Capitolo 1

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Now playing: Can't Take My Eyes Off of You, Frankie Valli


Il 45 Paradise Records era, senza ombra di dubbio, uno dei più noti e storici punti vendita di vinili in tutta New York City.

Collocato nel cuore di Midtown Manhattan, a pochi passi dal Radio City Music Hall e dalla famosa Quinta Strada, quel negozio era praticamente una tappa obbligatoria per tutti gli appassionati di musica che si trovavano anche solo a passare per la grande metropoli: in molti, infatti, ci si recavano anche solo per ammirare le prime stampe e le edizioni limitate di singoli ed album di artisti come i Beatles e Frank Sinatra, le quali tappezzavano le pareti del piccolo locale come quadri in un museo un po' sovraffollato.

Fin da bambina, avevo sempre adorato trascorrere le mie giornate tra quelle quattro mura. C'era qualcosa di estremamente confortevole, per me, nel vagare tra gli stretti corridoi che separavano i vari stand in legno ciliegio usurati dal tempo, i quali erano colmi di centinaia e centinaia di vinili divisi per anno e poi, ancora, sistemati in ordine alfabetico. C'era qualcosa di incredibilmente familiare nel salire le strette e cigolanti scale che portavano all'intimo salottino sul soppalco, nel quale chiunque poteva scegliere uno dei dischi che riempivano le librerie che circondavano lo spazio per metterlo in riproduzione nell'antico giradischi posto nell'angolo, sedersi su uno dei divani di stoffa e semplicemente ascoltare le proprie canzoni preferite insieme a chiunque altro avesse avuto voglia di fargli compagnia.

Mio padre provava costantemente a convincermi del fatto che una ristrutturazione e modernizzazione di quel posto fossero necessarie ma, nonostante l'intonaco che cadeva in alcuni punti e l'abissale differenza di stile tra quel negozio e tutti gli altri presenti nella zona mi suggerissero che un po' avesse ragione, mi ero sempre rifiutata di dargli ascolto - esattamente come aveva, prima di me, fatto mio nonno. Lui, che di quel negozio ne era stato il fondatore, non aveva avuto dubbi riguardo a chi lasciarlo in eredità tra i due figli e cinque nipoti tra cui avrebbe potuto scegliere: il Paradise - com'era affettuosamente chiamato da tutti coloro che lo avevano visitato anche solo una volta o che desideravano prima o poi farlo - era infatti sempre stato il nostro posto, quello in cui, seduti sui vecchi divani del salottino sul soppalco, lo avevo ascoltato per ore ed ore mentre mi raccontava storie riguardo quei famosi album che decoravano le pareti come se mi stesse narrando trame di favole o film, quello in cui lo avevo visto innumerevoli volte parlare ai clienti di artisti sconosciuti con talmente tanta passione da convincerli facilmente a dar loro una possibilità. Soprattutto, però, era innegabilmente grazie al Paradise - ed a mio nonno - che mi ero totalmente innamorata della musica, tanto da sapere già dall'età di dieci anni che nella mia vita non avrei mai potuto intraprendere una carriera che non l'avrebbe avuta come focus principale.

Nonostante il mio amore incondizionato e sviscerato per quel posto, non potevo non ammettere che i sabato mattina del periodo estivo fossero, lì dentro, un vero e proprio incubo. New York era infatti inondata di turisti in ogni periodo dell'anno, ma il mese di giugno - così come quello di novembre - sembrava sempre che la popolazione media in città cominciasse ad aumentare ed aumentare per raggiungere, nel periodo di luglio ed agosto o in quello natalizio, il picco massimo. Dal momento che non eravamo neanche alla metà di giugno - e quindi ben lontani dal raggiungimento di suddetto picco - e lì dentro sembravano esserci già più persone di quante il piccolo locale ne potesse contenere in modo confortevole, cominciai quasi a pentirmi di non aver mai dato ascolto a mio padre ogni volta che, negli anni, mi aveva suggerito - in modo subdolo o meno - di vendere quel posto.

«Salve, signor Daniels, cosa cerca questa settimana?»

L'uomo di mezza età che ogni sabato mattina, alle undici in punto, varcava la soglia del negozio alla ricerca di un nuovo vinile da aggiungere alla sua collezione, si voltò verso di me nel captare la mia voce squillante, un sorriso sulle sue labbra sottili mentre diceva «Riley, proprio te cercavo. Ho adorato il vinile della scorsa settimana.»

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