4) Facciamolo

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"Sei qui."
Lo sapeva benissimo, Simone, che Manuel fosse ancora lì. Lì e anche sveglio. È stato attento a qualsiasi rumore, e al massimo ha sentito il frigorifero aprirsi e il rumore della bottiglia di plastica dell'acqua, subito dopo il rumore dello sciacquone del bagno.

Poi più nulla.

Ha deciso di uscire dalla loro camera da letto a mezzanotte, colto da un bruciore di stomaco talmente grande che gli ha fatto pensare che se non avesse mangiato qualcosa si sarebbe sentito male.

Lo ha trovato steso sul divano, e per un attimo ha perfino pensato di sentirsi in colpa perché quella casa è anche sua così come quella camera e quel letto; un senso di colpa durato per poco, il tempo di ricordarsi il motivo per cui Manuel fosse lì sul divano.

"Sto qui." Conferma.
"Dove hai dormito ieri notte?"
"In hotel"

Immaginava anche questo, perché suo marito non sarebbe mai andato a casa di sua madre. Dirlo a Jacopo è un conto, ma non si sarebbe mai spinto così oltre.

"Hai fame?"
Manuel lo guarda, sorridendo appena pensando a quanto sia uno stupido coglione. La persona che ha davanti a lui è la migliore che lui abbia mai conosciuto nella vita, l'unica che l'abbia amato nel profondo, conosciuto fino a riconoscerne la minima sfumatura. La persona che proprio lui ha ferito, tra le milioni di persone che avrebbero potuto farlo.
Ed è la stessa che ora è lì a chiedergli se ha fame a mezzanotte, perché lo sa bene quanto in quella casa, nel silenzio, si senta il minimo movimento ed è sicuro che Simone sappia che non si è nemmeno avvicinato ai fornelli.

"Vuoi cucinare?" glielo chiede con quel velo di ironia, d'istinto, perché pensa di non aver mai conosciuto qualcuno più negato di lui in cucina.

"Era una battuta?"
"No, no..." quasi si pente, per aver cercato di ironizzare in un momento del genere. È che gli sembra difficile, mantenere un distacco che non c'è mai stato tra di loro. Le giornate sono sempre state così, sempre piene di amore, passione, ironia-soprattutto la sua mentre prende in giro Simone.

"Comunque sì, faccio due spaghetti aglio e olio. Li vuoi e rischi la sopravvivenza, o ne vuoi la certezza?"
Si è già allontanato verso i fornelli, e Manuel sorride di nuovo rilassandosi appena.

"Rischio" si alza dal divano, raggiungendolo, e lo vede concentrato anche per mettere a bollire un po' d'acqua.
Lo guarda restando poggiato al muro con una spalla e le braccia incrociate, e Simone ignora quello sguardo su di lui.
Ci prova per un po', quantomeno.

"Dimmi..." è ancora di spalle.
"Cosa?"
"Non lo so. Mi stai guardando. Lo sento"

"Ti sto guardando..."
"Ok. Fai come vuoi..."

Seguono secondi di silenzio durante i quali Simone resta girato verso i fornelli, a fissare l'acqua che è ancora calma e ci metterà un bel po' a bollire.
Quei secondi li rompe Manuel, iniziando a parlargli.

"C'ho pensato"
"A cosa?"
"A quello che m'hai detto. Facciamolo"

Ora Simone si gira, lo guarda spiazzato da quello che ha sentito nonostante il cuore gli stia battendo talmente veloce che potrebbe esplodere.

"Hai ragione, te lo devo. Ho già rovinato tutto, e tu te la meriti questa possibilità. Penso di meritarla anch'io, in fondo. Io non ho mai smesso di volere un figlio con te. Mai. Nemmeno adesso, anche se probabilmente non mi perdonerai mai e tra noi non sarà mai più lo stesso"

"Non devi farlo perché senti di dovermi qualcosa. Ho esagerato, quando ti ho detto che me lo dovevi. Un figlio non è un pacco, non è un regalo."
"Non è solo per quello. Lo farei perché penso che, a prescindere da tutto, saremmo in grado. E non le mancherebbe niente, mai."
"Questo non risolverebbe i problemi tra me e te..."
"Pensi che userei una figlia per risolvere tutto con te?"
"No, scusa. Hai ragione. Lo so, scusa... è che... un figlio ha senso quando c'è amore, quando si sta talmente già bene da voler solo aggiungere qualcosa di più bello alla propria vita"

Manuel si avvicina guardando a terra, ma appena arriva accanto a lui alza lo sguardo.

"Noi stiamo male, adesso. Però l'amore non è un problema, quello ci sarà sempre. E lo sai anche tu. Anche separati, tu sei l'unica persona con cui condividerei un figlio. L'unico padre che accetterei, che stimerei, che vorrei per mio figlio"
Simone prende un respiro, si sente stanco come non lo era mai stato. "Io ti odio, Manu. Io sto qua in piedi davanti a te, a preparare una pasta insapore anche per te, ma tu non hai idea di quello che c'ho dentro. Di come mi sento, di tutte le volte in cui vorrei vomitare perché mi sembra che, facendolo, possa passare almeno un po' questa sensazione orrenda. E in realtà è vero, non ti odio sul serio. Io ti amo, t'ho sempre amato e quell'amore per te non è mai diminuito, al massimo è aumentato; però provo una delusione talmente grande, Manuel..." si blocca, appena la voce gli si spezza in gola. Aspetta, prima di ricominciare, e fissa suo marito negli occhi lucidi come i suoi. "Talmente grande, che vorrei solo poter cancellare le ultime trenta ore".

"Lo so... però guardami, sono sempre io. Sono un coglione, ma sono io."
"Tu sei sempre stato tutto, per me. Tutto. Ma tu sei anche quello che si è buttato tra le braccia di un altro, e questo non lo puoi cancellare. Io non lo posso cancellare"

Torna distante, nascondendo il suo viso su cui hanno iniziato a scendere le lacrime.
"Scusa" sussurra, sparendo nel corridoio e lasciando Manuel lì da solo, con le stesse lacrime sul viso e la voglia di ribaltare la pentola d'acqua che ormai bolle.

Decide di buttarci dentro gli spaghetti, e prende anche una padella per l'aglio e l'olio.
Cucina la pasta per entrambi, e appena è pronta si avvicina alla loro camera da letto, bussando appena.

"Ehi... la pasta è pronta... vieni?"
"Non ho fame, grazie..."
"Non mangi da ieri pomeriggio. Per favore... poi ti lascio stare, ma vieni a mangiare qualcosa. Quello che ti va, anche fosse solo una forchettata"

Il bruciore di stomaco è troppo forte per ignorarlo, così decide di alzarsi dal letto e aprire la porta trovandosi davanti Manuel poggiato al muro frontale del corridoio.

Si siedono di fronte, al tavolo della cucina, e mandano lentamente giù bocconi di pasta mischiata alle lacrime salate.
In silenzio, ognuno mentre butta uno sguardo sull'altro sperando di non essere visto.

Quando finiscono, Manuel azzarda una richiesta che gli sembra troppa e che ha bisogno di permesso.

"Dovrei prendere delle cose in camera... e poi farmi una doccia. Se per te non è un problema mi appoggio sul divano stanotte, poi domani capisco bene cosa fare"

"È anche casa tua. Puoi fare quello che vuoi."
"Ok..."

Si alza, passandogli accanto per andare verso la stanza, ma Simone lo ferma per un braccio.

"Aspetta"
Si guardano, si amano nonostante tutto.

"Va bene. Facciamolo."
Non ha bisogno di spiegargli cosa, perché tutto in quelle ore ruota attorno a due argomenti: l'errore di Manuel e l'adozione.

"Sei sicuro?"
"Sono sicuro. Domattina ne parliamo meglio..."
"Ok. Vado di là..."
Simone annuisce, mollando la presa dal suo braccio. Lo lascia andare, anche se è l'unica cosa che non vorrebbe fare.

"E guardati dentro la tasca
È vuota ma c'è ancora la voglia di farcela
Di buttare in aria ogni malinconia
Sperando che ritorni indietro sotto forma di fantasia"

****

Buonasera ❣️ Qui per dirvi che sì, questa storia avrà dei passaggi surreali sulla questione adozione ma mentre pensavo e scrivevo mi sono detta: se Dante Balestra ha potuto prendere accordi con l'assistente sociale di Lilli, chi sono io per non poter fare quello che voglio in una storia totalmente inventata facendo finta che sia proiettata in un universo dove tutte queste cose sono possibili?
QUINDI chiedo scusa per le cose inesatte, non voglio mancare di rispetto ad un argomento così delicato. (Questo Ve lo scriverò sotto ogni capitolo d'ora in poi ❣️).

Grazie sempre,
A.

No Hero [Simuel] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora