26) L'unico sì

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“Nei miei giorni no tu sei l'unico sì
Tu che mi parlavi e mi parlavi di te
E come se parlassi e parlassi di me
Quegli sguardi e quelle smorfie io le ho prese da te
Il modo in cui ora gridi tu l'hai preso da me
E sei tu che mi ringrazi
Ma grazie di che
Grazie a te ho tirato fuori il meglio di me”

Appena Manuel apre gli occhi, la mattina di Natale, si rende conto di essere solo nel letto, lo stesso che ha ancora il profumo della pelle di Simone.
Si guarda attorno, cercando di capire dove possa essere, fino a quando sente la sua voce provenire da giù, insieme a quelle di nonna Virginia e di Anita, che stanno organizzando logisticamente come gestire il tavolo per il pranzo.

Afferra il cellulare, scrivendo un messaggio al suo fidanzato nella speranza che abbia il suo con sé: -Caffè?-

Aspetta solo un paio di secondi prima che le due spunte su Whatsapp diventino blu. Non riceve risposta, ma sorride arrotolandosi nelle coperte consapevole del fatto che quel caffè arriverà a breve.

E sorride di più, riconoscendo i passi dietro la porta che subito dopo si apre. Annusa il profumo che arriva dalla tazzina di caffè, e butta uno sguardo su quella figura che lo fa impazzire.

“Servizio in camera. Sono dieci euro!”
“Addirittura? Mammamia, che scroccone oh!”
“Dai, alzati. Che giù sta per scoppiare la guerra. Dobbiamo dare una mano, credo”
“Che hanno fatto?”
“Ma che ne so, sono sceso due minuti e mi hanno messo addosso un’ansia incredibile per la disposizione del tavolo. Tua madre vuole metterlo in orizzontale rispetto al televisore, mia nonna in verticale.”
“Mh. E tu padre e tu madre?”
“Mia madre presumo sia già pentita di essere tornata per le feste e sta facendo finta di finire un lavoro al computer, mentre mio padre è uscito a fare una passeggiata perché l’alternativa era stringersi un cappio al collo, credo”

Manuel ride, alzandosi un po’ con la schiena mentre Simone si siede lì accanto, sul bordo del letto, bello come se avesse passato l’ultima mezz’ora davanti allo specchio a sistemarsi. Invece è bello più del solito, per Manuel: con una tuta grigia addosso, i calzini bianchi di spugna e gli occhi ancora lucidi da sonno.

“Grazie” afferra la tazzina, ma prima di bere un sorso si sporge un po’ per un bacio, ancora un po’ ad occhi chiusi.

“Buongiorno” la voce calda e dolce di Simone lo fa sorridere. Sorride sempre, in qualsiasi momento. Un altro bacio. “Buon Natale”

Manuel realizza che è la prima volta, dopo tantissimi anni, che si sente dire una frase così banale la mattina di Natale, nel letto, con l’amore che lo circonda. 
Banale e scontata, ma non per lui.

“Buon Natale” ripete, lasciando la tazzina sul comodino accanto al letto per incollarsi alle labbra dell’altro.

“Manu…”
“Due minuti, giuro”
“No, non sono due minuti”
“Due minuti, sì…” lo tira verso di sé, alzando il piumone perché vuole il suo fidanzato lì, sopra di lui, sotto le coperte.

Simone cede come sempre, gli risulta impensabile rifiutare realmente quel tipo di desiderio, perché restare nel letto la mattina è una delle sue cose preferite in assoluto.

“Due minuti e ci andiamo a vestire, perché è già tardi”
Manuel annuisce, baciandolo senza rispondere davvero.

Uno, due, tre, quattro minuti. “Dobbiamo realmente metterci i maglioni che ci ha regalato tua nonna?”

Simone ride, pensando a quei maglioni identici, rossi e bianchi, con la scritta “Merry Christmas” che Virginia ci ha tenuto a far scartare la sera prima ai due ragazzi.

Stammi vicino [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora