16) Ti odio

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Manuel è sempre stato un perfetto irrazionale, nella sua vita, ma in questo momento cerca di mantenere la promessa fatta per telefono a Laura, con la quale si scambia occhiate con cui si dicono tantissimo.
Lascia che sia Luca, seppur con immenso fastidio, a stringere Simone una volta usciti dal bagno.

Lui resta un po’ indietro accanto a Laura, mentre escono tutti e quattro dal bagno e anche dal locale, per far prendere un po’ d’aria a quel morto vivente che è diventato Simone.

“Dimmi che non succederà un casino, perché sto per avere un attacco di panico” sussurra la ragazza, sporgendosi un po’ verso l’orecchio di Manuel.

“De me te puoi fidà. Mo devi vedè l’amico tuo se fa qualche stronzata…”
“Lo ammazzo. Te lo giuro. E poi ammazzo pure te”
“Pure quando non c’entro niente, è colpa mia?”
“Tu c’entri sempre, Manuel. Sempre. E lo sai benissimo. La vita di Simone gravita attorno a te da sempre, figurati nell’ultimo anno”

Smettono di parlare perché non c’è più il caos della musica a coprire le loro voci. Ora sono fuori, nonostante l’aria non sia granché. È pur sempre fine giugno, e il caldo a Roma è asfissiante anche di notte.

Manuel vorrebbe allontanarsi con un banale “Io vado via”, ma sa che, se lo facesse, Simone si sveglierebbe da quello stato di trance in cui è adesso e inizierebbe, con ottime probabilità, a dire un sacco di cose che non dovrebbe dire.

“Siediti un po’ qua. Va meglio?” Luca è a carponi davanti al suo fidanzato, che ha fatto sedere sul marciapiede, e gli accarezza il viso e i capelli.
Manuel vorrebbe con tutto se stesso andare via, pur di non assistere a un’altra persona che si prende cura di lui, ma non può farlo. E poi quelle mani tra i capelli-pensa-gliele ha sempre messe lui.

“Andiamo a casa? Ti accompagno”
Simone annuisce distratto, ma il suo sguardo cerca quello di Manuel che è un po’ di lato, accanto a Laura.
Forse ha davvero capito le parole che gli ha ripetuto Manuel in bagno. Non deve dire o fare cazzate che facciano capire troppo a Luca. Deve parlarci quando è lucido, senza alcuna scenata da ubriaco.

“Andiamo…”
Laura tira un sospiro di sollievo, e un po’ anche Manuel.
Nessuno dei due avrebbe voluto vivere una situazione imbarazzante, probabilmente nemmeno Simone.

“Scusate… ho fatto il coglione. Avevo accumulato troppo stress per l’esame”
“Tranquillo, succede.” Risponde Laura.
“E grazie…” si alza un po’ barcollante, avvicinandosi prima a Laura per abbracciarla, e poi successivamente a Manuel. Abbraccia anche lui, cercando di metterci un po’ meno enfasi.

“Ti odio” è un sussurro, il suo, che però Manuel recepisce benissimo e si sente morire dentro.
Lo sa bene, che non lo odia, ma una parte di sé pensa che l’ha fatto stare talmente tanto male che potrebbe essere anche vero.

Si salutano un’ultima volta, poi Simone raggiunge Luca per tornare a casa.
In macchina sono stati tutto il tempo in silenzio, fatta eccezione per un solo momento in cui Luca ha tentennato una domanda. “Chi è Manuel? Non me ne avevi mai parlato…”
Simone avrebbe voluto aprire lo sportello e vomitare ancora, ma ci ha pensato un attimo e ha risposto nell’unico modo che gli sembrava giusto. “Manuel? È Manuel. Un amico”

Manuel è Manuel, per lui. Solo Manuel. Il tutto.

Appena rientra a casa, ancora barcollante e con un mal di testa che avuto così forte poche volte nella sua vita, manda un messaggio istintivamente.

-Ti odio-

La stessa cosa che gli aveva detto dal vivo poco prima e a cui Manuel non aveva nemmeno risposto.
Questa volta, però, risponde.

-Me l’hai già detto poco fa. Adesso vai a dormire-
-Dove sei?-
-Al locale, con Laura-
-Perché?-
-Stiamo parlando-

Avrebbe dovuto aspettarselo, che avrebbero parlato di lui. L’alcool, però, gli aveva fatto escludere quell’opzione.
Gli ha chiesto dove fosse perché è rientrato in casa con un unico pensiero: il profumo di Manuel su quella maglietta.

-Vieni?- digita e invia senza nemmeno pensarci.
Una risposta tarda ad arrivare, probabilmente-pensa-Manuel si sta confrontando con Laura su ciò che sia giusto o sbagliato.

Se sta parlando con lei, non verrà mai.

-Per favore- invia di nuovo, e questa volta con la speranza che una risposta arrivi subito.

-Ok, arrivo.-

Esce fuori di casa, lo aspetta lì sotto la veranda della villa.
Appena lo vede arrivare ha un sussulto. La macchina è di Laura, e Laura è alla guida. Rassegnata e, probabilmente, incapace di capire se abbia fatto la cosa giusta.

“Perché sei venuto con lei?”
“Non ho più la moto. Ero venuto in taxi, prima”
“In taxi?”
“In taxi.” Conferma.
“E quanto t’è costato, da casa tua?”
“Ma che te ne frega, mo? Cristo, ma sei più rompicoglioni di come t’ho lasciato un anno fa”

Sono fermi l’uno di fronte all’altro, in piedi, nel quasi totale buio. Laura li ha solo salutati con una mano prima di scappare via, e loro si guardano per secondi che sembrano interminabili.
Che gliene frega, a Manuel, di quanto è costato quel taxi. Tanto. Troppo, per le sue possibilità. Ma se c’è una cosa che non è mai cambiata, è che Simone varrebbe pure duecento euro di taxi, se ce ne fosse bisogno.

Eppure l’ha lasciato lì a Roma da solo, un anno prima. Se ne è andato, l’ha abbandonato.

“Io ho bisogno di abbracciarti” il viso di Cucciolo, le braccia lunghe sui fianchi e un mal di testa e una disperazione che fanno da padroni.

“Tu c’hai bisogno de dormì…”
“E di abbracciarti” insiste, con un nodo alla gola che solo la visione di Manuel dopo un anno di lontananza avrebbe potuto procurargli.

L’altro lo guarda, un po’ triste per la distanza che si è creata in questo tempo.

“E che stai a aspettà? C’hai mai avuto bisogno del permesso?”
Un piccolo sorriso si fa spazio sul viso di Simone, prima di lanciarsi tra quelle braccia che gli erano mancate da morire. Adesso il profumo è più forte, perché non c’è solo la maglietta che sta indossando lui, c’è Manuel intero in carne ed ossa lì tra le sue braccia.

“Ti odio tantissimo… te lo giuro”
“Non è vero”
“Sì, invece. Te ne sei andato” si stacca da quell’abbraccio, anche se non del tutto. Si asciuga le lacrime dal viso, e poggia la sua fronte contro quella di Manuel senza staccargli mai gli occhi di dosso.

“Facciamo l’amore” è un sussurro.
“Sei ubriaco”
“No non so ubriaco. Ero ubriaco, mi è passata…”
“Non credo. Sei in piedi in equilibrio perché ti sto reggendo io. Non so se te ne sei accorto” non è un rimprovero. Lo dice con il sorriso, perché la richiesta di Simone gli ha fatto esplodere il petto.
Comunque Simone non se n’è accorto, di essere ancora barcollante.

“è perché puzzo di vomito? Mi lavo”
“No, Simò. Cioè, sì. Puzzi, effettivamente. Ma non è quello”
“Allora che vuoi da me? Perché sei tornato? Che vuoi?” è disperato, si sente stupido per quella richiesta che ha ricevuto un no.

“Sei ubriaco. Tutto quello che vorrei da te non lo posso avè stasera”
“E che vuoi?”
“Quello che vuoi pure tu. Ma non è il momento, adesso. Ne riparliamo domani. Magari se mi presti la Vespa, torno a casa…”
“No, non torni a casa”
“Simò…”
“Ti ho detto che non torni a casa.” La durezza con cui lo dice sparisce subito dopo, appena crolla in un pianto e si accascia su di lui. “Ti prego. Stai con me. Non facciamo niente, però stai con me. Non te ne andare, non lo sopporterei un’altra volta”

Crolla anche Manuel, nell’esatto momento in cui si sente dire quelle ultime parole. Si asciuga una lacrima che ha rigato il suo volto, nonostante sia stato bravissimo a non crollare del tutto. Adesso ha bisogno di asciugare le lacrime di Simone, come non ha fatto nell’ultimo anno.

“Va bene. Dormo con te. Però calmati…”
Lo stringe a sé, fortissimo. Gli fa mancare anche l’aria, in alcuni momenti. Resta lì, vuole la stessa e identica cosa.
Non riesce nemmeno a pensare a cosa sia giusto o sbagliato. Dormire insieme quanto è grave, se lui adesso è fidanzato?
Più grave di loro due che si amerebbero comunque, anche senza dormire insieme?

Stammi vicino [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora