7. pari

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IIn quella sera fredda e cupa, Iman era cullata dal rumore dell'acqua calda che le avvolgeva in un caldo abbraccio tutto il corpo

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IIn quella sera fredda e cupa, Iman era cullata dal rumore dell'acqua calda che le avvolgeva in un caldo abbraccio tutto il corpo. Prese un po' di shampoo sulle mani iniziò a insaponare i suoi lunghi capelli ricci e indomabili, proprio come la sua personalità irruente. Passò una decina di minuti in doccia, dopo di che uscì dal box e indossò un accappatoio bianco.

Erano appena le otto di sera e la ragazza si recò nella sua stanza per prepararsi. Indossò dei jeans dritti a vita bassa, una maglietta bordeaux ed una felpa del medesimo colore. Ai piedi aveva degli scarponcini neri. Prese le chiavi della camera e dopo esserne uscita, chiuse la porta alle sue spalle. Scese le scale di fretta: lo stomaco le brontolava ancora una volta dalla fame. Appena entrata in mensa la travolsero le risate e le chiacchiere costanti delle persone. Era davvero fuori dal mondo il fatto che la gente si riuscisse a comportare come se nulla fosse.

La mensa era composta da una grande stanza dalle pareti beige che ospitava circa un centinaio di persone, tutte abbastanza giovani. I tavoli erano l'uno attaccato all'altro.

"Quanto ci hai messo a lavarti? Ti aspetto da un quarto d'ora" esordì una voce profonda e mascolina alle sue spalle. Iman si girò e lo vide: indossava dei semplici jeans leggermente sdruciti ed una maglia bianca che metteva, ancora, in risalto i muscoli di petto e addome. La ragazza si morse l'interno della guancia alla visione del tessuto bianco che si appiccicava alla pelle ancora umida, squadrando la sua figura imponente.

"Non lo sai che ognuno ha i suoi tempi?" rispose con un tono seccato.

"Dai, miss simpatia, andiamo a fare la fila o non mangeremo più" disse, invitandola a mettersi in fila per accaparrarsi qualcosa da mangiare. Iman ordinò una semplice pasta al sugo e, non appena prese posto, venne sorpresa da come quel pasto non sapesse di plastica come alla comunità in cui visse per sette lunghi anni. Mangiò talmente in fretta che non si accorse che vi era un altra ragazza seduta di fronte a lei.

"Scusate" disse con la bocca ancora piena, inghiottendo l'ultimo boccone "Non mi sono ancora presentata. Sono Iman, piacere di conoscerti".

Abbozzò un sorriso che voleva sembrare il più genuino possibile mentre tese la mano verso la ragazza i cui lineamenti erano simili ai suoi: la pelle mulatta, gli occhi scuri ed i capelli ricci e castani.

"Piacere mio, sono Ingrid. Lavoro alla stazione di controllo all'ultimo piano, monitoro le missioni"

"Deve essere un compito che richiede molto impegno e responsabilità" disse Iman, visibilmente incuriosita.

"Lo è anche se non è niente rispetto ad andare in missione e perlustrare quei luoghi lugubri"

"Hai ragione. Comunque, non so voi ma io inizio ad avere un certo sonno" esordì Leon, sbadigliando.

"Già, io vado a dormire.A domani, Ingrid, Leon" li salutò sbrigativamente per poi andare in camera da letto.

Iman uscì dalla mensa, seguita dal ragazzo dai capelli biondo platino. Sentiva i suoi passi rimbombarle nelle orecchie. Arrivò alla porta della sua camera e si accorse che Leon era ancora dietro di lei.

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora