13) L'addio

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Buon Natale con un po' d'amore 💕
A.


Alla fine Simone si è dovuto arrendere alla consapevolezza del fatto che non avrebbe mai lasciato partire Manuel senza salutarlo in aeroporto. Lo ha fatto accantonando per un attimo tutto il dolore che ha provato e che continua a provare.
Dante li ha accompagnati in macchina fino all’ingresso, ha salutato Manuel con un abbraccio e poi li ha lasciati lì da soli. Simone tornerà da solo, con i mezzi. “Preferisco così. Avrò bisogno di camminare un po’ e stare da solo”, gli aveva detto.

Manuel sembra un bambino perso. Non ha mai viaggiato nella sua vita, non ha mai nemmeno preso un aereo.

“Sei sicuro di cavartela poi con lo spagnolo?”
“Ce sta google traduttore, a qualche cosa servirà. E poi la famiglia per cui lavorerò è italiana, quindi non c’è problema. Magari un po’ di spagnolo lo imparo lo stesso, che non si sa mai”
“Lo spagnolo è sexy, non esagerare”
Si sorridono, fermi davanti all’ingresso prima dei controlli.

“T’ho lasciato una cosa sul letto, prima di andarcene via. Eri già sceso giù…”
“Che cosa?”
“Na cosa. Poi la vedi, quando torni a casa”
Simone annuisce. Vorrebbe non tornarci, a casa. Vorrebbe salire sull’aereo con lui, senza nemmeno la valigia.

“Ci dobbiamo salutare veramente?” trattiene le lacrime, anche se la voce tremolante lo inganna.
“Me sa di sì, così poi passo i controlli e nun me viene l’ansia de perde l’aereo”
“Certo, sì…”

Manuel cerca con tutto se stesso di non crollare alla vista di quegli occhi lucidi che lo fissano come se fosse la cosa migliore del mondo.

“Vieni qua…” lo attira a sé, alzandosi sulle punte per abbracciarlo. Il fatto di essere più basso di Simone non gli ha mai permesso di abbracciarlo come avrebbe voluto, e questa volta sente di doverlo circondare il più possibile con le sue braccia per fargli sentire tutto quello che prova.

“Grazie, Simò”
“E di che”
“Di tutto.”

Si schiarisce la voce, nonostante non abbia più niente da dire. Nessuno dei due parla più, si stringono solamente un altro po’, per poi staccarsi e guardarsi per tutto il tempo, fino a quando Manuel non passa i controlli.
Simone è rimasto lì, a fissarlo da lontano.
Lacrima dopo lacrima.
L’ultima cosa che fa, è alzare la mano lentamente per salutarlo un’ultima volta prima di tornare a casa.

Impiega molto tempo, per tornarci. Ha perso il conto dei metri percorsi e dei cambi di mezzi che ha dovuto effettuare. Ma ha approfittato per scaricare tutta la tristezza, con le cuffie alle orecchie e le loro immagini nel cervello.

“Ehi…” Dante lo accoglie in casa con  nonna Virginia alle spalle che teoricamente non sa niente, ma Simone può giurare che in quello sguardo c’è tanta voglia di fargli capire che sa tutto.

“Ehi, ciao…”
“Tutto ok? Volevo chiamarti e venirti a riprendere…”
“No, tranquillo. Te l’ho detto io, che volevo camminare un po’”
“Ok… la nonna ha preparato lo sformato di patate. Mangi con noi?”

Sì, assolutamente lei sa. Lo sformato di patate è il piatto preferito di Simone da quando era piccolo. E negli anni è diventato il piatto anti-tristezza. Nonna Virginia glielo faceva sempre, quando era triste. E adesso, davanti a quel gesto, nonostante avrebbe solamente voglia di chiudersi in camera e piangere fino al giorno dopo, non riesce a farli preoccupare più di quanto stia già facendo.

“Sì, va bene… però devo prima fare una cosa. Mi aspettate?”
“Sì, certo. Ti aspettiamo giù”

Annuisce e sale le scale due a due. Entra in camera, guardando dritto sul letto. Vede un foglio piegato in due, e gli manca già il respiro perché non crede di averne la forza, adesso.
Si siede sul materasso, prendendo prima un respiro.

-Questa è la cosa più patetica che io abbia mai fatto e che mai più farò nella mia vita, lo sai? Volevo scriverti due righe, però, perché a voce non sono stato in grado di dirti niente e so già che in aeroporto sarà peggio. La tristezza si porterà via ogni cosa, e non è giusto.

Quando ti ho conosciuto in classe ho pensato fossi un noioso di proporzioni cosmiche. Eri sempre lì, accovacciato sul banco. Poi ho capito, appena ho visto come ti trattavano gli altri; non eri noioso, eri solo rinchiuso in una bolla che non volevi scoppiasse per nessun motivo al mondo. Un po’ come me, che per diciott’anni ho evitato qualsiasi tipo di rapporto che andasse oltre il superficiale perché pensavo che se mio padre, o presunto tale, riusciva a farmi sentire inutile e sbagliato ogni giorno della mia vita, avrebbe potuto riuscirci chiunque. E non volevo sentirmi più così, perché quella situazione mi bastava.
Poi però sei prepotentemente entrato nella mia vita, nemmeno mi sono accorto quando di preciso. Il disinteresse che provavo verso chiunque continuava ad esistere, fatta eccezione per te: ti volevo proteggere, in qualche modo. Nemmeno io sapevo come. Non era giusto che soffrissi, vedevo nei tuoi sguardi un dolore simile al mio nonostante le situazioni differenti.
E mi facevi incazzare tantissimo perché non reagivi mai, ma la verità è che ce l’avevo con me stesso. Non ho mai reagito, almeno non con lui. Ho subito sempre in silenzio, accettando tutto e chiudendomi sempre di più.

Io non lo so come hai fatto a farti spazio nella mia vita, pensavo non l’avrei permesso mai a nessuno. Il punto è che credo tu non mi abbia mai fatto paura realmente. Era impossibile, quasi scientificamente, che tu potessi farmi del male.
Perché sei la persona più buona che io conosca. Sei puro, e sei la prima persona ad essersi preoccupato seriamente per me senza restare a guardare.
Ci sei stato sempre, ed è per questo che i pochi mesi accanto a te mi sono sembrati una vita. Perché abbiamo condiviso tante cose importanti, cose che pensavo di non poter condividere mai con nessuno. Mi fidavo, e tu ti fidavi.

Io lo so che un po’ mi odi, e mi odierei anch’io al posto tuo. Ma so anche che una parte di te non potrebbe mai farlo realmente, perché se hai provato anche solo un po’ di quello che ho provato io standoti accanto, è impossibile.
Io ti amo, e mi dispiace per non aver avuto il coraggio che meritavi. La mia vita è troppo incasinata per poter gestire anche questa consapevolezza che ha fatto crollare tante mie convinzioni.
Però ho bisogno che tu lo sappia e che non te lo dimentichi. Tolti i primi momenti, non ho mai avuto paura di ammettere almeno a me stesso quello che iniziavo a provare per te.
Mi mancherai tantissimo, così come mi mancheranno tutte le cose belle di te: il tuo sorriso, il neo dietro al collo, la tua ironia, il tuo essere protettivo sempre ma anche in cerca di protezione; il tuo profumo (l’ho rubato, scusa. Te ne comprerai uno nuovo!), i tuoi maglioncini da perfettino e le tue mani enormi.
Tutto.
Ogni minimo dettaglio di te e soprattutto di noi.
Spero tu possa perdonarmi, per tutto questo. In ogni caso, sappi che sei l’unica cosa bella che mi sia capitata nella vita. In un universo parallelo, probabilmente, io e te avremmo avuto un lieto fine.

Grazie per ogni cosa, ma soprattutto di essermi stato accanto e avermi amato. Mai più nessuno potrebbe riuscire a farmi sentire così.

Manuel

P.S. Cucciolo ti vede, se piangi e se ti chiudi in te stesso. E poi di notte lo viene a dire a Brontolo. Ti tengo d’occhio, Simone Balestra. Fai il bravo!-

Le lacrime hanno bagnato il foglio, e il cuore gli sta esplodendo dentro al petto.
La consapevolezza di quell’amore, dopo tante incertezze, è come se riuscisse a renderlo più forte. Si nutre di questo, di quelle parole e della speranza che tornerà presto e potranno essere di nuovo felici insieme.

Stammi vicino [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora