27. rivincita

61 5 37
                                    

Il pensiero del corpo di Krauser esanime gli fece accapponare la pelle

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il pensiero del corpo di Krauser esanime gli fece accapponare la pelle. L'uomo che più ammirava lo aveva tradito per unirsi all'infausto culto di Lord Osmund Saddler. Tutti gli allenamenti, tutto il sudore versato non era servito a niente, era solo un ennesimo buco nell'acqua. Leon non riusciva a darsi pace: troppi pensieri, troppe poche risposte. E poi...Poi c'era l'incognita riguardante Iman. Dove l'avrebbero potuta portare? Le lande erano desolate, raccapriccianti ed estese.

Il flusso di coscienza venne interrotto dalla figura di Ada, la quale gli venne incontro.

"Leon, andiamo. Chissà dove l'avranno portata" esordì con la sua tipica fermezza.

"Ho un'idea ma è meglio che vada da solo. Non voglio coinvolgere nessuno di voi. Ho fatto un casino e sono l'unico che può porvi rimedio"

"Come vuoi. Io e Luis ci siamo se hai bisogno" gli disse con un debole sorriso sulle labbra prima di dileguarsi, lasciandolo da solo una volta ancora. Così, il ragazzo si diresse in moto tra le lande oscure e desolate verso la cattedrale dove avrebbero dato inizio al rituale nefasto. Un rivolo di sudore gli solcò la fronte pallida e gli occhi erano socchiusi in due fessure liquide. Sentiva il cuore palpitare nel petto, una sensazione straziante e lacerante dato il pericolo imminente.

Parcheggiò la moto nell'ennesima radura dimenticata da Dio per poi incamminarsi con una torcia in mano verso la meta. Il cielo era sul punto dell'imbrunire e la luna brillava indisturbata nel cielo, spettatrice di una catastrofe che solo Leon Kennedy avrebbe potuto fermare. Se solo avesse creduto un po' di più in se stesso, magari avrebbe avuto più speranza ma, d'altronde che senso avrebbe avuto averne in un mondo sull'orlo del collasso?

Arrivò alla cattedrale dopo qualche decina di minuti di cammino. Strade sconnesse e villaggi fatiscenti lasciati alle spalle come i ricordi di Iman che temeva sarebbero svaniti con il passare del tempo. L'incombente paura che vegliava su di lui stava per avere la meglio. Le mani tremavano anche se chiuse in due pugni stretti da far diventare bianche le nocche. Ma non doveva mollare, non poteva.

Con tutta la forza che aveva in corpo aprì le porte massicce della struttura malandata. I tappeti sporchi e sdruciti, le mura scrostate e i candelabri dorati riflettevano a malapena la luce emanata dalle candele. Si fece avanti, sfoderando la pistola dalla guaina e la vide: era esanime, sdraiata sull'altare e aveva un aspetto a dir poco irriconoscibile. Gli occhi neri e la carnagione ambrata era costellata da venature dello stesso colore delle pupille. Sentì la rabbia crescere dentro di sé e il sangue raggelare a quell'orrida visione. Saddler era proprio dietro di lei con un coltello affilato in mano, pronto a sacrificarla.

"Vedo che anche Lei, signor Kennedy, è pronto al sacrificio che libererà l'umanità" annunciò Saddler con un sorriso sinistro e compiaciuto.

"No. Sono qui per mettere fine a questo piano perverso e con te esso" ringhiò. Ogni parola era nata da pura rabbia, pura adrenalina, pura sete di vendetta.

"Sciocchezze. Non puoi tornare indietro, non ora che il sacrificio è sul punto di essere compiuto"

Leon non ce la fece più. Agì d'impulso e contro il suo carattere mite e calcolatore, corse verso Saddler con i polmoni brucianti così come gli occhi che emanavano rancore. Mirò alla testa di quel poco di uomo che era rimasto dell'acerrimo nemico che, prontamente, schivò il colpo come se fosse stato impenetrabile. Altri ganados vennero in soccorso di Saddler, impedendo al povero Leon di muoversi ma egli non si arrese. Ben presto si dimenò dalla loro presa con il coltello da combattimento di Krauser, ferendoli mortalmente. Non era il momento di arrendersi. Continuò ad  avanzare verso quell'immonda creatura fino a raggiungere l'altare. Saddler, però, con una specie di tentacolo fuoriuscito dallo scettro d'oro, avviluppò il collo del ragazzo, impedendogli di respirare.

I battiti rallentarono, la vista divenne offuscata, la testa girava e il corpo era sul punto di cedere. Pensava che ormai fosse finita finché non udì uno sparo che gli rimbombò nelle orecchie. La presa di Saddler si fece più debole, permettendogli di liberarsi. Alzò lo sguardo e scorse Ada dal balconcino sopra l'abside armeggiare un Bazooka con cui colpì il capo degli Illuminados, anche se ferendolo solamente.

"Corri, ci penso io qui!" lo ammonì la donna.

Leon le fece un cenno di gratitudine per poi prendere in braccio il corpo esanime di Iman e fuggire da una porta laterale che dava allo scantinato della cattedrale. La osservò e notò che stava peggiorando a vista d'occhio. Ciononostante, capì che era giunto il momento di agire. Subito un'idea fece capolino nella sua mente e chiamò Luis, l'unica persona in grado di sapere il rimedio a las plagas.

"Luis, senti, hai detto che qui da qualche parte c'è un laboratorio. Dimmi subito dov'è. E' urgente" gli comunicò in modo frettoloso e spasmodico. L'uomo gli diede le informazioni richieste senza pretendere nulla in cambio. Del resto sapeva che Leon era in difficoltà e aveva bisogno di aiuto al più presto. Il ragazzo si diresse presto al laboratorio a qualche centinaio di metri dalla chiesa malandata con in braccio la sua ragazza.

La posò sul lettino delicatamente e notò che sul tavolo vi era l'anti-siero, così come spiegato da Luis. Non fece neanche in tempo a pensare che subito lo prese in mano e iniettò il contenuto nel braccio esile di Iman prima di collassare a terra per la troppa stanchezza. Al suo risveglio si trovò sdraiato sul lettino, con il viso di Iman davanti a sè, sorridente come non mai.

"Leon" sibilò la ragazza con un filo di voce e le lacrime agli occhi, le quali, quella volta erano frutto dell'immensa gioia e gratitudine che provava in quel momento. Il ragazzo strabuzzò gli occhi cerulei, lucenti come specchi d'acqua, per poi stringerla tra le sue possenti braccia e baciarle delicatamente la fronte.

"Iman, pensavo di averti persa"

"Sono qui. Non ti lascio" lo rassicurò prima di aiutarlo ad alzarsi in piedi. Il ragazzo si ricompose per poi scortarla alla moto e portarla in un luogo sicuro: il bunker segreto dove il padre della ragazza era stato portato tempo fa. La porta blindata si aprì, rivelando guardie armate. Iman si stupì dell'avanzata sicurezza del posto e di tutte quelle persone appartenenti alle forze speciali.

"C'è qualcosa -o meglio- qualcuno che ti aspetta" esordì Leon con il sorriso stampato sul volto. La porta principale si aprì, rivelando l'ufficio dei capi dell'Intelligence americana e davanti a loro si ergeva proprio la figura del signor Jackson. Iman cadde in ginocchio, lacrime salate le solcarono il volto mentre un sorriso genuino aleggiava spontaneo sul viso. Gli occhi ambrati si riempirono presto di puro stupore quando il padre le venne incontro per avvolgerla in un lungo caldo abbraccio. Iman si strinse al padre, abbracciandolo più forte che potè.

"Mi sei mancata, tesoro" le disse il padre con un tono amorevole mentre guardava di sbieco Leon "E tu, ragazzo, hai fatto un ottimo lavoro, ne terrò conto. Ora, però, dobbiamo occuparci di quei bastardi e ho bisogno di te"

"Iman, tu puoi stare qui. E' più sicuro per te" le consigliò Leon con tenerezza e premurosità prima di avviarsi con il signor Jackson e gli altri membri dell'Intelligence in un'altra sala dai muri insonorizzati. Questa volta non avrebbe fallito.

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora