Devo andare a casa sua, un'altra volta. Basta, non voglio fare il compito con quella mocciosa.Suono il citofono del suo portone: secondo piano. Ormai ho imparato a memoria dove abita. La porta di casa sua è già aperta. Questa vuole fare entrare i ladri.
«Sei in ritardo di 15 minuti.» È la prima cosa che mi dice. Dovrebbe ringraziare che sono qui, invece.
«Ciao anche a te.»
Mi guarda inarcando un sopracciglio, lo fa sempre quando è nervosa.
«Che hai?» le chiedo.
«Non sei la persona con cui vorrei parlarne. Tanto non ti interesserebbe,» dice sbuffando.
La osservo. È magra, mi chiedo se mangia. So che probabilmente mi odia, e la cosa è reciproca, ma è parecchio nervosa. Devo capire che cos'ha.
Va a prendere il materiale per il lavoro, poi si sposta nell'altra stanza. Le blocco il braccio.
«So che non ti fidi di me e che mi odi, ma non sei concentrata e non stai facendo un buon lavoro. Ripeto, che hai?»
«Tranquillo, il lavoro te lo faccio bene.»
Non capisce che voglio sapere cosa la tormenta. Sbuffo. «Ti aspetto di là, va'.»
Entro nella sua stanza. È dipinta di rosa e bianco, con uno stile "indie". Il letto è una piazza e mezza, con il piumone di Stitch.
«Allora, da dove iniziamo? Cazzo, troppe cose da fare e poco tempo. Porca puttana,» inizia ad agitarsi, camminando per la stanza. Prende e posa oggetti a caso. «Non so come fare. Tu non mi aiuti, mancano due settimane e siamo a poco più di metà lavoro!»
Un po' mi sento in colpa, perché sta facendo quasi tutto lei, ma è troppo nervosa. Non capisco cosa le ho fatto.
«Non ce la faccio più,» dice prima di scoppiare a piangere.
Oh... ehm... e mo'? Che devo fare? Che cazzo.
Le tocco la spalla, cercando di calmarla, ma lei mi scosta la mano e si gira dall'altra parte.
«Scusa,» singhiozza.
Non si deve scusare, capita a tutti di toccare il fondo.
«Ehi, no... no, tutto ok. Vieni, siediti sul letto,» dico, aiutandola a sedersi.
«Vuoi dirmi che cos'hai? O restiamo così?»
Suonano alla porta. Cazzo.
«Vado io, tranquilla.»
Vado ad aprire. È Max. Sono ufficialmente nella merda.
«Ah, tu,» sospira lui.
«Sì, io. Che ci fai qua?»
«Potrei chiederti la stessa cosa, ma non ho tempo da perdere. Dov'è Elizabeth?»
«È... è impegnata al momento.»
«Fottiti, è in camera sua?»
Neanche il tempo di rispondere, va direttamente verso la stanza. Lo seguo.
Lei è girata verso la finestra, sta ancora piangendo.
«Oh mio Dio, che ti è successo?» chiede Max. Io sono qua da mezz'ora e ancora devo fare il lavoro.
Elizabeth non risponde.
«Ti ha fatto qualcosa lui, vero?»
Ma andate a fanculo. Perché è sempre colpa mia?
«Non c'entro niente io.»
«N... no,» dice lei, singhiozzando ancora. Vorrei abbracciarla, ma Max lo fa al posto mio.
«So che non sono protettivo come Lucas, ma sei come una sorella per me. Se ti fa qualcosa, lo posso uccidere quando vuoi.»
Elizabeth accenna un sorriso, poi sbuffa un «Tranquillo.»
Vado a prenderle un bicchiere d'acqua, mentre Max cerca di capire che cos'ha. Niente da fare, non vuole dirlo a nessuno, a quanto pare.
Quando si calma, Max le chiede dei consigli per Sarah.
«Quindi, secondo te, come posso risolvere? Io lo so quello che penso, lo penso davvero.»
«Max, mi dispiace dirtelo, ma se lo pensi davvero non potete continuare così.»
Max rimane in silenzio e mi guarda. Ah, scommetto che è colpa mia pure stavolta.
«Va bene, grazie. Vedrò che fare. Ora però devo andare. Ci vediamo domani a scuola.» Si alza e si dirige verso la porta. «Ciao, Noah.»
Esce, e io chiudo la porta.
Ritorno da Elizabeth. È seduta alla scrivania, intenta a continuare il lavoro come se non avesse appena avuto uno sfogo. Ha il mascara colato. Avvicino la mano al suo viso per asciugarlo, ma la ritiro subito. Non so perché perdo tempo.
Stiamo in silenzio per tutto il tempo. Verso le 19 me ne vado.
«A domani, Gilbert. Purtroppo.»
«Jonson.»
«Eh?»
«Domani voglio saltare fisica.»
«Buon per te.»
«So che hai musica a quell'ora.»
«Vedo che ti sei informato. Vai al punto.»
«Se vuoi dirmi perché cazzo ti sei messa a piangere invece di fare il lavoro, sai dove trovarmi. A domani, Jonson. Purtroppo.»
Elizabeth
Sono una donna morta. Spero che Max non vada a dire a Lucas che piangevo. Con Noah, per giunta.
È l'intervallo. Dopo ho musica. Che faccio?
Mi arriva una notifica:
Sono nel retro.
È Noah. Sbuffo.
Oh, scusa, ho sbagliato a inviare 😉
Decido di andare. Se mio padre scopre che ho saltato una lezione, non si dovranno chiedere perché non mi vedono più.
Eccolo. Sta fumando. Ma vive di sigarette?
Mi ha visto e mi fa cenno di avvicinarmi. Lo faccio lentamente, prendendomi un po' in giro.
«Non pensavo saresti venuta.»
«Neanche io,» rispondo, appoggiandomi al muro.
«Beh, che cazzo vuoi fare? Vuoi parlare o stare qui a fissare la mia sigaretta?» dice, soffiando fumo dalla bocca. Che puzza.
«Opzione numero tre?» sogghigno.
«Ah ah ah ah. Senti, non farti venire chissà che idee. Non me ne frega un cazzo del perché piangevi come una mocciosa. Voglio solo sapere perché mi hai fatto perdere tempo,» sputa tutto d'un fiato.
«Scemo,» rispondo.
«Stronza,» ribatte con un sorrisetto.
«Ho avuto problemi con Lucas e... mi sento in colpa.»
«No, vabbè,» dice lui, sorpreso. «Mi hai fatto perdere tempo per questa cazzata?»
«Fottiti,» dico prima di correre via.
«ELIZABETH!» urla lui. «Aspetta, ti prego!»
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Unlimited
RomanceLa storia segue le vicende di Elizabeth e Noah, due ragazzi che iniziano con un forte disprezzo reciproco, ma che si ritrovano coinvolti in una serie di eventi che cambieranno il corso delle loro vite. Noah è un ragazzo che ha sempre avuto una vita...