|Leon Kennedy x OC|
Dopo gli eventi di Raccoon City, Leon S. Kennedy si ritrovò da solo, senza nessuno al suo fianco. La vita sembrò ritornare alla normalità quando venne scoperta l'esistenza di una congrega parecchio sospetta, motivo per cui gli v...
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In quella giornata fredda e cupa, Leon Kennedy aveva una missione da completare: doveva portare Iman al sicuro. Si alzò in fretta dalla scrivania, dopo che Jim se n'era andato via. Prese le chiavi dell'auto e uscì da quella struttura in decadenza. Si recò subito in auto e partì, osservando dagli specchietti retrovisori i fanatici avvicinarsi sempre più pericolosamente.
Aumentò la velocità fino a sentire i brividi sulla pelle. Il battito cardiaco era accelerato, la fronte imperlata di sudore. Era nel panico e ciò che lo sorprese di più era il fatto che provasse quell'emozione molto di rado. Dopo gli eventi catastrofici di Raccoon City e la perdita catastrofica della sua cosiddetta seconda famiglia, aveva imparato a reprimere ogni forma di emozione possibile, mostrandosi freddo, impassibile, granitico agli occhi degli altri.
Ma ciò che importava più di tutto in quel momento era prenderla con sé e portarla via da quel postaccio. Raggiunse la comunità di Chestnut dove la gente era impossessata dal panico: tutti correvano, piangevano, urlavano, compresa la signora Young, a cui Leon si rivolse per primo.
"Cerco Iman Jackson, è qui?" esordì con un tono preoccupato, ansiogeno, spasmodico.
"Dovrebbe essere qui nei paraggi, ora, mi scusi, agente, devo far evacuare questo posto" rispose la signora con lo stesso identico tono.
Molto utile la sua risposta, grazie!
Pensò l'agente mentre si faceva spazio tra i ragazzi che correvano nella direzione opposta alla sua.
"Iman! Iman!" urlò a pieni polmoni in attesa di una risposta.
Niente. Merda!
Pensò in mezzo a tutta quella confusione che gli stava facendo girare la testa. Non vedeva uno sgomento così potente nei volti delle persone da anni e questo gli fece gelare il sangue nelle vene. Dopo aver perlustrato il piano inferiore, senza averla trovata, salì al piano superiore ove erano situati i dormitori.
"Polizia! Cerco Iman Jackson!"
Aprì con una certa fretta alcune porte delle camere ma niente: erano spoglie come gli alberi in inverno. Stava per arrendersi. Un rivolo di sudore gli percorse la fronte, sia per lo sforzo che per l'ansia. Però, non era nella sua natura arrendersi e perciò continuò imperterrito la ricerca della tanto agognata ragazza.
Sentì un profumo familiare, un profumo che richiamava l'Ibisco. Nonostante fossero passati solo pochi giorni, avrebbe potuto riconoscerlo ovunque. Proveniva da una stanza la cui porta era rimasta aperta, a differenza delle altre. Vi entrò e la vide: era seduta sul davanzale con la finestra aperta, mentre fumava una sigaretta.
"Iman, oh cazzo, sei viva!"
Leon tirò un sospiro di sollievo, sorreggendosi il petto con la mano, coperta dal un mezzoguanto nero come la pece.
"Come puoi notare, sì" rispose, guardandolo dritto in quelle gemme vitree.
"Perchè non sei andata con gli altri? Los Illuminados stanno invadendo la città" le annunciò sbrigativamente.
"Guardali come sono tutti indifesi, impauriti, speranzosi di trovare salvezza" esordì, guardando il caos al di sotto di lei.
"E' una reazione normale. Sono in pericolo, come te, del resto"
"Vuoi che io sia onesta? Non ho paura che quei mostri mi facciano a pezzi. Ormai, ho perso tutto: la mia famiglia, i miei amici, tutta la mia vita. Non temo la morte, non più"
Leon si avvicinò a lei, prendendole la sigaretta dalle mani e portandosela alla bocca.
"Sai, anche io la pensavo così fino a poco tempo fa ma, alla fine, una ragione di vita la trovi per forza. Fa parte di noi umani" le disse, ispezionando la sua figura esile e femminile.
"Ad ogni modo, devi venire con me, che tu lo voglia o no. Se a te non importa della tua vita, lo farò io"
Quelle semplici parole riaccesero un po' di speranza nel cuore impietrito e nichilista di Iman. Ella si mise in piedi e lo guardò a sua volta. Indossava la solita divisa blu navy ed una giacca in pelle spessa di cuoio marrone. I capelli erano biondo cenere e leggermente scompigliati, la mascella contratta e le labbra violacee. Iman si avvicinò a lui e gli diede un abbraccio, che per quanto fosse durato poco, sorprese Leon che strabuzzò gli occhi. Nonostante fosse passato poco tempo, si era già fatto un'idea su di lei: una ragazza scontrosa e a tratti apatica.
Quel gesto così improvviso quanto genuino lo colse impreparato.
"Ora seguimi" le disse il ragazzo, prendendola per mano e correndo verso l'uscita. Salirono in auto, che dopo poco venne messa in moto. Si avviarono verso la parte opposta a dove Los Illuminados stavano attaccando. Ben presto si trovarono in una strada sterrata, contornata da alberi il cui colore verde virava da una tonalità chiara ad una più scura.
La ragazza dall'aria misteriosa e diffidente si girò verso di lui.
"Perchè mi stai portando via? Non sono speciale" gli chiese spinta da una genuina curiosità, corrugando la fronte.
"Te l'ho detto, il mio dovere è quello di proteggere le persone" rispose con un tono vago e gli occhi fissi sulla strada dinanzi a lui.
"D'accordo ma perchè proprio me?" continuò a insistere.
"Sei una persona come le altre, no? Quindi il mio dovere è portarti al sicuro"
Iman tornò a ispezionare l'ambiente circostante, spoglio e triste, non soddisfatta della risposta dell'agente. Che cosa le stava nascondendo? D'altronde ella era una ragazza come gli altri, non aveva niente di speciale, quindi perchè si ostinava a proteggerla?
Passò un'ora, poi un'altra. Entrambi erano esausti del viaggio, nonostante mancassero ancora svariate ore alla meta, ad Iman sconosciuta.
"Una stazione di servizio" disse Leon, accostandosi per fare benzina o, almeno, per accertarsi che ce ne fosse ancora. Del resto, erano molto lontani dai pochi centri abitati.
"Aspettami qui, non muoverti" le impartì, cercando una pompa che avesse benzina al suo interno e, per pura fortuna, la trovò, riuscendo a fare rifornimento. Iman annuì e si limitò ad osservare di nuovo l'ambiente circostante. Si stava annoiando.
Cercò nel cassetto dinanzi a lei se ci fosse qualcosa da mangiare: sentiva lo stomaco brontolare dalla fame. Vi trovò un pacchetto di biscotti, fortunatamente, oltre a una miriade di scartoffie e documenti vari. Uno in particolare attirò la sua attenzione. C'era proprio scritto Iman Jackson.
Fece appena in tempo a rimettere la cartella a posto mentre Leon rientrò in macchina: le gote erano divenute rosacee per la temperatura esterna, più bassa del normale.
"Che stai facendo?" sbraitò, guardandola con occhi inquisitori.
"Niente, cosa te lo fa pensare?" disse, cercando di sembrare ignara di ciò che aveva appena fatto.
"Il cassetto è aperto" rispose, prima di indicare l'oggetto con l'indice.
"Ho solo preso dei biscotti, calma, signor agente"
Leon stentò a crederci ma, del resto, non aveva nessuna prova che avesse fatto qualcosa che non le fosse permesso, quindi, continuò a guidare. Li aspettava ancora un lungo e tedioso viaggio.