Capitolo 6

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ALEKSEJ

Mio padre mi ha insegnato che nella vita il più forte sopravvive, e il più debole soccombe.
Ma la vita è una giungla, e se non impari a sbranare le tue vittime morirai tra le zampe di un'innocua gazzella.
Fin dalla tenera età sono stato addestrato al combattimento corpo a corpo, imparando che non c'è arma più letale delle mie mani.
Ho subìto molte percosse prima d'imparare a difendermi, e ora sono quella che si definisce una macchina da guerra.

Ma la verità è che la forza non sta nella sola forma fisica, ma nelle tattiche di gioco che ti permettono di uscirne sempre vincitore.
Il cervello è lo strumento più potente che possediamo, e potrai avere anche delle braccia piene di muscoli ma se non usi la testa ne uscirai sempre perdente.

Quando ero solo un bambino mio padre mi ha messo nelle peggiori situazioni, ma nonostante la mia forma fisica al tempo non era robusta e letale come ora, ne sono sempre uscito vincente. Perché è stata l'astuzia e l'intelligenza a proclamarmi vincitore.

La prima volta che ho ucciso qualcuno avevo solo quattordici anni.
Il mio avversario era un uomo di quasi un metro e ottanta con una corpulenza il triplo della mia, ma nonostante le mie braccia da ragazzino riuscì comunque a lasciarlo perire sotto i miei piedi.
Come ho fatto? Ho usato il cervello, e mi sono servito di tutto ciò che avevo a mia disposizione.
L'esercizio, è così che mio padre lo chiamava, consisteva nell'imparare ad essere furbo e scaltro nello studiare l'ambiente che mi circondava cercando di trovare in esso ogni piccolo particolare da sfruttare a mio vantaggio.
Il combattimento si svolse in un bosco, dove mio padre liberò la tigre verso la povera preda che doveva cercare di non farsi prendere e restare in vita.

Riuscì a camuffare il mio odore e i miei passi per più di un'ora, ma alla fine l'animale feroce riuscì a trovarmi.
Ne presi di botte prima di fare ciò che mio padre mi raccomandò: "studiare l'ambiente e tranne dei vantaggi."
Fu così che lo uccisi, sfruttando il terreno che buttai nei suoi occhi, accecandolo.
Ma ciò che mi diede la vittoria fu il rametto spezzato che grazie alla mia statura molto più piccola della sua, riuscì a scivolare tra le sue gambe, infilzandogli con una forza brutale la mia arma diritta nei testicoli.
Il dolore allucinante annientò la sua forza fisica, e quando ormai era inerme di fronte alla mia destrezza, gli diedi il colpo di grazia, raccogliendo una grossa pietra che gli frantumò il cervello.

Nel vedere il sangue che colava dalla sua testa spaccata provai un intenso senso di soddisfazione, perché ero riuscito in quello che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Orgoglioso volai lo sguardo verso mio padre, aspettandomi dei complimenti che non sono mai arrivati.
Mio padre era un uomo cinico, dal suo volto non trapassava mai un emozione. Che fosse ira, gioia, soddisfazione, nulla ha mai dato un espressione al suo volto impenetrabile.
Era temuto proprio perché nessuno sapeva mai cosa stava pensando, e quale sarebbe stata la sua reazione a un azione.

In tutta la mia vita non ho mai conosciuto un uomo più glaciale di lui, nonostante io sia altrettanto freddo e privo di sentimenti, a differenza sua mi si legge sul volto quando la collera s'impossessa di me.

E oggi sono veramente incollerito per un cazzo di affare che è saltato all'ultimo secondo.
È il modo che ho per sfogare la rabbia repressa è un corpo a corpo con i mie uomini, che non sono in grado di sferrarmi un cazzo di colpo che plachi in parte la mia folle ira.

«Вставайте, глупые придурки! (ALZATEVI STUPIDI COGLIONI!)» Il ruggito lascia tremare il tappeto su cui dolenti giacciono quelli che dovrebbero essere i miei uomini spietati.

«E voi sareste i miei uomini?» Ringhio sferrando un calcio a Maksim che al momento sembra essere il più debole di tutti.

«Sokolov ci stai facendo letteralmente il culo stamattina» Matvey con una mano nel fianco sofferente è il primo a rialzarsi.
Ammiro la sua forza d'animo nonostante lo riempia sempre di botte non si arrende mai.

Крокус (Croco)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora