9. giocare col fuoco

109 12 21
                                    

In quella notte buia e fredda, Iman non riusciva a dormire

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

In quella notte buia e fredda, Iman non riusciva a dormire. Non sapeva come ma la litigata con Leon la aveva profondamente turbata, infastidita. Ella non era una persona espansiva, solare ed estroversa che si legasse subito ad un'altra. Aveva imparato a reprimere qualsiasi tipo di emozione, che fosse positiva o meno. La cosa negativa era proprio il fatto che poi, questo turbine di emozioni doveva pur fuoriuscire in qualche modo e, nel caso di Iman, lo faceva tramite la rabbia, o peggio, un atteggiamento passivo-aggressivo.

Si rese conto di aver esagerato un'altra volta con Leon. Egli era sempre stato così buono e protettivo nei suoi confronti, premuroso e gentile al punto giusto. Ma allora perchè aveva avuto quella reazione durante il combattimento? Continuava a domandarsi incessantemente senza trovare una risposta.

Doveva sistemare le cose e subito, prima che tutto fosse andato a rotoli di nuovo. Aveva già perso troppe persone nella sua vita e non poteva assolutamente permettersi di perdere anche Leon. Detestava ammetterlo a se stessa ma, giorno dopo giorno, si affezionò, seppur debolmente, a lui.

Dopo aver fatto mente locale sul da farsi, uscì dalla stanza indossando solamente una t-shirt nera e dei pantaloncini del medesimo colore. Si diresse verso la camera di Leon, collocata probabilmente al primo piano, dove risiedevano le forze dell'ordine. Prese una torcia dal cassetto e dopo aver indossato le pantofole, si diresse verso la rampa di scale che scese con estrema cautela e attenzione. Sentiva le guance bruciare dall'imbarazzo, il cuore palpitare nel petto e le gambe molli.

Tentennò a bussare alla porta: pensò che forse stava dormendo. Però, scacciò subito via quel pensiero riampiazzandolo con quello che le importava maggiormente: risolvere la questione. Fece un lungo respiro che sembrò durare un'eternità e bussò alla porta che, dopo qualche secondo, si aprì, rivelando una figura mascolina. Leon era proprio davanti a lei e la sua figura sovrastava quella della ragazza. Un profumo di pino le inebriò le narici.

Iman si fu sorpresa alla vista dell'agente: indossava semplicemente dei pantaloni blu e nient'altro. I suoi petto e addome risaltavano al cospetto della ragazza. Le ombre di ciascun muscolo venivano messe in evidenza dalla luce della luna che trapelava dalla finestra. Egli si poggiò con un braccio sullo stipite della porta, facendo sentire Iman in soggezione, forse per caso, forse per scelta.

"Sono le due di notte, Jackson" esordì con la voce impastata dal sonno, sistemandosi i capelli platino con la mano destra. La osservò minuziosamente, come se volesse scorgere ogni piccolo dettaglio. La sua figura era così femminile ed allettante, anche se coperta da vestiti di due taglie più grandi. Il suo sguardo ricadde sui suoi seni, le cui forme si intravedevano dalla maglietta e istintivamente si leccò le labbra.Un pensiero che egli reputò impuro lo colse alla sprovvista e scosse la testa per cacciarlo via.

"Hai anche i tic nervosi ora?" lo canzonò, facendosi spazio nella sua stanza costituita da un letto matrimoniale, un armadio ed una scrivania spoglia.

"Non la smetti mai di rompere le palle tu, eh?" esordì con un sorriso sghembo, guardandola camminare e sedersi sul letto, senza neppure chiedere il permesso. Era così dannatamente insopportabile quel suo modo di fare da bambina prepotente.

"E tu non la smetti mai di seguire le regole, come sei noioso, agente" sussurrò con un sorriso seducente sul volto.

"Che stai facendo, Iman?" disse con tono inquisitorio, avvicinandosi a lei.

"Perchè stai insinuando che io ti voglia fare qualcosa?"

"Non è questo il punto. Sei piombata in camera mia a quest'ora, devi almeno avere un buon motivo" si schiarì la voce per sembrare il più autorevole possibile.

"D'accordo. Mi dispiace per quello che è successo tra noi oggi, non era mia intenzione trattarti in quel modo" esordì con gli occhi fissi su quelli di Leon.

