Capitolo 24

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Now playing: Hit Me with Your Best Shot, Pat Benatar


«Se non metti via quel cellulare, giuro che te lo tolgo di mano, salgo sul tetto di questo grattacielo e lo utilizzo per giocare a fare canestro in uno dei laghetti di Central Park.»

Con quella minaccia fin troppo elaborata e, a dirla tutta, decisamente irrealistica, Nathan riuscì nel suo intento di farmi sollevare lo sguardo dallo schermo del mio cellulare. Dovetti sbattere le palpebre prima di riuscire a focalizzare il mio migliore amico, il quale, seduto al mio fianco sul divano, mi osservava con fare impaziente.

«Non puoi salire sul tetto,» gli ricordai, bloccando il cellulare e posandolo in grembo, «nessuno a parte i responsabili dell'intero edificio ne ha accesso.»

«Oh, non preoccuparti,» replicò, sollevando un sopracciglio con aria di sfida, «essere il quarterback dei Giants avrà pure qualche vantaggio.»

Gli lanciai a quel punto un'occhiata perplessa. «Hai davvero le chiavi per il tetto?»

«No, ma sono certo che potrei ottenerle facilmente.» Roteai gli occhi al cielo ma non potei sul serio smentirlo, poiché più volte negli anni aveva dimostrato che l'essere un giocatore professionista aprisse più porte - figurate e letterarie - di quante non avessi mai immaginato. Mi voltai invece semplicemente di nuovo verso la TV nella quale, intanto, il film che avevamo deciso di guardare quella sera era ancora in riproduzione; passarono tuttavia appena un paio di minuti prima che, contro la mia stessa volontà, facessi nuovamente illuminare il display del cellulare - una mossa che decisamente non sfuggì all'occhio di falco del ragazzo accanto a me. «Okay, dai qua.»

«Hey!» Mi sfilò il dispositivo di mano prima ancora che potessi capire cosa stesse facendo, alzandolo in aria così che non riuscissi a riprenderlo facilmente. «Nate!»

«Sono giorni che questa storia va avanti» mi rimproverò, allontanando ancora il cellulare quando provai ad allungarmi per afferrarlo. «O cacci le palle e gli scrivi, oppure la smetti di fissare questo schermo aspettando che lo faccia lui.»

Serrai la mandibola, rinunciando a combattere contro le sue braccia chilometriche e tornando invece a sistemarmi con la schiena contro il divano. «Per tua informazione, l'ho già fatto.»

Con la coda dell'occhio lo vidi inarcare un sopracciglio. «Gli hai scritto?» Riluttante, annuii. «E..?»

Presi un respiro profondo, sentendo il petto restringersi proprio come sembrava costantemente fare ogni volta che in quei giorni avevo pensato a lui. Poi, praticamente tutto d'un fiato, dissi «ho saputo da Jamila che ha lasciato il periodo di prova alla NYC 103, allora gli ho scritto chiedendogli se potessimo parlare e lui mi ha risposto di essere impegnato. Gli ho allora proposto di sentirci non appena avesse avuto un momento libero, ma sono ormai passate più di tre ore e non ho ricevuto ancora alcuna risposta da parte sua.»

Era giovedì sera e quindi sapevo che fosse impegnato in radio, ma questo non l'aveva comunque mai fermato dal rispondere ai miei messaggi tra una pausa e l'altra dalla diretta. Ero per questo ben consapevole del fatto che mi stesse volutamente evitando e, nonostante ne capissi perfettamente il motivo, non c'era nulla che volevo più dell'avere una possibilità per aggiustare le cose tra noi.

«Cos'è che vorresti dirgli?» domandò il ragazzo al mio fianco. «Che avrebbe dovuto tenersi quel lavoro che ha ottenuto grazie ad una raccomandazione fatta da tuo padre, dietro tua richiesta, alle sue spalle?»

«No» risposi fin troppo velocemente, sentendomi accusata dal tono che aveva utilizzato. Quando tuttavia Nathan continuò a guardarmi non convinto, ammisi «forse. Non lo so, va bene? Vorrei solo parlargli.»

3000 Love SongsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora