2) Mignolo

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“Apri, per favore?”

Simone era rimasto immobile in bagno per tanto tempo, sentiva il respiro pesante di Manuel dietro la porta, le mani che scivolavano sul legno e ogni tanto ci sbattevano sopra con poca forza.

Esce dopo l’ennesima supplica, ma lo guarda solo per un secondo, il tempo di superare il suo corpo inerme lì fuori nel corridoio.

“Parlami, ti prego…”
Lo segue fino allo spazio che unisce cucina e salotto, vicino all’ingresso di quella casa che avevano scelto insieme e che adesso sembra troppo piccola per contenere tutto quel dolore.

“Devi starmi almeno a dieci palmi dal culo, Manuel” è sfinito, non riesce a guardarlo in faccia. Gli da’ le spalle cercando di riprendere un respiro regolare con lo sguardo rivolto alla finestra.

“Ti sto lontano. Però devi parlarmi…”
Secondi interi di silenzio tra una frase e la risposta.

“Che ti devo dire?”

“Qualunque cosa. Te lo chiedo per favore. Mi sto sentendo male, non posso perderti…”

Simone sorride, dal vetro della finestra riesce a vedere un po’ anche il suo riflesso.

“Ci dovevi pensare mentre cancellavi quattordici anni di relazione. Hai buttato tutto nel cesso. Tutto.”

“Non è come pensi tu… te lo giuro”
“Ma che cazzo mi giuri?” non urla, non ne ha le forze. Si gira verso di lui, lasciando spazio alle lacrime nonostante cerchi di mantenere un’integrità che non rispecchia quello che sta provando.

“Ma tu ti rendi conto di quello che è successo?”
“Me ne rendo conto, fammi almeno-”
Non vuole ascoltarlo, non ora.

“Tu hai sputato sopra a una storia del genere per cosa? Per uno sfizio? Un gioco? Pensi che ci meritassimo davvero una fine così?”
“Non è la fine. Non può essere la fine”
“E pensi di avere il diritto di deciderlo, adesso? Hai già scelto per tutti e due, e hai scelto la fine peggiore che potessi darci. Hai buttato all’aria tutto, hai ridotto questa storia in una merda. Una merda, Manuel. Una totale merda” non ci vede più, per quanto le lacrime stiano lì ad appannargli la vista. “Che schifo, Cristo…”

Muove pochi passi verso il divano per sedersi; si lascia cadere su di esso, perché le gambe le sente cedere. Non ha la forza nemmeno di restare in piedi.

“Non ti avvicinare, per favore. Stai là. Dimmi tutte le stronzate che vuoi, ma stammi lontano”
“Va bene… sto qua” si siede a terra, Manuel. Distante da lui, con la schiena poggiata al muro sotto la finestra.

Il silenzio è difficile da sopportare, così come gli occhi persi di Simone che non lo guarda mai, almeno non visibilmente.

“Non valeva niente… è stato un momento di debolezza. Non è successo niente di quello che pensi. Mi sono fermato, non ci ho fatto niente…”
“E pensi possa bastare? Pensi che sia abbastanza, non averlo infilato altrove colto dal senso di colpa?”
“Non era il senso di colpa… era la consapevolezza di quello che voglio realmente”
“Ti giuro, non riesco nemmeno a sentirti dire queste cazzate…”
“Non sono cazzate. E lo sai.”
“Con chi?”
“Non ha importanza…”
“Hai già deciso troppe cose per entrambi, quindi adesso la smetti di dirmi le tue stronzate e rispondi alle mie domande”

Manuel non risponde, vorrebbe solamente sparire e nascondersi finché non è finito tutto.

“Con chi?” la voce di Simone è più dura, potrebbe iniziare ad urlare in qualsiasi momento ma si trattiene ancora.

“Francesco” sussurra quel nome che Simone ha sentito ogni tanto. Non ha bisogno di spiegargli chi sia, è semplicemente un suo collega che non conosce personalmente, ma che adesso vorrebbe guardare in faccia e chiedergli come cazzo gli è venuto in mente di infilarsi in una storia come la loro e rovinare tutto.

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora