3. rivincita

268 25 66
                                    

Quella sera Iman era scossa

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Quella sera Iman era scossa. Tutto ciò di cui aveva paura la stava tormentando di nuovo: l'immagine vivida del sangue, di morte e confusione le stava dando alla testa. Esplosioni, spari, urla, pianti si erano conficcate nella sua mente come delle gemme nella roccia.

Ella si dimenava nel letto. La fronte sudata, le mani che tremavano, le pupille dilatate, il battito cardiaco accelerato. Stava perdendo il controllo, completamente. Si sentiva catapultata in un universo parallelo, dove non c'era né inizio né fine, solo un soffocante presente nato da un passato disastroso e traumatico. Era tutto inutile. Pensò che la sua vita fosse completamente inutile.

Qual è il mio scopo? Ho perso tutto ormai, ho perso tutto!

Continuava a pensare con la testa tra le mani mentre tremava, ancora e ancora. Si coprì ancora per tentare di proteggersi dai mostri, i quali, in realtà popolavano la sua mente martoriata dagli incubi.

La ragazza, dopo aver acceso l'abat-jour posta sopra al comodino, controllò l'orologio sul muro: erano le tre di notte e la luna brillava nel cielo accompagnata da una corona di stelle. Tutto sembrava così pacifico in confronto alla sua mente.

Non ne poteva più. Doveva reagire e doveva farlo al più presto. Si cambiò del pigiama e indossò un paio di pantaloni neri, una felpa oversize ed un paio di sneakers consumate dal tempo. Si lavò la faccia con acqua freddissima, così tanto che sobbalzò non appena il liquido gelido venne a contatto con la pelle del viso. Uscì dalla porta della camera che, come al suo solito scricchiolava fastidiosamente e si maledisse per non aver preso in considerazione quel piccolo inconveniente.

Camminò quasi in punta di piedi per i corridoi della comunità di Chestnut per poi sgattaiolare dalla porta del retro della cucina che, per sua fortuna non era stata chiusa a chiave. Una volta uscita dal plesso, si recò verso la fermata dell'autobus più vicina che distava circa trecento metri. Iman sapeva benissimo che ciò che stava per compiere sarebbe stata una bravata ma cercò di ignorare il potenziale rimorso futuro.

Iman era una ragazza estremamente testarda e, a tratti incosciente ma se voleva qualcosa, lo doveva avere immediatamente e in quel momento aveva bisogno solo di riconnettersi con se stessa, una volta per tutte. Si continuò a ripetere che ce l'avrebbe fatta, che tutto sarebbe andato per il meglio e che avrebbe avuto la sua rivincita.

Salì sull'autobus il cui odore rancido fece breccia nelle sue narici: a quell'ora era frequentato solamente da ubriaconi e persone di quel genere. Iman si andò a sedere in fondo alla vettura, evitando gli sguardi fastidiosi delle persone. Una volta passata mezz'ora di viaggio, scese alla fermata giusta.

Si trovò davanti ad una prateria il cui colore aveva assunto il colore del cielo: un bellissimo blu cobalto. Ella si distese sul prato, respirando a pieni polmoni l'aria fresca della notte, così pura e incontaminata. Nei dintorni non c'era nessuno, forse qualche animale selvaggio come cerbiatti o qualcosa di comunque innocuo. Per un attimo le sembrò di aver trovato la pace dei sensi.

Uno strano rumore la face girare di scatto.

Non è niente, Iman, non ti preoccupare.

Cercò di rassicurarsi anche se invano: stava tremando di paura. Sfoderò il coltello dalla tasca dei pantaloni e si diresse verso la foresta. Non ci fu una bella sorpresa ad accoglierla: una di quelle creature mostruose era pronta ad attaccarla. Emise degli strani versi, a tratti anche inquietanti.

La ragazza, presa dal panico, iniziò a correre fino a sentire i polmoni bruciare. Non sapeva dove andare, dove rifugiarsi. D'istinto si buttò in mezzo alla strada statale, facendo entrare in collisione due macchine. Il boato le rimbombò nelle orecchie, stordendola. L'incendio divagò presto nei paraggi, bruciando case che, per fortuna, erano disabitate.

In un attimo arrivò la polizia: il rumore delle sirene stordì ancora di più Iman. La vista divenne offuscata, il corpo non sembrava voler reggere tutto quel trambusto. Gli alberi sembravano mescolati l'uno con l'altro, la luna una luce abbagliante come i fari di un'auto. In un attimo la ragazza crollò a terra, priva di sensi.

***

La luce fioca del mattino risvegliò dolcemente Iman, la quale aprì gli occhi e rimase disorientata. Era sdraiata su un divano in finta pelle nero, dall'altra parte della stanza vi era una scrivania in legno chiara con una sedia ed un computer a tubo catodico. Il profumo di caffè si fece strada nelle narici della ragazza non appena vide una figura familiare entrare in quello che pareva essere il suo ufficio, parecchio spoglio per i suoi gusti. Lesse di sfuggita il nome sulla divisa del ragazzo che, a guardarlo meglio sembrava essere suo coetaneo.

"Quindi ti chiami Leon" esordì la ragazza con la voce impastata dal sonno.

"Sì, e tu hai fatto proprio un casino ieri sera" le sorrise il ragazzo "come diamine hai fatto a finire in periferia a quell'ora? È vietato"

"Lunga storia e, comunque, chi sono quei tizi e cosa vogliono da noi?" si limitò a rispondere.

"Fanno parte di un gruppo di origini sconosciute, pare si chiamino Los Illuminados. Indaghiamo su questo caso da settimane"

"E' un po' quello che è successo a Raccoon City sette anni fa" aggiunse la ragazza, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per osservare meglio quei lapislazzuli lucenti.

"Già, non dimenticherò mai quel giorno. Ho perso una persona a me molto cara. Comunque, non importa, piuttosto, ti senti bene?"

"Tutto a posto, grazie, agente"

"chiamami Leon. Hai preso una bella botta ieri sera. Aspetta, vado a prendere un medikit" disse il ragazzo dai capelli biondi come il sole. Una volta tornato, iniziò a tamponare con una garza impregnata di disinfettante la tempia di Iman, la quale digrignò i denti per il leggero pizzicore avvertito.

"Hai fame? Posso prenderti qualcosa alla caffetteria qua sotto" propose con un timido sorriso sulle labbra rosee.

"No, tutto a posto. Ora devo andare, grazie di tutto" lo ringraziò freddamente.

"Lascia che ti accompagni, non posso lasciarti andare da sola"

"Non ti preoccupare, non sono fatta di vetro" rispose sarcasticamente, avviandosi verso la porta di legno, lasciando il ragazzo da solo con le mani in mano. Egli si sedette alla scrivania, guardando la figura di Iman allontanarsi sempre di più dal suo campo visivo. Prese il suo diario di bordo e vi annotò qualcosa.

10 Ottobre 2005

Il gruppo di fanatici di Los Illuminados sta devastando il territorio. Abbiamo creato delle zone di quarantena ed un confine entro cui la città è sicura. Ieri mi sono imbattuto in una situazione piuttosto bizzarra: una ragazza di nome Iman, ignara del pericolo, è entrata nel loro territorio, rischiando di farsi ammazzare, ben due volte. Ho provato a parlarle, a dirle di stare al sicuro ma è tutto inutile. Non vuole ascoltarmi.

Ha un atteggiamento a dir poco indisponente, altero, strafottente. Non ho mai visto una ragazza così testarda e inerme allo stesso tempo. Ieri tremava e piangeva, oggi invece è fredda, distaccata. Chissà cosa le passa per la testa.

Ma la devo proteggere, a tutti i costi. Devo portare a termine la mia missione, ho giurato che l'avrei fatto.

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora