12) Spazio vitale

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“Papi, posso mangiare il gelato?”

Prima regola di quando si hanno bambini in casa: non comprare alcune cose, se vuoi evitare che le mangino.
Sono appena rientrati a casa dopo l’asilo, Simone con lo zainetto di Irene su una spalla e il peluche a forma di panda in una mano; lei lo guarda supplichevole, perché spera che lui ceda. Ne è un po’ convinta, in realtà. Lo ha capito in poco tempo, quali sono i punti deboli  e i pregi dell’uno e dell’altro.

Simone è un porto sicuro, un padre che ha sempre la soluzione per tutto e che Irene vede come un gigante in grado di proteggerla da qualsiasi cosa, ma è anche quello che -per quanto non possa sembrare- cede agli occhietti dolci che sono un chiaro tentativo di fotterlo, anche se vorrebbe mantenere fermezza su alcune cose.

“Ire, hai appena mangiato la pizzetta in macchina. Poi ti fa male la pancia”
“Però io ho fame, te lo giuro”
“E giuri anche di cenare, dopo?”
“Giurin giurello”. Falsa. Falsissima.

“Ok, però poco. Vai a lavarti le mani e togli le scarpe, così ci buttiamo insieme sul divano”
“Sì! Sì, sì, sì!” saltella all’idea del gelato, e mentre lei sparisce nel corridoio per andare in bagno, Simone alza gli occhi al cielo maledicendosi per aver ceduto senza nemmeno controbattere un po’.

“Chi lo sente, quello…” sussurra, al solo pensiero di Manuel che gli dirà “Ah, bravo. Poi dici a me che le faccio mangiare cose sbagliate.”.

Manuel è anche lui un porto sicuro, ma in modo diverso. Manuel è dolce, plateale, quello che passa un’ora seduto sulla sediolina minuscola di Irene, nella cameretta, mentre lei gli distrugge i capelli per infilargli ferrettini con i fiocchetti ovunque tra i ricci. Lei gli fa malissimo, senza volerlo, e lui è lì muto che si farebbe strappare anche tutti i capelli pur di vederla ridere mentre le dice “Grazie parrucchiera, quanto le devo?” e lei gli arriva davanti con il suo piccolo salvadanaio riscuotendo i suoi cinquanta centesimi.

Poi è anche quello a cui Irene rivela prima i segreti, soprattutto se pensa di aver fatto qualcosa di sbagliato all’asilo, perché papà Simo poi inizia a spiegarle il motivo per cui non si possono tirare i pizzicotti agli altri bambini, anche se loro ti fanno per primi i dispetti, mentre papà Manu trattiene una risata fiero della capacità di difesa di sua figlia, per poi ricomporsi e dirle “No amore, non si fa. Ora lo raccontiamo a papà Simo e ti spiega lui il perché”.

Simone lo cazzia sempre perché, dipendesse da Manuel, le farebbe mangiare ogni giorno schifezze; e Simone deve andargli dietro dietro, controllando due bambini anziché una.

E adesso che è stato lui a farle vincere quel capriccio, sente di aver dato spazio alla sua fine.

Appena Manuel fa il suo ingresso a casa, dopo il lavoro, sorride vedendoli insieme sul divano, Irene in braccio a Simone mentre leggono il libro preferito di lei.

“Papà!” salta giù, correndo verso di lui. Questo lo fa sempre, a prescindere, anche quando a rientrare dopo è Simone. Quel tipo di dolcezza li scioglie entrambi ogni volta, e loro si domandano spesso cosa abbiano fatto per meritarsi tutto quell’amore da parte di una bambina che fino a qualche mese prima non aveva nemmeno idea di chi fossero.

“Ciao, amore di papà”
Salta tra le sue braccia, con le braccia attorno al suo collo.

“Com’è andata all’asilo?”
“Bene. Poi ho mangiato il gelato”

Manuel lancia uno sguardo verso Simone che è lì e cerca di ignorare quello sguardo che non è realmente accusatorio. A Manuel viene da ridere e, anzi, vorrebbe proprio dirgli che va bene, se ogni tanto cede anche lui. Che non fa niente, se le fa vincere qualche capriccio perché finché quel capriccio è un gelato non è niente di grave.

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora