6) Reazione

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La preoccupazione su quello che troverà a scuola il lunedì successivo è tanta, ma mai forte quanto il pensiero di Manuel costretto a tornare a casa sua.
Vorrebbe sapere come sta, se gli è successo ancora qualcosa o se per una volta la situazione è tranquilla. Se quella bestia che si spaccia per suo padre ha osato sfiorarlo ancora o anche solo urlargli contro parole che lo feriscono.

Il loro avvicinamento è già tanto, per ora, e non prova nemmeno a forzare la mano. Se Manuel vorrà, gliene parlerà. Ora si fida.

-Simo se vuoi ti chiamo e ne parliamo- il messaggio di Laura lo distrae, ma non ne ha assolutamente voglia di parlare.
-Scusa, ora non riesco. Ne parliamo domani in caso, ok?-

Taglia corto, adesso non ne ha né la voglia né tantomeno la forza.
Lei non sa niente di quello che è successo dopo essersi parlati, e al solo pensiero Simone vorrebbe sprofondare perché il dolore che prova è tanto. Troppo.

-Grazie per oggi, non avevo mai pianto con nessuno.-
Un altro messaggio, questa volta non di Laura, lo fa sorridere come fosse uno stupido bambino. Quel punto messo alla fine lo fa sorridere più del messaggio in sé, perché Manuel mantiene sempre quel distacco a cui è abituato.

-Come stai?-
Avrebbe voluto rispondere con un semplice pollicione all’insù, come avrebbe fatto probabilmente lui, ma lui non è Manuel. E vuole davvero saperlo.

-Meglio.-
Si arrende, ma subito dopo ne arriva un altro: -Tu?-
-Meglio.-

Ora sorride di più, anche se non riceve risposta. Gli basta, perché fino a poco tempo prima non avrebbe mai nemmeno immaginato di scambiare messaggi con Manuel Ferro, figuriamoci vederlo piangere tra le sue braccia o chiamarlo al momento del bisogno.

Suo padre, Dante, aveva subito notato a cena quel labbro spaccato. Avrebbe allarmato l’intera città, se solo Simone non si fosse inventato una scusa a detta sua plausibile: “Stavano facendo una rissa e ci sono capitato per sbaglio”.
Non ci ha creduto né lui né tantomeno sua nonna Virginia, ma entrambi hanno pensato che non sarebbero riusciti a raggiungere più informazioni.

Il lunedì mattina, in classe, al suono della ricreazione, la scena che Simone si trova davanti è quello che avrebbe sperato di non vivere mai. Eppure un po’ se lo aspettava, anzi si chiedeva come mai non fosse ancora successo che quel gruppetto iniziasse a prenderlo in giro.

“E mo avete rotto proprio il cazzo” l’intervento di Manuel, che si alza di scatto dalla sedia posizionandosi davanti a loro, fa ridere gli altri.

“Addirittura inizi a scomodarti così tanto? Che c’hai, Manuel? Qual è il tuo problema? Mo state sempre insieme voi due, ce devi di qualcosa pure te?”
“Ve devo di che ve dovete fa i cazzi vostri e che non fate ride nessuno. Siete dei coglioni, dei bambini del cazzo che se divertono con ste cose solo perché mai nessuno v’ha mai dato un calcio in culo”

La calma che solitamente hanno nei suoi confronti questa volta sparisce. Se fino a due giorni prima nessuno avrebbe mai iniziato una rissa con Manuel, questa volta succede il contrario. Alessandro si lancia su di lui, afferrandolo per il colletto della felpa.

“Alessà non c’ho voglia de fa a botte”
“Però tu stai un po’ troppo in mezzo. Te dovresti fa i cazzi tuoi”
“Io me sto a fa i cazzi miei, ma lo dovete lascià sta.”

Tra i chiacchiericci di metà classe, quella che non era ancora uscita dall’aula per la ricreazione, e quei quattro che si lanciano di gruppo su Manuel, Simone perde tutta la calma che ha sempre avuto.
Mette da parte la paura, l’ansia, il suo sentirsi sempre piccolo e destinato a tutto quello che gli succedeva.

Spinge il suo banco, facendolo cadere a terra in modo da provocare un rumore forte e attirare l’attenzione di tutti.

“Lasciatelo stare”
Gli altri si guardano tra di loro, scoppiando a ridere come non avevano mai fatto.

“Che c’è, Balé? Te sei svegliato tutto di colpo? Te stiamo a toccà l’amore tuo?”
“Siete veramente dei coglioni”
“Mo stai a esagerà”
“No, mi sono rotto il cazzo. E se non lo lasciate stare-”
“Che fai? Addirittura hai preso così tanto coraggio? Poi te spezzi un’unghia, Simò... e poi piangi”
“E se vi spezzo le braccia o vi spacco la faccia voi che fate?” si avvicina sicuro a loro, con uno sguardo che non aveva mai avuto.
Manuel gliel’aveva detto, che aspettava il momento di una sua reazione, ma adesso, vedendolo così fuori di sé, forse ci ha ripensato.

“Simò lascia stare”
Non lo ascolta, perché Simone adesso è faccia a faccia con Alessandro, che lo guarda divertito e pieno di sé.
“Simò te stanno a provocà, lascia stare”
Lo ignora.

“Tirami un altro cazzotto come quello di sabato. Vedi se trovi la stessa reazione, però. Ti giuro che ne ho piene le palle di voi”
Nessuno si aspettava una reazione simile da lui. Simone Balestra ha sempre e solo subito in silenzio, ignorando e ingoiando gli insulti, le battutine e, l’ultima volta, anche le botte.
Ma quello che hanno detto è la verità, in parte: adesso hanno messo in mezzo Manuel, e il solo pensiero che qualcuno lo sfiori gli fa contorcere lo stomaco. Non solo per quello che prova nei suoi confronti, ma soprattutto dopo quello che Manuel gli ha raccontato.

Se lo toccano, impazzisco.

“Sto aspettando” dice, sicuro.
Nessuno muove un dito, lo guardano solamente sconcertati per quella reazione avuta.

“Simò te fai male. Statte a cuccia” tenta Francesco.
“O magari vi fate male voi. Però mi dovete menare uno alla volta, in gruppo è troppo facile ma lo so che è l’unico modo che conoscete, perché da soli non sareste in grado di averla vinta manco con un bambino. Vai, chi vuole iniziare?”
“Simò…” Manuel tenta ancora, ma si rassegna al fatto che Simone ormai è fuori di sé, nonostante appaia lucido.

“Mo hai rotto proprio il cazzo, Simò”
Alessandro scansa Francesco, che era faccia a faccia con Simone, e lo spinge con forza contro il muro facendogli battere la schiena.

“Tutto qua?” Sorride, quasi.
“Te fai male, stamme a sentì”
Adesso è Simone che lo afferra dal collo, spingendolo all’indietro e sbattendolo contro uno dei banchi, con la schiena piegata e il suo viso attaccato al suo.
Grida fortissimo, attirando ancora di più l’attenzione di tutti.

“Tutto qua? Questo è il massimo che sai fare da solo? Pensi che mi farei male? V’ho sempre e solo sopportato, ma pure uno come me si rompe i coglioni a un certo punto e ve ne dovete stare per i cazzi vostri” lo strattona, facendogli sbattere nuovamente la schiena contro il banco, ma poi lo lascia e guarda tutti gli altri. È lucido, nonostante perfino Manuel pensasse di no. Totalmente lucido. Solo stanco di quella situazione.

“Che cazzo vi guardate, tutti? Volevate lo spettacolo? Eccolo." Un respiro, "Sono gay, avevate sempre avuto ragione. Ma adesso la smettete di massacrarmi perché non me ne starò più a sopportarvi all’angolino. La prossima volta vi spacco davvero la faccia. Mi dovete lasciare stare, e dovete lasciare in pace pure lui. E complimenti a tutti gli altri per avermi sempre difeso in questi anni, siete i migliori compagni di classe che chiunque desidererebbe”

Li lascia tutti lì, fermi, immobili e sconvolti. Alcuni di loro anche con il senso di colpa.
Esce dall’aula, seguito subito dopo da Manuel che quasi lo rincorre per via delle gambe meno lunghe che non gli permettono di fare gli stessi passi dell’altro.

“Simò”
“Non mi dire niente. Ho bisogno di una camomilla. Ci starà dentro al distributore del caffè?”
“Simò.”
Lo ferma, stringendogli un braccio, e Simone adesso si gira e lo guarda. Ancora con il respiro un po’ affannato, ma con lo sguardo di chi non si è pentito minimamente.

“Che c’è? Perché mi guardi così?”
“Io t’avevo detto de reagì, ma manco m’aspettavo sto show”
“Nessuno si aspetterebbe tante cose da me, ma io non sono quello che s’è fatto massacrare per anni”
“No, certo…”
Un sorriso spunta sulla bocca di Manuel, prima di un respiro bello grande, come a voler scaricare la tensione degli ultimi minuti.

“Non t’ho difeso per quello che dicono loro”
“Non me ne frega di quello che dicono, Simò”
“Però te lo volevo dire. T’ho difeso perché non voglio che ti facciano male, soprattutto per colpa mia”
“So abituato, lo sai”
“Appunto. Non ti devi abituare.”
Si guardano intensamente per alcuni secondi, fino a quando Manuel sorride e gli da’ una pacca sulla spalla.

“Annamo a vedè se ce sta la camomilla, va… te serve”
“Due, me ne servono”
“Famo tre”
Lo spinge verso il corridoio, da un lato contento e un po’ fiero di quella reazione, dall’altro ancora un po’ sconvolto.

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