16. il peso dei segreti

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La mente di Leon era in subbuglio totale

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La mente di Leon era in subbuglio totale. Non sapeva cosa fare, come proteggere Iman. Che cosa volevano quelle creature da lei e perchè ne erano così ossessionate? Non riusciva a trovare una risposta che lo potesse soddisfare pienamente. I documenti su cui basarsi erano pochi, le domande erano troppe. Lo sgomento prese il sopravvento su di lui, intento a guardare le strade deserte e disabitate.

In poco tempo, i due arrivarono al rifugio North e con estrema delicatezza, Leon prese la ragazza per i fianchi, aiutandola a scendere dal veicolo. La moto si era macchiata leggermente di sangue ed il viso della ragazza stava diventando sempre più pallido.

"Ora ti porto in infermeria, resisti" le disse, prima di prenderla in braccio ed entrare nell'imponente struttura. Una volta entrato nella stanza ove erano disposti garze e medicinali, poggiò Iman sul lettino e iniziò a rimuovere la benda, impregnata di sangue, dalla sua gamba.

"Merda" imprecò il biondo, faccia a faccia con il pericolo e la gravità della situazione. Con prontezza, prese dal cassetto del disinfettante e un filo per suturare le ferite.

"Farà male ma andrà tutto bene" la rassicurò, iniziando a ricucire la ferita. Iman strinse i denti e chiuse gli occhi come per estraniarsi dal dolore provato. Gli occhi le si inumidirono e le mani strinsero il tessuto del lettino in cui era sdraiata. Dopo alcuni estenuanti minuti, Leon avvolse il polpaccio di Iman con una garza pulita, prima aiutare la ragazza a scendere dal lettino.

"Grazie, Leon" gli sussurrò con voce flebile e tremolante, prima di far unire le sue labbra fredde con quelle del ragazzo in un dolce bacio che lo lasciò incantato. Egli la prese per i fianchi e la sollevò, girando su se stesso. A Iman scappò un sorriso genuino, cosa che non faceva da anni ormai. Le piaceva quella sensazione, quel calore umano che tanto le era mancato.

Per un attimo pensò che il tempo si fosse fermato, per un attimo le sembrò di essere in una bolla protettiva dove niente sarebbe potuto succederle. Leon era il suo barlume di speranza in un mondo a pezzi e dovette ammettere che si stava affezionando a lui più di quanto potesse immaginare.

Dopo averla medicata, Leon accompagnò Iman nella sua stanza e dopo averla adagiata sul letto, le rimboccò le coperte e le baciò la fronte, prima che la ragazza venisse cullata dalle braccia di Morfeo. Si prese un momento per osservarla: le labbra stavano riprendendo il loro colore ed erano incurvate in un sorriso gentile, i ricci scompigliati le ricadevano perfettamente sulle spalle. In quel momento si sentì davvero fortunato di stare in sua presenza, non desiderava nient'altro.

Uscì dalla camera di Iman prima di recarsi nel suo ufficio, seguito da Chris: aveva bisogno del suo aiuto. I due entrarono in quella stanza dall'aspetto anonimo e si sedettero alla scrivania. Il ragazzo estrasse dallo zaino i documenti degli Illuminados che aveva trovato durante le varie pattuglie.

"Questo è tutto quello che ho trovato. Non promette bene, per niente" esordì Leon con il volto intriso di preoccupazione mentre leggeva il documento trovato il giorno stesso

"Non posso darti torto, quelli sono pazzi e la cosa peggiore è che sono piombati qui senza una ragione, o almeno, così ci pare"

"L'altro giorno stavo combattendo contro di loro e ad un tratto si sono fermati e sono andati in una chiesa al suonare di una campana. Pronunciavano tutti la stessa frase come se fossero posseduti"

"Porca merda, Leon. Perchè sono ossessionati da Iman?" gli chiese Chris, rovistando tra i vari documenti sgualciti.

"Non ne ho la minima idea e questo mi terrorizza a morte"

"Tu tieni a lei, non è vero?" esordì di punto in bianco, guardandolo in quegli occhi blu oceano.

"Sì, Chris. Non voglio più nascondermi dietro a un dito"

"Lo avevo intuito. Beh, non posso fare più niente per impedirti di stare con lei"

"Grazie. Io voglio proteggerla, non posso permettere che le accada qualcosa, specie se si tratta degli Illuminados"

"Non ti preoccupare. Qui è al sicuro, tu continua ad allenarla e sarà in grado di difendersi da sola. Andrà tutto per il meglio" gli disse con aria rassicurante seppure ferma prima di dileguarsi.

A quel punto, il ragazzo venne lasciato solo con i suoi tormenti. Continuava a chiedersi senza sosta cosa volessero quelle creature da Iman, a che cosa servisse il suo sangue che reputavano puro e nobile. Un brivido freddo gli percorse la schiena e le mani gli iniziarono a sudare per l'ansia. In quel momento avvertì tutta l'impotenza riguardo alla situazione, cosa che lo fece andare in bestia, a tal punto che tirò un pugno sulla scrivania, facendola vibrare.

"Tutto okay?" esordì una voce femminile al di fuori dell'ufficio, prima di bussare.

"Entra, Ingrid" le rispose, riordinando i documenti prima di ricomporsi e rendersi più presentabile.

"Si tratta degli Illuminados?" chiese con fare tranquillo, un po' troppo data la gravità della situazione, prima di sedersi sulla sedia di fronte a Leon.

"Già, non so cosa vogliano da Iman. È tutto fuori controllo. Io- io non ce la faccio" disse con un tono spasmodico e sconsolato.

"Leon, è naturale che tu ti senta così. Ora, fammi vedere la cartella di Iman" gli intimò, al che il biondo gliela consegnò. Ingrid lesse ogni pagina con attenzione, scandagliando con minuziosità ogni parola.

"Iman Jackson, nata a Raccoon City il 21 Luglio 1983. La madre Helena Miller è morta uccisa mentre il padre Luister Jackson è scomparso lo stesso giorno per cause sconosciute. Non si sa se sia vivo o morto. Ipotizzano che sia stato rapito"

Fu in quel momento che Leon sentì il peso dei segreti gravargli sul petto. Sapeva troppe cose per poterle tenerle incamerate nei meandri della sua mente ancora per lungo. Il respiro si fece più affannato, le mani erano strette in due pugni. Ma non poteva lasciare fuoriuscire troppe informazioni, in primis per le persone a cui lo aveva promesso.

"Tutto bene?" gli domandò la ragazza con uno sguardo preoccupato sul volto.

"Sì, non badare a me. Continua pure a leggere, io vado a cercare altre prove" le disse come se nulla fosse. Aveva giurato di non dire niente a nessuno e non poteva fallire.

"Sei sicuro? Fuori sta facendo buio e tra poche ore scatta il coprifuoco" lo avvisò.

"Tornerò prima del tempo, ora devo andare"

E così, in quella sera fredda e desolata, Leon Kennedy era ripartito in cerca di risposte. Salì sulla sua fidata moto e premette sull'acceleratore. Avvertì una sensazione incombente di ansia e paura. Aveva sempre odiato i misteri, tutto ciò che non si potesse categorizzare e prevedere.

Ma questa volta era diverso. Il ragazzo stava per affrontare qualcosa di più grande di lui e la sola idea lo faceva fremere dal terrore. I tuoni si potevano udire in lontananza, segno del temporale che si stava avvicinando, il che contribuì a creare un'atmosfera ancora più tetra e oscura come un buco nero da cui si sentiva risucchiato.

Arrivò allo stesso villaggio in cui era stato poche ore prima, aprì il cancellò e notò che l'area era deserta. Riaprì il documento e notò che vi era disegnata anche l'immagine di un lago ed una cattedrale, luogo dove avrebbero voluto sacrificare la povera ragazza, inconsapevole di tutto quel male. Girovagò per il villaggio malandato per trovare indizi finchè non vide un cartello che indicava proprio il lago. Seguì il sentiero fino a trovarsi davanti ad un'immensa laguna dal colore bluastro, popolata da uno strano pesce dalle sembianze immonde.

Leon fece un sospiro e cercò di scovare in sé quel poco coraggio rimastogli per poi recarsi al porticciolo. Vi era situata una piccola barca in legno dotata di un motore anch'esso malandato anche se funzionante.

Forza, Leon.

Si continuò a ripetere prima di azionare la barca e partire mentre il cielo preannunciava un copioso temporale.

BLACK STAR - leon kennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora