16) Niente di più

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“In bocca al lupo e stai tranquillo”

Questa è l’ultima frase che Simone ha detto a Manuel prima del congresso, prima di farlo scendere dalla macchina e andare nel frattempo a cercare parcheggio.

Aveva vissuto l’ultima settimana come se quel discorso dovesse tenerlo lui, ma senza una reale ansia perché è sempre stato convinto del fatto che Manuel avrebbe potuto preparare e tenere tre congressi nello stesso giorno. Il Manuel svogliato del liceo non era altro che un ragazzino con la testa altrove, ma sempre in grado di applicarsi poco e avere risultati che gli permettessero di passare l’anno; e quando non l’aveva fatto, una sola volta, era perché quei libri lui non li aveva mai nemmeno liberati dal cellophane.

E Simone per una vita intera, soprattutto durante l’università, era lì pronto a dirgli che andava bene avere l’ansia, perché è una cosa assolutamente normale, ma che avrebbe potuto prendere trenta ad ogni esame studiando il minimo e indispensabile perché quella capacità di capire le cose e non impararle mai a memoria, come spesso invece capitava a lui, era una fortuna enorme.

L’unico motivo per cui aveva iniziato ad essere teso, nell’ultima settimana, era il pensiero di dover fare i conti con la presenza di quello lì.
Quello che mesi prima aveva pensato fosse una cosa giusta consolare suo marito mentre piangeva, quello da cui suo marito si era fatto consolare, quello che aveva baciato suo marito e quello da cui suo marito si era fatto baciare.

E adesso lo ha lì, a pochi metri, seduto una fila più avanti rispetto alla sua accanto agli altri colleghi; lui non l’aveva mai visto, ma negli ultimi mesi, mentre cercava di metabolizzare quel dolore, lo aveva cercato su tutti i social perché sentiva il bisogno di farsi del male, di vedere che faccia avesse, di capire cosa avesse più di lui.
Una cosa stupida, sicuramente non da Simone, ma si era ritrovato a farlo perché l’idea che qualcuno potesse aver preso anche solo per cinque minuti il suo posto lo aveva mandato fuori di testa.

Con il tempo ha cercato di metabolizzarlo, di capire che al posto di quello lì avrebbe potuto esserci chiunque; che Manuel stava male e ha sbagliato, ma che non aveva intenzione di sostituirlo.

Eppure il fastidio che prova è talmente tanto, che si sente a trentadue anni uno stupido ragazzino geloso che vorrebbe andare lì davanti a lui e ricordargli che non conta un cazzo, che è stato una piccola parentesi dovuta a un cedimento, che non sarà mai lui la metà di Manuel, che non sarà mai lui suo marito, l’unica persona di cui si fida ciecamente, l’unica con cui avrebbe cresciuto una figlia.

-Sto per esplodere- scrive velocemente un messaggio a Jacopo, approfittando di quei minuti d’attesa che lo separano dall’inizio del congresso.

-C’è lui?-
-Sì. Mi sento un coglione-
-Lo sei. Rilassati e lascialo stare, non conta un cazzo.-
-Ha ficcato la lingua in bocca a mio marito-
-Simò, smettila. Se non ce la fai, esci da lì. Non fare cazzate e soprattutto non fare il bambino. È una giornata importante per Manuel, non rovinare tutto per sta gelosia da quindicenne. Se proprio vuoi esplodere, fallo dopo, a casa.-
-Ti pare che faccio una scenata? Dovevo sfogarmi con qualcuno, però-
-Ok, mi raccomando. Io sto qua, se ti servo. E se ti rompe il cazzo lui, invece, con occhiatine e cazzate varie, me lo dici e ti raggiungo così lo prendiamo a pugni insieme-

Gli viene da ridere ma non gli risponde più, perché il silenzio è sceso nell’aula e gli ultimi rimasti in piedi prendono posto.
Sorride, appena vede Manuel che guarda nella sua direzione nonostante finga di guardare tutti: lo sa, qual è il metodo di suo marito. Finge di guardare chiunque, ma non si concentra davvero sulle facce. Se lo facesse, andrebbe in panico.

Solo quando posa i suoi occhi su di lui, sente che Manuel torna perfettamente a vedere e per questo gli sorride, cercando di mandargli un’ultima spinta di tranquillità.

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora