portata a un buon punto, ma che, secondo lui, non era sufficiente.

Ora stava solo aspettando la persona giusta per assemblare ciò che lui considerava il meglio del suo lavoro, ma per farlo aveva bisogno di un contenitore su cui inserire tutti i suoi progetti.

E poi si era nuovamente intromesso lui, Tom Henderson, l'uomo in camice che aveva davanti.

Aveva proposto come cavia già dalla prima volta che Brenner l'aveva spiegato sua figlia.
Il dottore aveva spiegato che aveva bisogno di un'altra persona, non come le altre cavie che già aveva, ma una diversa.

E lui, lui, l'aveva proposta.

Sua figlia.

Brenner era molto sollevato di avere un componente come Tom Henderson nel suo Laboratorio: era sveglio e davvero devoto a quegli esperimenti senza neanche saperne il vero motivo...

Così la figlia di Henderson era finita nel Laboratorio per dei semplici esperimenti. Ma poi Brenner aveva capito che poteva dare di più, e aveva spiegato la situazione davanti Henderson con le giuste parole, così che lui gli avrebbe portato sua figlia.

Brenner aveva pensato e ripensato a chi potesse avere quel posto, e mentre di notte si ci scervellava e volti di persone non adatte gli sorvolavano la mente, gli venne l'idea.

Aveva chiesto un' altra persona per degli esperimenti diversi, e ora che l'aveva inquadrata, non trovava persona migliore.

La ragazzina era stata rilasciata dal Laboratorio con la minaccia di non dover dire assolutamente niente a nessuno e che tutto ciò che aveva vissuto era solo una cosa privata.

Costituiva un problema dato che la ragazza frequentava la scuola e conduceva una vita come tutti gli altri bambini.

Pensò che avrebbe potuto far credere a tutti che fosse morta, oppure avrebbe potuto dire (siccome aveva il padre alle mani) che la bambina era stata trasferita in un collegio fuori città.

<Dove la porto, Dottor Brenner?> Chiese la guardia con in braccio la ragazzina.

<Nella sua stanza>

La guardia annuì e iniziò il percorso verso il reparto riservato del Laboratorio.

Tom Henderson gli si parò davanti.

<Non ci sono problemi riguardo la sua assenza>

Brenner lo guardò.
<Bene, inizieremo subito>

<Ma... Dottore... Abbiamo già fatto esperimenti sulla sua psiche, e sono sicuro che sia la persona giusta per ricevere questi massimi esperimenti.>

Henderson era evidentemente fiero che sua figlia fosse finita in un Laboratorio per esperimenti psichici, e Martin Brenner, che era estremamente intuitivo, assentì e si diresse verso il reparto riservato con lui al passo.

Più tardi, nella clinica, Martin e Tom parlavano di ciò che avevano nelle mani.

<Devo ammetterlo, è una potenzialità davvero importante, una responsabilità vera e propria darle queste abilità> disse Henderson, camminando avanti e indietro con la cartella clinica della ragazza davanti.

<I suoi risultati sono ottimi, Tom, è la persona giusta. Sai a cosa è destinato tutto questo. Lei sarà la chiave del nostro successo.> Rispose Martin Brenner che, seduto com'era, analizzava la persona che aveva davanti. Non poteva fare a meno di analizzare o scegliere a quale categoria appartenessero le persone.
Henderson era un uomo intelligente, QI alto e, come lo avrebbe definito lui, una persona non facilmente ingannabile. Da tutti, certo, tranne che da lui.

<Condurrai anche lei nell' oscurità?> Chiese Henderson, fermandosi a osservarlo.

<È necessario, Tom. Devo fare un tentativo anche con lei. Anche se credo che le sue capacità siano destinate ad altro, per come l'ho pensata mentre assembravo il progetto. Sempre allo stesso scopo, ma in maniera differente. Le sue abilità ci saranno davvero utili> concluse Martin, posando una penna sul tavolo e alzandosi.

<Sarà meglio iniziare>

<Si, direi di sì> assentì Henderson.

<La ragazza sta riposando?>

<Si, inizieremo con lei domattina>

<Perfetto. Inziamo a preparare la struttura>
E detto questo, Brenner uscì dalla stanza, lasciando Henderson a riflettere.
Sua figlia era davvero fortunata ad avere quella possibilità, se ne rendeva conto, anche se capiva anche che l'aveva privata di una normale e sana vita.
Ma quante volte ricapita un'occasione del genere? -credo che tutti vorrebbero trovarsi al suo posto, adesso- pensò Tom.

Così anche lui lasciò la stanza, dirigendosi alla sua postazione di lavoro. Passò nel corridoio dove c'erano le stanze dei numeri.

Era felice che sua figlia ne facesse parte, anche se, a pochi metri di distanza, riposando dolcemente ignara di ogni cosa e con un camice bianco addosso, la ragazzina dai capelli rossi era tutt'altro che felice di essere lì.

Henderson svoltò in corridoio e passò davanti la porta della stanza dove sua figlia stava tranquillamente riposando.

La porta recava la scritta "Dodici" in alto.

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