12) Papà

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Appena Simone scende giù al piano inferiore, dopo aver passato l'intero pomeriggio da solo in camera sua, Dante lo ferma nonostante il figlio non abbia la minima idea di dove andare.

"Simone."
Guarda suo padre, con gli occhi gonfi e persi.
Ha provato ad essere altruista, a pensare al bene di Manuel, ma il dolore che ha dentro è troppo grande per un ragazzo che ha da poco compiuto diciotto anni.

"Che c'è?"
"Ma che c'hai?"

Lo guarda, trattenendo le lacrime che vorrebbero scendere ancora. Lo fanno, perché non ha più la forza di fingere.

"Manuel se ne va"
"Sì... lo so, me l'ha detto prima. Mi ha voluto parlare per ringraziarmi. Ora è uscito, ha detto che doveva comprare delle cose. Ma penso tu lo sappia"
Annuisce, senza riuscire a guardare in faccia suo padre.

"Beh? Penso sia una cosa utile, alla fine. Non ha passato un bel periodo, è giusto che ritrovi la sua dimensione altrove"
"Sì"
"Simone, che c'hai?"

Non ce la fa più. Non piange più come fino a un secondo prima. Ora crolla, con un pianto rumoroso, le lacrime che sembrano fiumi davanti all'impotenza di Dante che, per quanto avesse iniziato ad avere alcuni sospetti, non aveva mai immaginato tutto questo.

"Ohi... Simo. Stai tranquillo"
Cerca di abbracciarlo come non aveva mai fatto. Non era mai stato in grado di fare il padre come avrebbe voluto. Solo tanta teoria e poca pratica, soprattutto poco affetto.
Ora però lo stringe come fosse un bambino, preoccupato da quella reazione che gli sembra spropositata.

"Lo andrai a trovare, no? Perché fai così?"
"Non voglio" si dispera, soffocando le parole sulla maglia di suo padre, bagnandola con lacrime e saliva.

"Ti calmi un attimo? Per favore. Soffochi, così. Ci sediamo, ti calmi e ne parliamo un attimo..."
"No. Non ce la faccio"
"Ma sì, che ce la fai. L'amicizia rimane, anche a distanza"

Ora c'è silenzio, dopo questa frase. Simone vorrebbe spaccare tutto ciò che gli capita davanti, ma decide di fare l'unica cosa che nemmeno se stesso si sarebbe mai aspettato. Si calma, placa il pianto, e sussurra quelle parole che Dante non si aspettava. O forse sì, ma non ne aveva metabolizzato ancora nemmeno l'idea.

"Io lo amo."
"Non... non ho capito"
Simone si stacca, da quell'abbraccio. Lentamente, fino a guardarlo dritto in faccia.

"Io amo Manuel. Non è un amico. E lo so, che questa cosa non ti piace. Ma adesso non ho né il tempo né la voglia di pensare a te. Mi dispiace."

Le opzioni che Dante ha davanti sono due: lasciarlo andare senza dargli nemmeno una risposta, e farlo convincere di qualcosa che non è la verità, oppure parlargli davvero. Per la prima volta seriamente.
Sua moglie, Floriana, gli aveva detto che Simone stava attraversando un periodo particolare. Non gli aveva detto nient'altro, perché voleva che fosse lui a parlargliene.
Il pensiero gli era balenato in testa, soprattutto vedendo quanto Simone ci tenesse, affinché Manuel stesse bene a casa loro, ma allo stesso tempo non aveva mai avuto il coraggio di intraprendere il discorso.

"Senti, sediamoci un attimo"
"Non mi accollo anche la tua predica"
"Nessuna predica. Vieni qua"

Lo trascina con sé verso il divano, dove lo guarda e gli sorride con tenerezza.

"L'amore alla tua età è grandissimo, io lo so. Sembra sempre tutto insormontabile, doloroso..."
"Fa malissimo." Sussurra.
"Lo so. E lo capisco. Però vorrei tu capissi che Manuel ha bisogno di questo. Deve fare i conti con qualcosa che è stato troppo più grande di lui. Se ci parli, sembra un adulto che ha già vissuto cento vite. Ma è un ragazzino poco più grande di te, e per lui adesso questa città è strettissima, nonostante sia immensa. Probabilmente tornerà, appena capirà che non sarà un volo in aereo a fargli dimenticare certe cose. O forse si troverà bene e non tornerà"
"Non dire questa cosa. Ti prego."
"Tu non puoi fare niente, hai fatto già tantissimo. E sono molto fiero, che tu sia così"
"Così come?"
"Empatico. Sensibile. Altruista."
"Io non voglio che se ne vada. Non sono altruista. Penso a me, a come starò..."
"Però lo lascerai andare, perché è giusto così. E quella sarà l'unica cosa che conta, a prescindere da come ti senti tu"

Simone adesso non risponde. Lo guarda, e poi prende a guardarsi le mani che si distrugge da solo dall'agitazione.

"Io non lo so, cosa c'è tra di voi. Se per lui sei solo un amico, o no"
A questo Simone non risponde. Ancora.
Ormai è un discorso a senso unico di Dante, che però viene ascoltato anche se in silenzio.

"Se vuoi che sia felice, non fargli pesare la partenza. A prescindere da tutto, penso ci tenga molto al tuo parere. Ed è difficile quando vuoi fare del bene a te stesso sapendo di far del male a qualcuno"
"Che dovrei fare? Accompagnarlo in aeroporto e far finta che vada tutto bene?"
"No. Oppure sì, dipende da te. Fai quello che ti senti, però sii felice davvero per lui. Ok?"
Annuisce, con la consapevolezza che non riuscirà mai ad essere felice al cento per cento. Non senza di lui.
Abbraccia suo padre come non aveva mai fatto.
Gli piange addosso ancora un po', facendosi consolare come fosse un bambino. "Papà sta qui per te. Sempre. Hai capito?" annuisce ancora, e fa in tempo ad asciugarsi le lacrime prima che Manuel faccia il suo ritorno in casa.

L'atmosfera sembra quella di un funerale, anche quando Manuel gli chiede se può seguirlo in camera perché deve dirgli una cosa.
Salgono le scale insieme, e appena si chiudono alle spalle la porta della stanza, Simone resta fermo e in piedi lì davanti a lui. Con gli occhi ancora rossi, la faccia spenta, ma senza più lacrime.

"Quanto hai pianto?" Manuel si avvicina con una dolcezza che ormai gli appartiene solo con lui. Gli passa una mano sotto agli occhi, come a voler asciugare quelle lacrime che ormai sono secche.

"Un po'. Tu che dovevi dirmi?"
"Che ti ho comprato una cosa"
"Manu non c'hai na lira. Lo dici sempre. Non devi spendere soldi per me"
"Va be ma che vuoi? Ho risparmiato un po' negli ultimi mesi con i lavoretti che ho fatto alle moto. Dopo il biglietto aereo mi sono avanzati dei soldi... e ho voluto spenderli per questo. Chiudi gli occhi."

Simone aspetta un po', prima di chiuderli. Lo guarda, perché vorrebbe immortalare ogni secondo di quel momento.
Poi li chiude.

"Apri."
Sorride, trovandosi di fronte un peluche di Cucciolo, leggermente più grande rispetto a quello che lui aveva comprato a Manuel.

"Ho girato tutta Roma per trovarlo"
"Sì? Brontolo l'ho trovato subito perché ovviamente è il più brutto"
"C'hai ragione"
Non gli stacca gli occhi di dosso, come a volersi assicurare che Simone stia bene.

"Così ce dormi pure tu e nun me dimentichi"
"Non penso serva il peluche..."
"No, probabile. Però magari, quando ti fai venire in mente cose brutte tipo che t'ho abbandonato perché eri poco importante per me, tu lo guardi e ti dai del coglione da solo. Che dici?"
"Dico che va bene, se questo è quello che vuoi. Però ho bisogno di fare l'amore con te. Adesso. Non me ne frega niente se c'è mio padre giù, se mia nonna è in giardino o a teatro. Ho bisogno di te."

Manuel non aspetta nemmeno un secondo. Non ci pensa nemmeno.
Si avvicina alla porta per chiuderla a chiave lentamente, senza farsi sentire, e poi torna da lui. Lo bacia, vuole esattamente la stessa cosa.
Le labbra non si staccano mai, solo quando devono togliersi le maglie e prendere un respiro. Rimangono nudi e intrecciati sul letto, soffocando i gemiti e controllando entrambi le lacrime.

Stammi vicino [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora