25) Irene Ferro Balestra

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“Ma perché continuo a datte retta, io?”

Manuel corre, cerca di stare al passo di Simone che prova ad aspettarlo ma non ci riesce perché sarebbe andare contro la velocità a cui è abituato.

“Manu, dai. Non fare il pesaculo”
“Ma c’hai le gambe il doppio delle mie. Lo capisci che non riesco a starti dietro?” prova con due falcate più profonde, ma allo stesso tempo non ha più fiato.

“Mi arrendo, basta. Tu continua” si ferma, piegandosi con la schiena e con le mani poggiate sulle cosce. Fa respiri profondi, anche se avrebbe bisogno di una bombola d’ossigeno, e Simone lo guarda saltellando un po’ sul posto prima di fermarsi e arrendersi anche lui.

Sorride vedendolo distrutto, e si avvicina per tirargli una pacca sulla spalla che quasi lo fa cadere.

“Ahia! Ma perché devi esse sempre violento?”
“Per tenerti in forma, amore. Se no guarda qua che sei diventato!”
“Come cazzo fai a non essere morto? Io vorrei un letto adesso. Qua, nel parco.”
“Se mi dessi retta e venissi a correre con me un po’ più spesso, forse non staresti messo così male”
“Va be, ce stai tu che corri in famiglia. Basti e avanzi. Comunque puoi continuare, davvero. Io t’aspetto qua”

Simone ci pensa per un attimo, ma poi scuote la testa. “No, dai. Andiamo. Ho corso abbastanza e adesso andiamo a fare un po’ di sesso domenicale” ride, guardando l’orologio per capire se riusciranno davvero a farlo.

“Alle dieci doveva andare a fare colazione con Marta” gli ricorda Manuel.
“Perfetto. Sono le nove, il tempo di tornare a casa ed è fatta!”
“Se si è svegliata…” Manuel non è così fiducioso. Conosce sua figlia, sa che dormirebbe fino a mezzogiorno, se potesse.
“Se non s’è svegliata, la sveglio io. A diciassette anni bisogna uscire, bisogna prendere il motorino e andarsene. Non è che qua li cresci con tutta la cura del mondo, sti figli, e poi ti rimangono in mezzo e non ti fanno manco scopare”
“Sei proprio un coglione, lo sai vero?” Manuel ride, ride sempre anche se è abituato a questi momenti in cui Simone, se inizia a pensarci, non riuscirebbe mai a trovare niente per distrarsi dall’obiettivo.

Tornano a casa, con gli Arctic Monkeys in macchina e la consapevolezza di avere ancora tutta la domenica a disposizione per rilassarsi e viversi come non riescono a fare durante la settimana tra il lavoro e i vari impegni.

Da quando la sentenza d’adozione era arrivata dal tribunale, con esito positivo, erano riusciti a guardare la vita in modo diverso. Non c’era stato più niente che potesse metterli alla prova con difficoltà peggiori.
Il peggio l’avevano passato, e tutto sembrava essere in ordine.

Irene era diventata ufficialmente Irene Ferro Balestra, e tutte le promesse sull’essere i suoi papà per sempre avevano ormai ragione d’esistere.

“Io te l’avevo detto, che non s’era ancora svegliata…” Manuel gli indica la Vespa sotto casa, segno evidente che la diciassettenne non è ancora uscita.

“Poi vediamo, quando viene da me a chiedere soldi. Gliela faccio pagare, sta cosa”

Non la sveglierebbe mai davvero, sa che la lascerà dormire in pace e che semplicemente rimanderà la voglia di suo marito a qualche ora dopo.

Appena varcano la soglia di casa, la trovano seduta al tavolo della cucina con davanti una tazza di latte e caffè e i suoi biscotti preferiti accanto.

Il primo a raggiungerla è Simone, che le sorride come fosse ancora quella bambina di cinque anni che è entrata in casa loro portandosi dietro lo zainetto con gli unicorni contenente tante cose, soprattutto almeno una ventina di traumi dalla precedente famiglia che loro hanno cercato di abbattere con tutte le loro forze.

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora