14 - Scoperte

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Selina 16


-10 giorni al Middle Ground


«Allora? Cos'è una famiglia?» domando mentre scruto la proiezione che presenta le caratteristiche storiche e architettoniche di questo posto.

Dietro di me alcuni confabulano, nessuno legge come me, non sono interessati a capire dove si trovano o a cercare vie di fuga, vogliono accendere un fuoco per la notte e questo è tutto. Possibile che non capiscano il pericolo che corrono? Eppure, questo loro confabulare sottovoce mi insospettisce, smetto di leggere e mi volto a fissarli.

«Nessuno vuole rispondermi?»

Lauta 4 emerge dal gruppetto di teste e ingaggia i miei occhi scuotendo la testa intenerita.

«Ne abbiamo solo sentito parlare, non conosciamo i dettagli, ma siamo sicuri che una volta raggiunto Stallo, scopriremo una vita che finora ci è stata negata.»

Sono diretti all'Eldorado. Ho come l'impressione che questa gente finirà al Middle Ground e che, se restassi con loro, sarebbe anche la mia fine. Se ci accamperemo, non saremo mai al sicuro, mi dico. In definitiva, concludo, non sono realmente interessata alle loro elucubrazioni, ho troppa fretta per soffermarmi su certe sciocche credenze. Scrollo le spalle e per qualche minuto riprendo a studiare questo posto aiutandomi con le mappe, le didascalie e la Legenda esposta a ogni entrata e, infine, deduco con sconcerto che siamo in trappola. In pratica ci siamo infilati dentro a un'arena circondata di spalti che culmina nelle prigioni sotterranee. E questi qui vogliono accamparsi e accendere un fuoco senza sapere che le IA lo vedranno da chilometri di distanza, e per noi fuggire sarà quasi impossibile. Ergo: devo allontanarmi dagli evasi del treno, ma prima cerco di aiutarli a non farsi ammazzare.

«Da quello che leggo» spiego loro con calma, «la cavea in cui ci troviamo è interamente ricoperta di marmo, non possiamo accendere un fuoco, qui non attecchirà. E la baltea che ci protegge alla vista non presenta elementi infiammabili che potremmo...»

Mi rendo conto che mi osservano sconvolti. Bloccati come in un fermoimmagine.

Il gigante che ha lasciato il segno sul mio polso, si sblocca dallo stupore e mormora: «Dobbiamo proteggere il bambino. Fa troppo freddo» poi ci ripensa e aggiunge «cos'è una cavea?».

La donna più alta, in terza fila, interviene: «Ha detto baltea, non cavea».

E l'uomo minuto che la sta accanto la corregge: «Ha detto anche cavea, l'ho sentita.»

Ricevuto.

Tra loro non vedo l'unico che poteva essermi utile: Athor 12 non è sceso dal treno. Aveva una compagna da raggiungere a Ingranaggio, è rimasto con i deportati che desideravano arrivarci perché hanno qualcuno da ritrovare. Almeno non si sono condannati. Questa gente non capisce di essere destinata. Credono di poter sfuggire al controllo del giudizio supremo e ai controllori di tipo 4 che gestiscono questi luoghi. Vorrei spiegare loro che abbiamo i minuti contati prima che i robot controllori della zona arrivino qui ad arrestarci, ma temo che, se indugerò ancora, la mia missione di raggiungere Ingranaggio per risolvere il problema delle anomalie fallirà e io finirò arrestata e destinata senza aver salvato nessuno. Ergo: devo mollarli al loro fuocherello e ai loro stornelli, e rimettermi subito in marcia. Di sicuro non verranno con me, sono fuggiti pur di non arrivare a Ingranaggio, se dicessi loro che è esattamente il luogo in cui sono diretta, che faccia farebbero?

«D'accordo, sentite: voglio rendermi utile, vado a cercare dei ceppi e del fogliame da bruciare» mento, constatando che nell'anfiteatro Flavio digitale tutto può trovarsi, meno che mai della vegetazione.

«Non devi stancarti. Pensa al bambino» dice la donna scura.

Un moto di esasperazione m'invade, trovo la forza di reprimerlo e improvviso un sorridente: «Sono solo alla dodicesima settimana, sto benissimo. E un po' di movimento mi farà bene.»

Non aspetto il loro consenso, mi muovo subito lungo il corridoio di snodo della baltea.

«Andate con lei, aiutatela» ordina una voce maschile alle mie spalle.

Accidenti.

Devo seminarli.

Non sono abituata a comunicare con gli adulti, e noto con sconcerto che sono molto apprensivi e prevenuti. Mi mettono a disagio. Non comprendo il loro schema mentale, sembrano mossi da inerzia e da false credenze. Come un branco che crede di essere autonomo ma si muove in automatico. Allungo le falcate.

Ripasso a mente ciò che ho appena letto riguardo alla struttura di questo anfiteatro, e calcolo che se riuscirò ad arrivare sotto al podio del settore inferiore della cavea, troverò una galleria di servizio che dovrebbe condurre ai sotterranei. La Legenda sottovetro diceva che in passato c'era acqua sotto la struttura, piccoli laghetti, non so se siano stati ricostruiti dalla simulazione, ma non ho altro modo per seminare i miei custodi invasati, devo provare a scendere.

«Ragazza, rallenta» sento dietro di me.

E mentre affretto il passo per seminare i tre che mi stanno dietro, attraverso uno degli affacci, nella spianata che circonda il monumento, intravedo una navetta di Pangea posteggiata a nord. Non posso fermarmi e guardare meglio, ma temo sia così.

«Dove stai correndo?» mi chiamano ancora.

Un cacciatore di vite deve essere già sulle mie tracce. Morgan ha dichiarato di essere stato declassato, significa che da protocollo non può uscire da Pangea. Avranno mandato un altro. Non aspetterò di scoprire chi. Devo eclissarmi più in fretta possibile.

«Ehi, frena!» stanno per raggiungermi.

I loro passi si fanno frenetici. Devono aver capito che cosa sto facendo.

M'infilo dietro a una navata e spio intorno. Si dividono. Sono allarmati.

«Dove sei finita? Ragazza!» sussurrano distendendo la voce, per evitare di farsi sentire al di fuori di queste mura.

La mia mano accarezza la superficie di questa colonna, e subito trasalisco. Ma è reale! Non è una simulazione. Possibile che gli Operanti si siano presi il disturbo di ricostruire in modo fedele un monumento antico che apparteneva al vecchio mondo? Che senso ha? In ogni caso, è una pessima scoperta, perché aggirare un ologramma è una cosa, ma aggirare una parete alta e massiccia, è un'altra. E non riesco a trovare la via che conduce ai sotterranei, mi toccherà risalire e poi ridiscendere. Non posso tornare indietro, da dove siamo entrati, gli evasi non mi permetterebbero di uscire. Volevo evitare di arrampicarmi per allontanarmi da questa trappola ovale, ma a questo punto non vedo altro modo. Già, ma dove sono finita? Inizio a sentirmi in difficoltà. Giro in tondo nel panico.

A un tratto sento un bisbiglio: «Di qua! Vieni!».

Mi volto col cuore accelerato e gli occhi sbarrati, e metto a fuoco il braccio esile di un ragazzino che sbuca dalla sommità di un lembo di terra. Si agita verso di me e chiama sottovoce: «Bella ragazza, muoviti, salta dentro!»


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