18) Coprimi le spalle

1.8K 112 62
                                    

“Zio!” Irene impazzisce, appena Jacopo entra in casa con un sorriso che per lei è sempre il solito, ma che Simone percepisce essere completamente fasullo, di facciata.

“Patatina, ciao! Vieni qua” la prende in braccio, regalandosi una stretta fortissima che in questo momento gli serve.

Simone guarda Manuel, perché Jacopo non si sarebbe mai presentato senza avvisare a casa loro, soprattutto alle otto di sera, e per un attimo il gemello minore prova un senso di colpa nei suoi confronti perché suo fratello gli è stato vicino tantissimo nell’ultimo periodo, a volte in silenzio per ore solo per non farlo sentire abbandonato, mentre lui ha dimenticato spesso anche di chiedergli un banale “Come stai?”.

“Noi stavamo per cenare, tu hai mangiato o mangi con noi?” gli chiede Manuel, prendendo già un piatto in più da mettere a tavola.

“No, tranquillo, non ho fame”

“Sì zio mangia con noi! Siediti vicino a me”
Le sorride, intenerito da tutta quella dolcezza, e l’accontenta nonostante la fame gli sia passata un bel po’.

Aspettano la cena, poi il momento giochi con Irene e infine anche che quest’ultima si addormenti, prima di ritrovarsi tutti e tre in salotto con facce appese nonostante né Simone né Manuel sappiano nulla.

“Io vado un po’ di là… vi lascio da soli” Manuel ha sempre fatto così, ha sempre cercato di lasciarli soli quando sentiva che fosse necessario, ma Jacopo lo ferma mentre fissa il vuoto.

“No, stai qua. Mi sa che c’ho bisogno pure de te”

Simone alterna lo sguardo tra suo fratello e Manuel, iniziando a preoccuparsi un bel po’. Loro due sono diversi sotto mille aspetti, anche nell’affrontare il dolore, ma c’è una cosa che entrambi fanno ogni volta in cui si sentono persi: guardano l’altro, fanno affidamento su quella complicità fraterna troppo forte, per essere una banale complicità.

Da quando sono piccoli hanno quell’istinto di difendersi a vicenda, anche se Jacopo ha sempre avuto un senso di protezione nei confronti dell’altro come fosse un fratello maggiore; lo ha avuto da bambini quando qualcuno spingeva Simone al parco giochi per rubargli il posto allo scivolo, lo ha avuto per tutto il tempo delle superiori quando lo riempivano di battutine per il solo fatto di essere gay e ce l’ha tutt’ora, anche se in modo differente.

Jacopo avrebbe difeso Simone sempre, e Simone nella vita ha scoperto di riuscire ad essere forte solo in due casi: per Jacopo e per Manuel. E adesso, in realtà, anche per Irene.

“Oh, ma che c’hai? Mi devo preoccupare?”
“Ho fatto un casino, Simò”

Jacopo butta la testa all’indietro sul divano, coprendosi il viso con le mani. Simone seduto nell’altra estremità e Manuel su una sedia posizionata al contrario davanti a loro, con le braccia poggiate sullo schienale e la sicurezza di non aver mai visto suo cognato in quello stato.

“Vuoi pure parlare, o devi farmi solo venire l’ansia?”
“Ho messo incinta una”

Qualche secondo di silenzio, rotto da Manuel che sussurra un banalissimo “Ah, na cosetta…”.

“In che senso hai messo incinta una?”
“Simò, in quale senso? Uno solo, ne conosco.” si agita, e Simone si siede meglio sul divano perché era fin troppo rilassato e quella posizione semi stesa non era più adatta.

“Ma questa chi è, adesso? Almeno ci stai insieme?”
“Ma che insieme! Che insieme? La frequento da un po’, circa tre mesi”
“E quando me lo volevi dire?”
“Ma che ti dovevo dire? Ma poi che stai a fa, il terzo grado? L’hai capito che voglio andarmi a buttare nel Tevere?”

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora