[Sto pubblicando alle otto e mezza di mattina perché dopo la puntata di ieri sono talmente incazzata che da qualche parte devo rifugiarmi. ]Una margherita con mozzarella di bufala e una diavola, entrambe divise a metà sui loro piatti.
Tutto abbastanza freddo, perché dopo i primi morsi hanno iniziato a parlare talmente tanto che hanno messo in pausa la cena.
Manuel lo ha guardato e gli ha detto che in pizzeria da piccolo non c’era stato mai, da adolescente forse un paio di volte per dei compleanni. La pizza, al massimo, d’asporto a casa sua.
Per Simone è una cosa tristissima, e vorrebbe fargli recuperare tutto ciò che si è perso nella vita. La felicità di condividere una cena fuori, anche la più banale; in un attimo si è sentito fortunato nonostante per anni abbia maledetto la separazione dei suoi genitori.Nonostante tutto, non gli hanno mai fatto mancare nulla. Sua madre torna spesso in Italia, cosa che succederà anche nel weekend successivo, e spesso ha acquistato biglietti aerei per lui, per andare da lei e passare del tempo insieme. Soprattutto in estate.
Manuel non ha mai avuto niente di tutto questo.“La prossima estate vieni con me da mia madre, se ti va”
“Sì, certo. Così è la volta buona che tu padre me mena”
“Nessuno ti mena.” Lo dice serio, come se questa cosa toccasse più lui che Manuel.
“Era pe dì, Simò. Sai, i modi di dire…”
“E non mi piace. Non devi dirle, ste cose”
“Oh, calmati… tranquillo. Era per dire che non mi sembra il caso”
“A me sì. Lei mi dice sempre che se voglio posso portare un amico o un’amica”
“Non posso venì a scrocco per un mese, Simò”
“Ma sì che puoi. E poi mia madre è tranquilla, non è come mio padre. Lei è figa, te lo giuro”
“Sì?”
“Sì, tantissimo. Infatti penso che le parlerò di me, appena viene qui settimana prossima”
“E tuo padre non lo è?”
“No, ma l’hai visto? Quello ha la mentalità di un dinosauro. Se gli dicessi che sono gay, penso che gli verrebbe un infarto e poi dovrei averlo pure sulla coscienza”
“Sai che io non credo, invece? Secondo me lo sottovaluti”
“No, fidati. Lo conosco. Sai quante volte si è messo a fare battutine del cazzo mentre sentiva qualcosa in tv?”
“Va be ma quelle lasciano il tempo che trovano. Se glielo dicessi, secondo me non reagirebbe male. E smetterebbe anche di fare battutine, perché sei suo figlio e capirebbe che è stato scemo e superficiale fino ad ora. Tuo padre ti vuole bene, si vede. È solo un po’ pesante come tanti genitori”
Il velo di tristezza sugli occhi di Manuel è talmente evidente, che ancora una volta Simone riesce a sentirsi stupidissimo davanti a lui.“Scusa.”
“Di che?”
“Ti parlo di quanto sia coglione mio padre, senza rendermi conto che lo sto dicendo proprio a te”
“Ma ti pare? Non è che per lamentarsi ce devi avè per forza un padre che te massacra de botte”
“No, però mi sento in colpa”
“Mi piacerebbe un botto avere un padre come il tuo, ma non penso che sei uno stronzo egoista se mi dici i difetti suoi. Lo so che non lo faresti mai per egoismo, stai tranquillo”
“Sicuro? Se dico ogni tanto cazzate, dimmelo”
“Ne dici tante, ma non gravi”Si sorridono, nascondendosi poi dietro un bicchiere di birra. Nessuno dei due sarebbe pronto a mostrarsi in pubblico in un determinato modo, Manuel soprattutto. È sempre stato riservato nella vita, e adesso quello che gli sta succedendo e quello che sta provando lo blocca ancora di più verso gli estranei.
Lo squillo del telefono di Manuel sorprende entrambi. Manuel non riceve mai chiamate, a parte quelle di Simone. Non interagisce quasi per niente con il telefono, e forse anche per questo controlla velocemente chi sia.
“Dimmi” risponde con un’espressione preoccupata, la stessa che continua ad avere anche quando continua a parlare dicendo un’ultima parola: “Arrivo”.
Simone lo guarda, appena chiude la chiamata, e non capisce se Manuel sia scocciato o preoccupato.“Che è successo?”
“Mia madre è in ospedale”
“Come, in ospedale?”
“Si è presa una scatola intera di ansiolitici”
È confuso, probabilmente preoccupato, e guarda Simone come se fosse l’unica cosa che potrebbe tenerlo in piedi.“Mi accompagni?”
“Certo. Sì. Pago e ci sono”
Scatta in piedi, dirigendosi alla cassa, e a passo svelto raggiungono la sua Vespa parcheggiata lì fuori.“Simò, lo so che nun te fidi. Però posso guidà io? Vai troppo piano”
“Mi fido, tieni.”
Di solito gli direbbe di no, perché Manuel corre troppo e non ha niente a che vedere con la prudenza in strada che ha invece Simone.
Adesso non gli importa, e gli lascia le chiavi in mano salendo dietro di lui.“Le luci, Manu!”
Simone è lì dietro a ricordargli perfino di accendere le luci, dimenticate dall’agitazione. Si stringe a lui, un po’ per reggersi ma soprattutto per abbracciarlo.“Ci sei?”
“Ci sono”
“Ok. Io sto qua”
“Te sento. Sei na cozza”
Simone sorride, per la capacità di Manuel di gestire le situazioni e ironizzare sempre, questa volta sul fatto che lo sta stringendo talmente tanto, che sarebbe impossibile non sentire la sua vicinanza.
Arrivano in ospedale, e corrono insieme all’ingresso del pronto soccorso.
Simone lo segue come un’ombra, senza dire niente; Manuel corre e lui corre, Manuel si ferma per chiedere informazioni e lui si ferma.“Come sta?”
Ora si irrigidisce, vedendo davanti a loro quella persona che aveva immaginato tantissime volte nella sua testa dopo le descrizioni di Manuel, e lo schifo che prova nel guardare quell’uomo è tantissimo. Riesce solamente a pensare a come possa scontarsela con lui, che è fisicamente la sua metà, e a come possa anche solo riuscire a guardarlo come se niente fosse.“Eh, come sta? Di merda. Se magari non fossi sparito tutto il giorno, te ne saresti accorto”
“Non so sparito, avevo da fare. Tu dove stavi?”
In quel momento Manuel si sente quasi forte perché si trovano in un posto pubblico e, soprattutto, perché Simone è dietro di lui. Lo sente, anche se non gli sta più incollato come sulla Vespa.“T’ha cercato, pensava fossi sparito e l’avessi abbandonata”
“Ma non è vero, mi poteva chiamare. Le avrei risposto”
“Lascia stare. Tanto fai sempre così. Ora le stanno facendo una lavanda gastrica, si riprenderà…”
Manuel annuisce, con un senso di colpa addosso che lo fa tremare.“Lui chi è?”
“Un amico”
Simone fa perfino difficoltà a salutarlo. E lui lo capisce, percepisce quell’odio che proviene dagli occhi di Simone.“Manu, vieni un attimo?”
Lo tira con sé, lontano da quella bestia, e gli prende il viso tra le mani appena sono un po’ lontani.“Oh, guardami. Non è colpa tua. È na merda, ti vuole solo far sentire in colpa. Lo capisci, sì?”
“Sì, lo so”
“Non è colpa tua.”
“Adesso non mi interessa”
“No, ti deve interessare. Perché lo so quello che pensi, e non è colpa tua. Non lo è mai, in nessun caso. Nemmeno se tua madre ha tentato di distruggersi. Hai capito?”Lo strattona un po’, con delicatezza, fino a quando riceve un cenno di consenso da parte di Manuel che adesso crolla, con gli occhi lucidi, buttandosi tra le sue braccia.
“Proprio sta vita de merda, ce dovevo avè…”
“Beh, pensa che può solo andare meglio!”
Lo fa sorridere, prima di riprendergli il viso tra le mani.“Ti bacerei, se non fossimo qui. Quindi fai come se ti avessi dato un bacio sulla fronte, uno sul naso pure se lo odi e uno sulla bocca”
“Dici che almeno quello sulla fronte è fattibile?”
“Per me tutti e tre. Però con quel pezzo di merda qua vicino non è il caso”
“No, infatti. Però sulla fronte sì.”
Lo fa. Lo bacia in fronte, per poi abbracciarlo di nuovo. Lo stringe fortissimo a sé, quasi fino a togliergli il respiro.
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Stammi vicino [Simuel]
FanfictionAmici, fratelli o amanti. Simone e Manuel, l'adolescenza e la crescita tra "Vaffanculo" gridati e la scoperta di qualcosa che sembra più grande di loro.