17) Non te ne andare

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Rientrare in quella casa per Manuel è stato stranissimo. Gli è sembrato di aver ripercorso nel giro di pochi secondi, giusto il tempo di salire le scale per il piano di sopra, tutti i momenti passati lì.

L’unica distrazione è stata Simone che si è trascinato in camera da letto con il suo aiuto. Ha sonno, è stanco e ha ancora troppo alcool in corpo. Lo ha aiutato in ogni passaggio: l’ha spogliato, gli ha buttato lo spazzolino in bocca, gli ha infilato un’altra maglietta pulita, che con l’altra c’era comunque stato nel cesso di un locale.

“Dove vai? Vieni qua?” Simone è steso sul letto con i soli boxer e una t-shirt grigia. Ha gli occhi chiusi e un braccio alzato e steso verso il vuoto, in cerca di un contatto con Manuel.

“Sto qua” gli afferra la mano. “Mi fai almeno andare in bagno, un attimo? Arrivo”
“Non te ne andare”
“Non me ne vado, sto qua.” Si sporge verso di lui per lasciargli un bacio sulla tempia scoperta, e poi si chiude in bagno. Ruba anche una maglietta nera dall’armadio di Simone e vorrebbe dormire in boxer anche lui come sempre, ma alla fine decide di rubare anche un pantaloncino.

Si fa spazio sul letto accanto a lui che è ancora con gli occhi chiusi. Fa caldissimo, il fresco del condizionatore posto in corridoio non può arrivare a loro dato che hanno chiuso la porta.

“Ma tu padre che c’aveva in mente quando ha montato il condizionatore in corridoio?”
“Mh?”
Simone non sarebbe proprio in grado di gestire una conversazione in questo momento. Percepisce ed è consapevole della presenza di Manuel accanto a lui, infatti è completamente poggiato sul suo petto, con una gamba e un braccio piegati su di lui, ma ha solamente bisogno di dormire per riprendersi dallo stato in cui si trova.

“Niente… buonanotte”
Sente mugugnare ancora, ma Simone sembra essere, almeno fisicamente, totalmente conscio di chi ha nel suo letto. Lo stringe ogni secondo, si posiziona meglio per poter stare di più tra le sue braccia, annusa il suo profumo. E Manuel nel frattempo sorride e si gode quel momento lì, con Simone poggiato al suo petto; traccia ripetutamente e dolcemente i lineamenti del suo viso con un dito che viaggia morbido su quella pelle bianca.
Quel gesto lì fa crollare definitivamente Simone, incapace di resistere a quel tocco. 

Pian piano si addormenta anche Manuel, con addosso quel profumo che gli era tanto mancato. Tutta la stanza profuma di Simone, più di Simone stesso. Le lenzuola, il cuscino, la sua maglietta.

Il suono del cellulare li sveglia entrambi, il mattino seguente.
“Di chi è?” Simone vorrebbe strapparsi le orecchie. Non ci sta capendo granché, e probabilmente nemmeno Manuel che si stacca da quella posizione che gli ha fatto addormentare un braccio e si gira automaticamente dando le spalle all’altro. Lo ha sempre fatto, tantissime volte. Quando arrivava il momento di cambiare posizione e gli dava le spalle per stare più comodo, Simone da dietro lo stringeva a cucchiaio.
Non hanno mai dormito senza almeno sfiorarsi un mignolo. Anche dopo una discussione, anche con il caldo asfissiante. Un minimo contatto dovevano averlo.

“L’iphone è tuo, io c’ho er telefono dei poveri” sbiascica ad occhi chiusi, riconoscendo che la suoneria non è di certo la sua.
Aspetta che Simone lo stringa da dietro, ma non succede. Sente solamente i tentativi che fa con la mano sul comodino prima di riuscire a prendere il cellulare.
Adesso si sente sveglissimo tutto d’un colpo, perché immagina già chi sia al telefono.

“Ehi…”
Già quella risposta gli fa provare un battito più accelerato.
Non sente bene ciò che Luca dice dall’altra parte del telefono, perché Simone si è perfino premurato di abbassare un po’ il volume dato che nel silenzio totale e con quella vicinanza avrebbe sentito tutto.

“Sì, stavo ancora dormendo. Mezzogiorno? Di già? Cristo…”

Manuel si vorrebbe voltare e gli vorrebbe chiedere Ma perché, che c’hai da fa? Che te frega se hai dormito fino a mezzogiorno, stai in vacanza.
Non lo fa, però. Resta immobile e in silenzio.
Non sa che Simone butta ogni due secondi lo sguardo su di lui, ma ha deciso che non vuole guardarlo in faccia adesso che è troppo vulnerabile.

“Sì, va bene. Per le tre, così mi riprendo un po’, che adesso non ho la forza nemmeno di alzarmi dal letto… ok, va bene. A dopo, ciao amò…”
Manuel è ancora fermo. Il respiro adesso è pesante, come l’avesse liberato dopo averlo quasi un po’ trattenuto: un po’ per non farsi sentire da Luca e un po’ perché gli è mancato davvero.

“Buongiorno…” tenta Simone.
“Buongiorno.”
Si alza di scatto dal letto, senza riuscire a nascondere nemmeno un briciolo di fastidio provato.

“Che fai?”
“Che faccio, Simò? Me rivesto”
“Puoi aspettare un attimo? Non ci sto capendo un cazzo. Ho la testa che mi scoppia”
“Appunto, me ne vado così forse riordini le idee”
“Che dovevo fare? Non dovevo rispondere?”

Prova ad alzarsi con la schiena, poggiandola alla testiera del letto.

“Oh, Manuel!”
“Manuel un cazzo!” sbotta, girandosi adesso verso di lui con i jeans ancora slacciati e la sua maglietta nera ancora addosso.

“Che vuoi? C’hai da fa più tardi, tanto. No? A posto così”
“Mi devi dare tempo. Non ci sto capendo niente, e non solo per quello che ho bevuto ieri sera”
“Pensa se t’avessi dato corda, ieri sera…”
“Per cosa?”
“Niente. Figurati. Lascia stare”
“Manu non mi ricordo un cazzo. Solo che mi sono vomitato addosso tutto il vomitabile”
“Tranquillo, non è successo niente”
“Ti puoi calmare e fermare, un attimo? Tanto non stai azzeccando manco il buco per il bottone de jeans. Fermati”
“Nun me posso fermà. Me ne devo andà”
“Certo, tanto è l’unica cosa che sai fare”
Lo ferisce, con quelle parole, e Simone lo sa benissimo.

“C’hai ragione. Il problema è che tu evidentemente non c’hai mai capito un cazzo sul motivo per cui me ne so andato”
“E invece mi pare di sì. Solo che poi hai deciso di sparire dalla mia vita totalmente”
“Non era una sorpresa. Te l’avevo detto, che sarebbe stato meglio”
“Per me non era meglio”
“Per me sì, invece. E mi dispiace, se t’ho fatto stare di merda, ma mo sto qua. Ed è evidente che non c’hai più spazio per me”
“Ma che cazzo dici?”

Manuel prende un grosso respiro, allargando le braccia davanti a lui. Disarmato e completamente affranto.
Credeva che dopo quella notte sarebbe cambiato qualcosa.

“Non posso esse inchiodato a una croce, per quello che è successo. Sono tornato, ti ho cercato. Se sei andato avanti va bene, ma non c’ho né la voglia né tantomeno la forza per fare il terzo incomodo”
“Non sei il terzo incomodo”
“Ah, no? Ma te lo ricordi almeno che m’hai detto, stanotte?”

Simone si sente costretto a scuotere la testa. Non se lo ricorda, ma non ha nemmeno il coraggio di pronunciare un no.

“Appunto. A posto così, davvero.”
“Che ti ho detto?”
“Niente, Simò.”
“Dammi qualche giorno. Ci parlo e gli dico tutto”
“Qualche giorno?”
“Sì. Qualche giorno”
“E nel frattempo che stamo a fa? Abbiamo dormito insieme, non m’hai manco calcolato quando me so girato. Ma forse te lo sei pure scordato, come funzionava…”
“Pensi veramente che io l’abbia dimenticato?”
“Non lo so, ora penso qualsiasi cosa. E poi, Simò, posso dì? Me sembri un coglione, appresso a questo. Totalmente un'altra persona.”
“Va be, adesso devi fare per forza lo stronzo o possiamo andare avanti?”
“Vai do te pare, te. Io me ne vado a casa”

Si infila le scarpe nel silenzio tombale di quella stanza. Simone ha smesso di rispondergli, lo segue solo con lo sguardo e non ha il coraggio di dire altro fino a quando Manuel è sulla porta.

“Che t’ho detto, stanotte?” insiste.
“Te lo dovresti ricordà, se è quello che provi veramente”

Avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, perché Simone prova mille cose diverse per lui. Non sa se gli ha detto che lo ama ancora e che non ha mai smesso di amarlo; che voleva dormire con lui; che voleva fare l’amore con lui.

Ora se lo ricorda.

“Lo volevo davvero.”
Manuel lo guarda un’ultima volta, annuendo appena.

Lo vorrei anche adesso, come l'ho voluto ogni giorno in quest'ultimo anno in cui non c'eri.

“Pure io.”
Va via, lasciandolo su quel letto da solo, totalmente incapace di gestire una situazione simile.
Accecato dalla paura di fare del male a chiunque, soprattutto a Luca. O forse gli manca semplicemente il coraggio e quella è la scusa che sta dando a se stesso per rimandare la verità.

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