Capitolo 13

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Now playing: It's Too Late, Carole King


Quando Harry fece il suo ingresso in cucina vestito in pantaloncini scuri ed una maglia con la stampa di qualche festival e subito aggrottò le sopracciglia alla scena che si ritrovò di fronte, misi momentaneamente da parte le farfalle che non tardarono a svolazzare nel mio stomaco per controllare l'orario sul mio cellulare: mi sorpresi nello scoprire che fosse ormai ora di pranzo, il che significava che io, Jesse ed Audrey - Chris era solito dormire fino a tardi, quindi non avevamo voluto svegliarlo - fossimo seduti intorno a quel tavolo, su cui erano disseminati fogli, penne e tazze di caffè, ormai da ore.

«Cosa state facendo?» domandò il ragazzo, i suoi capelli leggermente più arruffati di quanto non fossero normalmente.

«Riley ha scritto una canzone» spiegò Jesse, tornando presto a scribacchiare su uno dei mille fogli quando un'idea per qualche arrangiamento dovette coglierlo.

Intanto, il ragazzo appena arrivato si mostrò ancora più confuso mentre spostava lo sguardo su di me. «Hai scritto una canzone?»

«Già» replicai con una scrollata di spalle.

«Quando?»

«Quando sono tornata in camera stanotte.» Ci pensai qualche secondo, poi corressi quell'affermazione. «O meglio, all'alba.»

«Che canzone è?»

Mandando indietro un sorriso dovuto alla sua espressione attonita, gli porsi il foglio su cui poche ore prima avevo buttato giù quelle parole man mano che esse affioravano nella mia mente e lui non tardò ad afferrarlo, prendendo posto nella sedia accanto alla mia prima di cominciare a leggere.

«È una prima bozza,» lo informai, «ci sono alcune cose che voglio rivedere quando avrò dormito qualche ora in più, però—»

«Sei incredibile» disse Harry, gli occhi ancora incollati sulle parole incise nero su bianco. «Sei fottutamente incredibile.»

«Cazzo, se lo è» concordò Audrey, sulle sue labbra lo stesso sorriso che era stato presente dal momento in cui aveva letto il messaggio che avevo inviato a lei e agli altri due ragazzi.

Sentii le mie guance surriscaldarsi in risposta a quei complimenti, ma prima che potessi replicare in qualunque modo Harry posò il foglio sul tavolo e girò il busto verso di me. «Me la fai sentire?»

Era la seconda volta che mi faceva una richiesta del genere e, proprio come la volta precedente al Paradise, il suo sincero entusiasmo mi riscaldò il cuore. Per questo non esitai a fare un cenno a Jesse ed Audrey che subito presero a suonare l'arrangiamento che, nelle ore precedenti, avevamo pensato per quel testo, che non tardai ad intonare nel leggero eco della cucina.

Proprio come quella che l'aveva preceduta, neanche questa era una canzone d'amore: l'ispirazione era venuta dalla giornata trascorsa in compagnia e governata da risate e felicità, una combinazione che in passato mi era stata estremamente familiare ma che, nell'ultimo periodo, era decisamente diventata una rarità.

Nonostante fossi al settimo cielo per il semplice fatto che fossi stata in grado di scrivere un'altra canzone, non potevo negare che un po' mi straniva il fatto che nessuna delle due fosse una canzone d'amore. In qualunque altra situazione quello era un particolare a cui non avrei neanche fatto caso, poiché in passato avevo scritto testi riguardanti le tematiche più svariate e non sempre le canzoni d'amore avevano trovato spazio sui taccuini e tra le agende che riempivano la mia stanza; tuttavia, in quel momento non potevo fare a meno di chiedermi se il mio inconscio non mi stesse attivamente frenando dallo scriverne una, se non stessi allontanando l'idea di mettere per iscritto quello specifico sentimento per evitare di doverci poi, inevitabilmente, fare i conti.

3000 Love SongsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora