Capitolo 10

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                         KYLA
Sembro una polena, una scultura scolpita sulla prua di una nave, che mi ha trascinato in un mare che ha smosso ogni mio pensiero. Confondendoli in degli occhi impenetrabile che sembravano volessero dirmi un qualcosa che non sono riuscita a capire.
Sono ancora frastornata da tutto quello che rapidamente è successo sotto ai miei occhi, che increduli restano ancora fissi sulla porta, che si è chiusa dietro a quelle spalle robuste.
Cosa è successo esattamente? Perché quell'uomo ha pagato per una stanza, per una donna, di cui non ha usufruito come chiunque varchi la soglia di questo maledetto posto?
Sokolov, è così che l'ha chiamato quel pezzo di merda che voleva farmi provare il dolore di un rapporto a tre.
L'autorità con cui si è rivolto al quel viscido serpente, e il fetore di terrore che gli trasudava da ogni poro, mi ha lasciato intendere che è un uomo temuto, rispettato e di grande potere.
Un uomo che per qualche motivo mi ha pagato una stanza per tutta la notte, una notte che dopo mesi e mesi di torture fisiche e psichiche, finalmente passerò lontano dagli uomini primitivi che vengono a farci visita ogni notte.

Infreddolita mi stringo in quella che è la sua giacca, affondo il volto nel tessuto, dove la fragranza di un profumo che sembra abbastanza costoso, fresco e intenso mi stordisce le narici.
Dopo nove mesi di putrido fetore, assaggio l'essenza di un qualcosa che ha il sapore di mistero e gentilezza.
Una gentilezza che non credevo più potesse possedere un uomo.
Con i piedi sul pavimento ghiacciato mi ritrovo imbambolata a trapanarmi il cervello nel chiedermi: perché quell'uomo che somiglia a un antico guerriero scandinavo, mi abbia offerto questo grandissimo dono? Ormai non credo più al buonismo, e sarà meglio che non m'illuda.
Perché forse, dietro al suo comportamento c'è nascosto un prezzo che prima o poi riscuoterà.
Perché il suo aspetto non promette niente di buono, i muscoli, la barba lunga, bionda, e il capelli color paglia raccolti all'indietro in un morbido codino, che mette in risalto la rasatura nei lati, che gli donano un aspetto al quanto affascinate.
E Quella cicatrice che parte dalla fronte e attraversa la palpebra fino a finire sullo zigomo, non m'infonde poi, tanta sicurezza.
Sokolov, ha tutta l'aria di essere un vichingo sanguinario, un vichingo che prima o poi si abbevera del mio sangue.
Ma anche se tutta questa assurda e strana situazione m'incute un leggero stato di terrore, non posso negare la speranza che avverto nel volerlo rivedere ancora.

Sono sola, avvolta da un silenzio fatto di una pace che non credevo sarei riuscita a risentire durante la notte.
Perché la notte è fatta di castighi, di mani predatrici che avvinghiano, graffiano e sbranano ogni pezzetto di me.
La notte è fatta di sesso, un sesso lercio che stasera non assaggerò, stanotte l'unica sublime sensazione che sentirò scorrere nelle mie vene, sarà il dolce piacere del sonno che assalirà la mia mente stanca.
Con le braccia stringo maggiormente la giacca sulle mie spalle, mi avvolgo in essa scivolando sul letto che ha sempre lo stesso sgradevole odore di abusi.
Nauseata da un inquietudine che mi sale dallo stomaco, tiro l'indumento del vichingo fin sopra il naso, allontanando la puzza con il suo odore. Che al momento m'infonde una tranquillità che non possedevo da tempo.

È strano come una semplice giacca possa farmi sentire così al sicuro, protetta da quel fuoco di malvagità che mi ha marchiato la pelle e bruciato l'anima.

Sdraiata sul letto guardo assente le pareti, non riesco a smettere di pensare al suo volto, ai suoi occhi verdi, occhi fatti di mille gradazioni di colori diversi.
Non appena il mio sguardo si è incorniciato nel suo, sono stata risucchiata da un emozione che sembrava cupidigia. In quel momento ho avuto paura, perché credevo che come ogni uomo mi avrebbe sfondato il cuore e l'anima. Ma l'emozione si è poi tramutata in qualcos'altro quando ha fatto capolinea nella stanza, un qualcosa che credo fosse tristezza, tristezza per quello che sono diventata. E quando invece mi ha caldamente avvolta nella sua giacca, tutto si è fuso in un mix di sensazionali colori del quale non sono stata in grado di capirne le sfumature delle iridi, che sono sprofondate in un abisso di enigmi.
E ora da sola con i miei pensieri, mi ritrovo a chiedermi chi è veramente Sokolov?
Un uomo buono e gentile? O un vichingo sadico che brama il sangue? Forse il mio.
Forse devo smetterla di pensarci, perché forse, anzi è più che probabile che questa sia la prima e l'ultima volta in cui ho a mia disposizione una stanza nel quale poter passare una notte serena.
Tra i mille pensieri che s'increspano tra loro, mi ritrovo a precipitare inconsapevolmente in un sonno profondo, un sonno fatto di tranquillità.

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