31~ Incubi e forza di volontà

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1986

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Poteva sentire i passi al piano superiore, quei passi che pian piano si avvicinavano alla porta del seminterrato: sapeva che lui sarebbe arrivato presto per darle una punizione.

L'ansia le stringeva la gola, una presa fredda e implacabile. La sensazione di non riuscire a respirare invadeva ogni fibra del suo essere. La paura si faceva strada, crescendo e avvolgendola come un'ombra minacciosa; il suo occhio cadde velocemente verso la porta dell'armadio del sottoscala, quell'armadio che nascondeva e proteggeva il suo più grande tesoro, un tesoro che avrebbe protetto fino al suo ultimo respiro.

Poi la porta si aprì lentamente, cigolando in modo odioso, per poi richiudersi con altrettanta lentezza dopo che qualcuno era entrato. I suoi occhi si chiusero immediatamente per non mostrarli all'essere che aveva varcato l'uscio, nella vana, inutile e disperata speranza che non mostrando i suoi occhi 'malefici', l'essere non avrebbe avuto altre motivazioni per punirla ulteriormente.

Nel buio, vide il sacerdote. L'uomo pallido ma grande, emanava un'aura di terrore inquietante; il suo sguardo si fissò su di lei, come se la percepisse nell'oscurità.

La stanza grigia, fredda come un sepolcro, prendeva forma intorno a lei e pian piano diventava un po' più luminosa, costringendola a rivivere il terrore.

"Tu... non sei degna di esistere", sussurrò con voce straziante e glaciale. "Sei sporca, contaminata dal Diavolo. Devi essere purificata."

Le mani spettrali del sacerdote si protesero verso di lei, intrappolandola in una prigione di terrore e impotenza. Sentì il dolore acuto di una sberla, la sensazione di impotenza si fece strada nel suo corpo, ma doveva resistere e non doveva opporsi, era meglio che fosse lei a prendere i pestaggi.

Il sacerdote la fissava, con il suo sguardo tagliente come lame, sembravano trapassare l'anima con una malignità oscura. Si sentiva avvolta da una nebbia di paure, la paura di non essere abbastanza forte, di non essere mai abbastanza per proteggere il suo tesoro.

"Sporca. Indegna. Impura." Le sue parole la percuotevano come flagelli, scavando ferite nell'anima, sapeva di essere 'sporca', ma non a causa del 'Diavolo'. La voce dell'uomo che idolatrava un Dio, si diffondeva in tutta la stanza come un sibilo freddo, ripetendo le stesse accuse spietate mentre la feriva.

Calci, pugni, sberle le piombavano sul corpo come pioggia; dandole nuove ferite e aprendo quelle vecchie non ancora rimarginate. Sentiva il dolore bruciante dei pestaggi, il rammarico di non essere abbastanza forte per resistere in silenzio, la disperazione di non poter fuggire da quel tormento senza fine.

Gridò con angoscia dopo un doloroso calcio alle costole, talmente forte da sbatterla contro la parete; in fretta mise le mani intorno al collo e alla testa, preparandosi a proteggere il capo dai successivi colpi.

Ogni battito del suo cuore era un grido di impotenza, ogni suo respiro era un lamento senza voce. Era vulnerabile, inerme, intrappolata in un ciclo di terrore e dolore che non sembrava mai finire; d'altronde cosa poteva fare lei, una bambina di 6 anni, contro un uomo adulto.

Dopo quella che sembrava un'eternità, il sacerdote smise di colpirla, riprese fiato e si pettinò al meglio per cercare di assumere nuovamente un'aria composta. Con le punta della scarpa, l'uomo spostò il suo volto affinché potesse vedere il capolavoro di lividi color giallo, viola e verde che si stavano pian piano formando sul volto di lei.

Senza tanta preoccupazione le sputò in faccia e con un ghigno malefico la salutò prima di andarsene, "ci vediamo domani mostro, domani cercheremo di purificarti."

La Matriarca della casata dei BlackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora