19. anima innocente

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Quel bacio fu tutto ciò di cui entrambi avevano bisogno, carico di affetto

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Quel bacio fu tutto ciò di cui entrambi avevano bisogno, carico di affetto. Le loro bocche sembravano incollate l'una all'altra quanto era forte e ardente la voglia di aversi, baciarsi. Leon afferrò per i fianchi Iman, prendendola in braccio per far combaciare il proprio corpo con il suo. La ragazza iniziò a strusciarsi sul corpo di Leon che si irrigidì sempre di più a ogni suo tocco afrodisiaco.

"Iman" ansimò "Non possiamo, devo andare in pattuglia"

"D'accordo, agente" lo canzonò prima di lasciargli una scia di baci sul collo e ritirarsi in camera propria. Il cielo stava assumendo un colore mozzafiato che virava dall'arancione al rosa. La ragazza aprì la finestra della stanza, osservando Leon avviarsi in solitudine verso uno dei villaggi abbandonati degli Illuminados.

Una volta arrivato, il ragazzo si diresse oltre il lago putrido, luogo in cui aveva sconfitto quella strana creatura lacustre. L'aria stava iniziando a diventare gelida, costringendolo a chiudere la giacca marrone che portava sempre con sé. Indossò i mezzi guanti neri e prese in mano una pistola per proteggersi da eventuali minacce.

Si fece strada attraverso i suggerimenti di Ingrid e approdò al palazzo reale dall'aria sontuosa quanto inquietante. Il luogo era lasciato a se stesso da parecchi anni ed i topi che bazzicavano per la struttura ne erano la prova. I tappeti azzurri erano sdruciti, rovinati, sporchi. I lampadari stentavano a rimanere appesi al soffitto tempestato di crepe.

Ad un tratto Leon udì una voce femminile, pesante, rauca. Alzò lo sguardo e notò una signora dall'apparenza trasandata nonostante i capelli bianchi fossero acconciati in maniera ricercata. I denti erano ingialliti, il rossetto sbavato.

"Molto bene, signor Kennedy" esordì la signora.

"Chi diavolo sei?" chiese Leon, sorpreso del fatto che ella lo conoscesse.

"Sono Ramòn, piuttosto, lei ha qualcosa -o meglio- qualcuno da consegnarmi. Dov'è la ragazza?"

"Scordatelo, Ramòn. Lei sta bene dove sta, con me" disse con un tono adirato, scottante di rabbia. Strinse i pugni così tanto che le nocche gli diventarono di un colore pallido.

"D'accordo, se non vuoi dirmelo con le buone, sarò costretta a passare alle cattive maniere. Guardie, prendetelo!" ordinò ai suoi scagnozzi che scesero giù per le scale armati di fiaccole, frecce, asce, pronti a colpire Leon in ogni modo possibile.

Il ragazzo iniziò a mirare con la sua fidata pistola quei corpi posseduti che non facevano che ripetere una frase: gloria a las plagas, il parassita generato dagli Illuminados stessi, il cui obiettivo era infettare l'intero mondo.

Leon sparò a quanti più potè, sferrando eventualmente qualche calcio rotante o usando il coltello. Il sudore gli imperlò la fronte, un senso incombente di ansia lo travolse come un tornado. I proiettili stavano per finire così come la sua pazienza.

"Cazzo, ne arrivano altri!" imprecò il ragazzo, allo stremo delle forze. Ad un tratto udì una voce familiare dall'accento spagnolo. Si girò e vide Luis, intento a sparare ad alcuni degli scagnozzi affinchè non ce ne fosse più nessuno.

"Prego, non devi ringraziarmi per forza" esordì ironico Luis, prima di dare una pacca sulla spalla a Leon.

"Grazie" sospirò, ricaricando la pistola e dirigendosi verso la sala del trono in compagnia della sua nuova conoscenza "Comunque, perchè vuoi aiutarmi? Non mi conosci nemmeno"

"Lo faccio per stare in pace con me stesso" esordì di getto anche se il biondo stentò a credere alle sue parole, scuotendo la testa e assottigliando gli occhi.

"Farò finta di crederti, Luis Sera"

"Aspetta, amico, come sai il mio cognome?" chiese sorpreso quest'ultimo.

"So che lavoravi per la Umbrella, quindi fai attenzione a non dirmi più cazzate d'ora in poi, intesi?"

"Okay, mi hai beccato. Cosa vuoi sapere?" gli chiese, accendendosi una sigaretta.

"Innanzitutto, perchè sei qui?"

"Sono qui per affari personali, devo risolvere delle questioni in sospeso con una persona. Tu invece?"

"Devo ammazzare questi stronzi prima che infettino altre persone. Cercano una ragazza e non so perchè"

"Un'aspirazione davvero nobile quanto utopica. Comunque, bando alle ciance, distruggiamo questi pazzi"

Leon annuì e riprese a salire la lunga rampa di scale fino a trovarsi al primo piano del castello. Entrò nella sala da pranzo dall'aria lussuosa quanto trasandata. Il grande tavolo era adornato con piatti e posate d'oro, tovaglioli ricamati e una tovaglia di colore bordeaux.

"Che stronzata questi campanellini" esordì Luis, giocando con uno di essi, posizionati vicino a ciascun bicchiere di vetro.

"Aspetta, guarda quei quadri sul muro" disse indicandoli. Raffiguravano un re ed una regina seduti a tavola con le posate in vista. "forse se suoniamo dei campanelli specifici si aprirà quella porta coperta dalla carta da parati"

"Eres gènial, amigo" esclamò Luis, prima di seguire gli ordini di Leon al che la porta si aprì, rivelando un passaggio segreto che li condusse nelle cantine dall'aspetto lugubre e malandato. Arrivarono in una sala nascosta dove, attaccati alle pareti vi erano poste delle armature d'acciaio che presero vita non appena Luis pestò accidentalmente una piastrella rotta.

Queste ultime presero vita, governate dal parassita dall'aspetto nauseante e filamentoso. Entrambi iniziarono a sparare ripetutamente contro le sette armature, finchè non ce n'era più nessuna che potesse attaccarli.

Leon notò che nella mano di una di esse, giaceva l'ennesimo biglietto che decise di leggere.

Gennaio, quattro anni dalla mia illuminazione. I tentativi di effettuare una trasfusione del liquido nero nel corpo sono prossimi al successo.

La chiave è l'utero. Un'anima innocente e malleabile è il soggetto più adatto.

Il ragazzo sussultò alle parole appena lette. Guardò fuori dalla finestra e notò che il sole era tramontato ormai da diverse ore. Insieme a Luis trovò un'uscita che lo portò al cortile dove le vetture dei due ragazzi erano parcheggiati.

Salutò frettolosamente l'amico, per così dire, e si diresse celermente verso il rifugio North dove trovò Iman in mensa, intenta a chiacchierare con Claire animatamente. Le labbra le si incurvarono in un sorriso genuino che scomparve non appena incrociò lo sguardo preoccupato e mesto di Leon.

"Che succede?" gli chiese in modo apprensivo, seguendolo per le scale.

"Ennesima pattuglia inquietante, devo andare più a fondo. Non lascerò che tu cada nelle mani di quei folli, lo giuro. Fosse l'ultima cosa che faccio" esordì con il volto corrucciato, prima di rimuovere il giaccone e buttarlo sul letto, esponendo i suoi bicipiti scolpiti su cui Iman passò le mani.

"Oh, Leon, Dio se ti amo" gli sussurrò all'orecchio la ragazza prima di sedersi sulle sue gambe muscolose. Leon le cinse i fianchi e la strinse a sé come se avesse avuto paura di perderla nonostante la sua paura più grande fosse diventata proprio quella. Il ragazzo la baciò, dopo di che, si recò a farsi una doccia.

Una volta tornato in camera, notò che Iman era ancora seduta sul letto di Leon a guardare fuori dalla finestra in sua attesa. Sentì i suoi passi che la destarono dai pensieri. Ella si girò verso di lui e scandagliò il suo fisico coperto solo da una misera asciugamano bianca e si leccò le labbra, pregustandosi il momento che doveva ancora avvenire.

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora