ELIZABETH POV
Il sole stava calando lentamente oltre l'orizzonte, tingendo di arancio e rosa le pareti della mia stanza. L'aria era tranquilla, smorzata dal rumore lieve dell'acqua che scorreva nella doccia. Mentre Noah si lavava, mi ritrovai a sedermi sul tappeto con Allison. Aveva solo tre anni e ancora non parlava bene, ma comunicavamo senza difficoltà: tra sorrisi, piccoli gesti e versi buffi, riuscivamo a capirci perfettamente. Stringeva a sé un peluche un po' consunto, un elefantino azzurro.«Quindi tu hai un elefante di nome Fanty?» le chiesi, curiosa, mentre lei lo stringeva al petto.
A rispondermi, però, fu una voce maschile alle mie spalle.
«Sì, e se la sera non ce l'ha accanto, non dorme.» disse Noah, appena uscito dal bagno con solo un asciugamano avvolto intorno ai fianchi. I capelli bagnati gli cadevano sulla fronte e lasciava dietro di sé gocce d'acqua sul pavimento.
Si avvicinò al letto e aggiunse con un'espressione colpevole: «Senti, io ho portato i miei vestiti, ma mi sono completamente dimenticato quelli di Allison. Vado un attimo a casa, li prendo, torno, la lavo e poi andiamo via.»
«Non serve. Ci sono ancora dei vestiti miei di quando ero piccola, basta solo trovarli. E comunque, potete rimanere quanto volete. A proposito, Allison, hai fame?» le chiesi, rivolgendo lo sguardo verso di lei, seduta sul letto con le gambe a penzoloni.
«Motta.» rispose con entusiasmo.
Sorrisi. «Allora vado a prepararti qualcosa. Tu vuoi qualcosa?» domandai a Noah.
«Già che ci sei.» rispose con un mezzo sorriso.
Mi diressi in cucina, accesa da una tenue luce calda. Presi due bicchieri dal pensile e li riempii con del succo d'arancia. Poi, da un cassetto, tirai fuori due brioscine confezionate e le sistemai su un piccolo vassoio. Tornando verso la stanza, intravidi dalla porta socchiusa Noah e Allison giocare sul tappeto. Stavano ridendo entrambi, ed era un'immagine che mi colpì più di quanto avessi previsto. Non sapevo che avesse una sorella, ma da come la guardava, da come la proteggeva, sembrava che fosse tutta la sua vita.
«Colazione pronta.» annunciai, entrando nella stanza e porgendo loro il vassoio.
Allison prese un morso e poi, con la bocca ancora piena, esclamò: «Buona, gazie.»
Noah mi fece un cenno con il capo, un sorriso grato a fior di labbra, quasi timido.
Dopo un po', mentre raccoglievo le carte delle merendine, Noah si alzò.
«Va bene Jonson, grazie per la tua ospitalità, noi ce ne andiamo.» disse.
Allison, però, non sembrava d'accordo.
«Noah, io no.» disse con voce decisa.
«Tu no cosa, piccola?» domandò lui, accovacciandosi per guardarla negli occhi.
«Io non vado.»
«Non te ne vuoi andare?» chiese di nuovo.
Allison scosse la testa con fermezza.
Mi avvicinai. «Potete restare, Noah, te l'ho detto. È inutile che stiate fuori casa a prendere freddo senza sapere dove andare.»
«La tua lagazza ha ragione.» aggiunse Allison, arricciando la R nel modo in cui solo i bambini sanno fare.
Noah rise piano. «Piccola, lei non è la mia ragazza... ma questo non devi dirlo a nessuno.» le sussurrò, strizzandole l'occhio.
Poi, rivolto a me: «Va bene, rimaniamo un altro po'. Solo perché non avremmo da mangiare.»
In quel momento, mi pentii di aver fatto quella proposta. Il pensiero di lui che si aggirava per casa mia, senza avvertire la minima intenzione di andarsene, cominciava a infastidirmi.
Per pranzo preparai dei toast caldi. Il profumo del pane tostato e del formaggio fuso riempì la cucina. Quando portai i piatti in camera, Noah, sorprendentemente, mi aiutò a sparecchiare.
«Mi sono innamorata di tua sorella.» gli dissi, ironica, mentre sistemavamo i piatti nel lavandino.
«È la cosa migliore che potesse capitarmi.» rispose, sorridendo sinceramente. In quel momento il suo telefono squillò.
«Klaus, che c'è?» disse rispondendo e mettendo il viva voce.
Dall'altra parte una voce maschile parlò in fretta: «Ho convinto la mia famiglia. Puoi venire da me ora, dormi qui, e domani, quando arrivano i tuoi, te ne torni a casa.»
Istintivamente lo guardai con un'espressione delusa. Non ero sicura del perché, ma una parte di me non voleva che se ne andasse. Lui colse il mio sguardo e mi sorrise.
«Fra, allora... ora sono da Elizabeth e resto tutto il giorno. In serata vengo da te. Ti ringrazio.»
Dall'altra parte Klaus sbottò: «Hai rotto il cazzo con quella puttana, smettila di fare l'innamorato.»
Noah non si scompose. Mi guardò con un ghigno ironico e rispose con tono sereno: «Ma io sono innamorato.»
Mi fece l'occhiolino.
E io, in quel momento, non seppi se volevo che restasse... o se desideravo che se ne andasse per sempre.

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Unlimited
RomanceElizabeth Johnson e Noah Gilbert si odiano da sempre. Lei è testarda, determinata, con il desiderio di trovare il suo posto nel mondo. Lui è tormentato, circondato da ombre del passato che non riesce a scrollarsi di dosso. Quando le loro vite si int...