"E questo è il senso che ritrovo in te, uno di quelli che non scordi mai.
Amore,
tanto, poi, c’è il mare qui. "Manuel non aveva mai avuto un attacco di panico. Si era trovato a dover gestire quello di Simone, quella volta in cui l’avevano picchiato a scuola, ma lui al massimo si chiudeva a riccio in camera sua, con le ginocchia al petto, proteggendosi a riccio come se qualcuno potesse raggiungerlo anche lì nella sua stanza chiusa a chiave.
E Simone non si sarebbe mai aspettato che Manuel potesse avere un attacco di panico all’improvviso, in una giornata di fine estate che sembrava tranquilla più delle altre. Erano stati a pranzo insieme per festeggiare il nuovo lavoro come meccanico, poi erano tornati a casa dove c’era Anita intenta a preparare una cena per Dante, perché quei due avevano iniziato a frequentarsi di nascosto e gli ci era voluto più di un mese ai ragazzi per scoprirlo.
Poi, di colpo, il vuoto.
“Che c’hai, Manu?” Simone l’aveva guardato preoccupato, perché sembrava non respirare più. Le gocce di sudore sulla fronte, la mano con cui si teneva il petto dal dolore.
“Forse sto per morire”
“Ma che cazzo dici? Oh! Guardami!” gli aveva preso il viso tra le mani, obbligandolo a guardarlo, e aveva visto in quegli occhi tutti i problemi accumulati.“Devo vomitare” si era lanciato dietro un albero di villa Balestra, con una mano poggiata, riversando sul prato tutto il pranzo. E Simone era lì, accanto a lui, a reggergli la fronte come se potesse aiutare a migliorare la situazione.
Quando Manuel aveva rialzato la testa, gli occhi erano colmi di lacrime. Se non fosse stato attento, Simone li avrebbe scambiati per semplici occhi lucidi da sforzo per il vomito, invece Manuel era in panico, perso e incapace di gestirsi.
“Ohi, Amore… respira. Guardami e respira”
“Non voglio morire”
“Non muori, però respira. Così” aveva respirato lui al suo posto, come a volerglielo far vedere come dovesse fare.“Bravo, così… stai tranquillo. Non è successo niente. Ci sono io, qua con te. Non sei da solo.”
Gli ci era voluto un po’, prima di riprendersi e definirla una delle esperienze più brutte della sua vita.
E alla fine Simone lo ha costretto a fare una doccia, a cambiarsi e a salire in macchina con lui.“A Fregene, Simò?” chiede, appena legge il cartello stradale.
“Sì, a Fregene”
“E me spieghi perché stiamo a andà a Fregene de mercoledì sera totalmente a caso?”
“Perché c’è il mare”
“E che c’entra?”
“Voglio portarti al mare. Vuoi stare zitto? Sto guidando e mi disturbi”
“Sto guidando e mi disturbi” Manuel gli rifà il verso, prendendolo in giro e ricevendo un pugno sulla gamba che lo fa ridere.Voleva lamentarsi a prescindere, perché il mare lui avrebbe sempre voluto viverlo un po’ di più. Ci era stato pochissime volte da piccolo, e poi da adulto mai. Solo durante l’anno a Velencia, e aveva raccontato a Simone quanto gli piacesse il mare, soprattutto di sera. Però di sera lavorava sempre, e c’era stato solamente una volta in un anno.
A piedi scalzi, sulla sabbia, camminano l’uno accanto all’altro mentre le onde del mare si infrangono sulla riva.
Manuel gli afferra la mano, stringendosi un po’ di più a lui, e respira a pieni polmoni chiudendo gli occhi.“Non lo so che m’è successo oggi, se stai per chiedermelo…” lo anticipa, perché Manuel realmente non ha idea di quello che gli è capitato.
“Posso provare a indovinare?”
Simone non riceve risposta, almeno non a voce. Solo un cenno con la testa.“Sei crollato.”
“Tutto qua? Pensavo fosse qualcosa di più filosofico”
“Il filosofo sei te, mica io. Comunque…” avrebbe mille cose da dirgli, in realtà, ma cerca di dosarle per non appesantirlo. “Tu forse non ti sei reso conto della grandezza delle cose che hai vissuto, Manu. Tu cerchi di trovare il positivo in tutto, di farcela da solo, di non appesantire gli altri. Ti sei preso cura di te stesso senza chiedere aiuto, poi ti sei preso cura di tua madre. Adesso che sembra essere realmente finito tutto e ti sei rilassato un po’, sei crollato. Perché hai accumulato troppo, e nemmeno te ne sei reso conto che un essere umano non può portare addosso tutto ‘sto fardello che ti sei caricato tu. Specialmente a vent’anni”
“Non sono solo…”
“Adesso no, proprio per quello sei crollato adesso” si ferma, posizionandosi davanti a lui. Tra lui e il mare, a cui da’ le spalle.“Che devo fare, secondo te? Io oggi non avevo niente che non andasse, stavo bene. Poi ha iniziato a mancarmi l’aria, e mi sentivo morire”
“Lo so, succede. Magari adesso che hai trovato un lavoro più stabile, investi un po’ su di te. Ti farà bene…”
“Devo annà da no psicologo?”
“Non è che devi. Se non te la senti adesso non ci andare, però se vuoi un consiglio da me, la risposta è sì. Ti farebbe bene. Fa bene a tutti.”
“Non lo so, ce posso pensà?”Simone sorride, scuotendo la testa perché se lo aspettava.
“Ti fa così paura l’idea?”
“No, non c’ho paura. Però vorrei buttà sotto ar tappeto tutto quanto”
“Eh, lo capisco. Ma sai qual è il problema, poi? Che a na certa il tappeto si sposta per sbaglio e tira fuori tutto quello che hai nascosto. Invece tu devi mettere tutto davanti agli occhi, e devi guardare tutto senza paura”
“Nun me sembra na cosa facile, Simò…”
“Non ho detto che è facile, infatti. Però è fondamentale. Comunque non devi farlo domani, era solo il consiglio di uno che ti ama e vorrebbe solo vederti felice”Manuel sospira, consapevole del fatto che il suo fidanzato abbia ragione. E lo guarda con un piccolo sorriso sulle labbra, le stesse che lentamente avvicina a quelle dell’altro per lasciargli un bacio dolce, delicato e privo di malizia.
“Lo so. Grazie”
“Non voglio fare il rompicoglioni pesantone”
“Non lo sei. E mi fido di te, sempre. Qualunque cosa tu mi dica, perché so che la dici per me”Simone lo attira verso di sé, per stringerlo in un abbraccio in cui l’altro si perde, affondando anche un po’ di più nella sabbia.
“Grazie anche per il mare…” sussurra.
“Non ci eravamo mai venuti insieme.” si stacca dall’abbraccio, facendo un mezzo giro attorno a Manuel per stringerlo nuovamente, ma questa volta da dietro.
Gli circonda il corpo, poggiando il mento su una sua spalla. Entrambi rivolti verso il mare.“Ce stanno tre cose che me mettono pace e me fanno esse felice”
“Il mare?” Simone tenta di indovinare, portando il conto con il pollice alzato, in attesa delle altre due cose.“Bravo. Una è il mare. La seconda è er colosseo”
“Il colosseo?”
“Lascia sta, nun posso spiegà na cosa del genere a uno che è nato a Milano”
“Oh, stronzo”Manuel ride, buttando un po’ di più la testa indietro, poggiandosi a lui.
“Comunque: il mare, il colosseo… stai a portà il conto?”
“Sì, giusto. E siamo a due” alza anche l’indice. “Se dici che la terza sono io sei scontatissimo e banale, Ferro…”“No, non sei tu.” lo dice serio, e un po’ Simone ci rimane male nonostante non lo ammetterebbe mai.
Così Manuel si gira, per guardarlo dritto in faccia nonostante la statura più bassa.“So questi” sussurra, sfiorandogli appena le palpebre. “Proprio questi”, sorride, “Quando me guardi, soprattutto così.”
“Che paraculo…” si nasconde di nuovo sulla sua spalla, abbracciandolo forte.
“Non so paraculo”
“Sei paraculo.”
“Va be, un pochetto…”Restano in silenzio per un po’, abbracciati e con il sorriso sulle labbra, consapevoli del sorriso dell’altro nonostante non si vedano.
“Ti guarderò sempre così.”
“Nun le devi fa, ste promesse…”
“Faccio quello che mi pare. E io ti guarderò sempre così, e di sicuro non guarderò mai più nessuno, così”.(Scusate il capitolo breve e di passaggio, ma volevo ugualmente postare qualcosa ❤️A. )
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Stammi vicino [Simuel]
FanfictionAmici, fratelli o amanti. Simone e Manuel, l'adolescenza e la crescita tra "Vaffanculo" gridati e la scoperta di qualcosa che sembra più grande di loro.