"Non è niente, piuttosto, mi dispiace per la mia reazione. Non avrei dovuto"

"Mi chiedo perchè tu abbia reagito in quel modo. Ho fatto qualcosa di sbagliato?" gli domandò con un tono ansioso di sapere la risposta.

"No, Iman, è stata colpa mia. Il mio compito è proteggerti e aiutarti con l'allenamento, niente di più" esordì con un tono privo di partecipazione affettiva.

"Niente di più, uh?" lo canzonò, girandogli intorno come un ghepardo che accerchia la preda.

"Già. È quello che ho detto" rettificò, iniziando a percepire una strana sensazione di impotenza riguardo alla situazione. Il corpo era percorso da brividi, il cuore stava battendo così forte che lo sentì rimbombare nelle orecchie. Il profumo inebriante di Iman gli pizzicò piacevolmente le narici.

"Ti manca mai questo?" gli sussurrò Iman all'orecchio sinistro, prima di tracciare con l'indice freddo la colonna vertebrale del ragazzo, contornata da numerosi muscoli che al suo tocco si contrarono.

"Che stai facendo?" domandò il ragazzo con aria spaesata, godendosi il dolce tocco di Iman. Dovette ammettere che infondo gli stava piacendo. Non era mai stato toccato da una donna in quel modo da tempo e quel momento fu un'occasione preziosa per apprezzarne la presenza.

"Quello che vuoi che io ti faccia, agente Kennedy" esordì con gli occhi di una volpe.

Leon si girò verso di lei e la guardò negli occhi con uno sguardo serio.

"Stai giocando col fuoco, Iman"

"Te l'ho detto, non temo più il pericolo. Tanto cosa ho- cosa abbiamo- da perdere? Il mondo sta cadendo a pezzi"

"Hai ragione ma sai cosa è peggio del mondo che cade a pezzi? L'anarchia più totale. Ora, per favore, se non mi devi dire nient'altro, puoi uscire" esordì freddo. Non poteva, non doveva lasciarsi andare.

Iman rimase incredula a quelle parole. Lo sguardo le si spense in un battito di ciglia. Rimase attonita, ferma davanti alla porta della camera di Leon. Inutile dire che non si aspettava una così brusca reazione ma, del resto, non conosceva ancora bene Leon per sapere del suo modus operandi: freddo e distaccato, quasi algido a tratti. Si chiedeva perchè si dovesse trattenere così tanto, perchè fosse così ligio al dovere in un mondo in cui non esistevano più regole.

"Fanculo, Leon!" sussurrò con un'espressione corrucciata sul volto giovane prima di uscire dalla camera e dirigersi verso la propria. Per raffreddare il suo bollente spirito, prese a pugni il cuscino più e più volte, imprecando sottovoce contro quel ragazzo dai capelli biondo platino dall'aria affascinante quanto misteriosa, prima di cadere in un sonno profondo.

La mattina seguente i due si ritrovarono a fare colazione a mensa anche se Iman non aveva toccato per niente il croissant preconfezionato ed il cappuccino che le erano stati serviti. Ispezionò l'ambiente circostante: vide Claire avvicinarsi verso di lei. Indossava un paio di pantaloni di pelle aderenti, un maglione azzurro come i suoi occhi ed i capelli le ricadevano perfettamente sulle spalle.

"Iman!" le venne incontro "buongiorno, come mai quel volto corrucciato? È successo qualcosa?" le chiese con fare gentile, com'era, d'altronde, la sua indole.

"Mal di stomaco, mi capita spesso la mattina, difatti faccio a stento colazione"

Si inventò la prima scusa che le venne in mente per non destare sospetti. Non voleva che una quasi sconosciuta venisse a sapere di lei e Leon sebbene non fosse effettivamente successo niente tra di loro.

"E a me capita quando sono arrabbiata. Coincidenze?" le sorrise caldamente prima di sorseggiare il suo caffè bollente.

"Sei brava a leggere le persone" disse Iman, prima che una risata imbarazzata le schiudesse le labbra.

"Non sono un genio, semplicemente facevo tirocinio come psicologa prima dell'epidemia di Raccoon City. Mi sarebbe piaciuto come lavoro: tutto quello che desidero è aiutare le persone"

Le due continuarono a conversare del più e del meno per fortuna di Iman: non voleva toccare di nuovo quel tasto dolente chiamato Leon Kennedy, finchè quest'ultimo non si presentò a mensa anch'egli, con un'espressione altrettanto inasprita.

Parli del diavolo...

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora