Capotolo 45

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KYLA

Non so quante lacrime ho versato, e non so quante ancora ne posseggo da poter far sgorgare dai miei occhi, che bruciano come se fossero stati punti da una maledetta ape regina che mi ha lasciato il pungiglione velenoso nelle sclere.

I pensieri corrono nella mia mente come un fulmine che mi castiga il cervello con la sua elettricità.
Un'elettricità che sobbalza nel mio corpo alterandosi con degli sbalzi di temperatura che mi fanno ansimare come una disgraziata consapevole che d'ora in poi giungerà solo male.
Continuo a ripetermi che sono stata una vera incosciente a non rivelare a Sokolov l'esigenza che avevo di sentire i miei genitori, e vorrei strapparmi il cuore dal petto per il dolore lancinante che si annebbia nella vista che è colma di sofferenza.

Le mie sconsiderate azioni hanno recato dei danni irreparabili, sono responsabile per quello che è successo a Vanya e per aver messo Matvey contro suo fratello.
E sono responsabile delle vessazioni che sono sicura Sokolov m'infliggerà.
E forse è questo che mi merito, perché infondo non sono stata del tutto sincera con lui. Gli ho nascosto delle cose, cose che non fanno altro che incriminarmi.
Mentre lui mi ha solo aperto tutto se stesso, è stato sempre chiaro nel confidarmi che all'inizio mi voleva solo per il mio corpo, ma poi sono diventata qualcosa di più, qualcosa che io ho fatto diventare un nulla che vola sulla scia di un vento gelido che presto arresterà i battiti del mio cuore.

Do sfogo al mio pianto che mi lacera la coscienza, mi sento abbandonata a me stessa, mi sento sopraffatta da un soliloquio che non mi da tregua.
Se solo avessi agito in modo diverso non saremo arrivati a questo, se solo gli avessi parlato non avrei buttato nel cesso quello che abbiamo costruito insieme.
Sono stata caparbia nel scalfire la sua armatura che ha buttato giù senza porsi più problemi, e io cosa ho fatto?
L'ho deluso perché sono stata una creatina a poter pensare di chiamare i miei genitori senza che lui lo scoprisse, e sicuramente vedermi in compagnia di Vanya e scoprire che ormai capisco la sua lingua non ha fatto altro che alimentare in lui un tradimento che in realtà non ho mai fatto.

Vanya; pensare a lui non fa altro che farmi scoppiare in un pianto che mi sgretola il respiro nei polmoni, dovrei odiarlo per quello che gli ha fatto, eppure nonostante tutto non posso biasimarlo.
Si, lo so, è da pazzi, e forse sto diventando veramente una folle.
Perché pensare di poter comprendere il suo gesto inumano é da squilibrati, una persona normale lo detesterebbe con tutta se stessa.
Ma io, io invece continuo ad amarlo nonostante la crudeltà delle sue azioni, perché non faccio altro che giustificarlo ripetendo nella mia testa che non è colpa sua se affronta le situazioni da psicopatico, perché questo è l'unico modo che consce, l'unico modo che gli ha insegnato suo padre.

La testa comincia a pulsarmi per i troppi pensieri illogici, che mi stanno portando verso un'emicrania che non farà altro che alimentare la mia insanità mentale.
Un colpo di freddo mi percuote, con la mano avvinghio le lenzuola tirandole fin sopra il naso, continuo a torturarmi psicologicamente perché nel silenzio di questa camera non sento altro che gli assurdi pensieri che si formano nella mia testa.
Mi sdraio su un lato tirando su con il naso le lacrime amare della mia commiserazione, tiro le gambe verso il petto chiudendomi in una posizione fetale, mi stringo in me stessa, perché al momento posseggo solo me.
Calo le palpebre pregando di cadere in un sonno che spenga per un lungo periodo il cervello.

L'oscurità è una gola ripida che mi lascia scivolare verso un incubo che mi sbrana ogni lembo di pelle.
Il pavimento di marmo chiaro diventa una pozza rossa, dove dei rantoli di morte aprono una bocca aguzza sul terreno
dove una mano cadaverica striscia fuori agguantando le mie caviglie per tirarmi giù verso un limbo nel quale vagherà per sempre la mia anima.
Cerco di oppormi a questo terribile destino, aggrappandomi con tutta la forza che posseggo a delle rocce che però si frantumano sotto le dita.
Urlo e mi tengo al terreno mentre le mani obbrobriose intensificano la stretta e con una strattonata mi lasciano precipitare nel vuoto che mi divora senza più via di scampo.

Крокус (Croco)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora