|Leon Kennedy x OC|
Dopo gli eventi di Raccoon City, Leon S. Kennedy si ritrovò da solo, senza nessuno al suo fianco. La vita sembrò ritornare alla normalità quando venne scoperta l'esistenza di una congrega parecchio sospetta, motivo per cui gli v...
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Il mattino arrivò con la sua luce fioca e timida a risvegliare i corpi assopiti quanto intrisi d'amore. La notte precedente era stata sigillata da un patto eterno d'amore. Leon e Iman erano ancora l'una nelle braccia dell'altro sul comodo letto della ragazza dalle coperte profumate di ibisco, ancora disfatte. Un raggio di luce illuminò i volti di entrambi, i quali non badarono neanche alla sveglia. Finalmente erano liberi e nessuno li avrebbe più fermati: erano pronti per costruire il futuro che non si sarebbero mai sognati di avere.
Iman aprì gli occhi con calma, godendosi il profumo della stanza e sentendo il battito del cuore di Leon, il quale stava dormendo beatamente con un mezzo sorriso sulle labbra. L'espressione non era più contrita, la mascella era rilassata. I suoi capelli biondi come spighe di grano risplendevano con la luce del sole che trapelava dalla piccola finestra sul soffitto. La ragazza si alzò dal letto nonostante il suo corpo le suggerisse di restargli vicino.
Osservò il suo corpo allo specchio prima di scegliere i vestiti adatti alla partenza. Optò per dei pantaloni neri dritti fino alle caviglie, una camicia bianca e un tailleur dello stesso colore, ai piedi indossò qualcosa di diverso dalle solite converse bordeaux: un paio di scarpe con il tacco alto lucide. Lasciò i capelli ricci liberi di ricadere sulle spalle.
Una volta uscita dal bagno, notò che anche Leon era pronto: indossava anch'egli un completo elegante: La camicia bianca non troppo coprente lasciava intravedere gli addominali e pettorali scolpiti, frutto di molti anni di duro allenamento per diventare agente governativo mentre i pantaloni grigi mettevano in risalto le gambe muscolose e prestanti.
"Leon" Iman si morse il labbro inferiore "Sei semplicemente mozzafiato"
"Posso dire lo stesso" rispose il biondo avvicinandosi a lei e strizzando uno dei glutei sodi con delicatezza. Gli sguardi innamorati si incontrarono ancora una volta così come le bocche fameliche e febbricitanti d'amore in un bacio carico di affetto e passione. Dopo di che entrambi presero le valigie e si recarono all'ingresso dove gli altri membri dell'Intelligence americana li stavano aspettando per partire.
"Agente Kennedy, è stato un vero piacere lavorare con te. Hai fegato, ragazzo" esordì Luister Jackson tendendo la mano verso il ragazzo, il quale ricambiò la stretta con la stessa energia "E soprattutto, grazie per aver tenuto a bada Iman, non deve essere stato facile"
A quelle parole una risata fragorosa schiuse le labbra di Leon "Ha solo bisogno di una strigliata qualche volta"
Il signor Jackson fece una smorfia confusa a quelle parole. In fondo, riusciva a percepire che ci fosse una certa chimica tra i due che gli destava un po' di sospetti ma, del resto, non poteva impedire l'amore di due giovani. Leon aveva salvato sua figlia ed era questo ciò che importava di più. Successivamente, tutti si recarono alle rispettive auto dell'Intelligence per poi attendere l'arrivo a Washington. Ci avrebbero impiegato molte ore.
Leon guardava fuori dal finestrino della limousine lucidata, stringendo la mano della sua ragazza. Ancora gli veniva la pelle d'oca a pensare che ella fosse diventata tale. La sua era, in origine, una sorta di missione suicida che ben presto si trasformò in qualcosa di più profondo e travolgente. Il ragazzo, dopo anni passati nell'inquietudine e nella solitudine più totale, durante i suoi anni al militare, riuscì a scorgere uno spiraglio di luce che fu abbastanza da riscaldare completamente il suo cuore di pietra, diventato così per le circostanze.
Finalmente si potè lasciare alle spalle il passato tumultuoso: non era più quel ragazzo spaventato di Raccoon City ma un uomo con la consapevolezza che avrebbe potuto plasmare il suo futuro in qualsiasi modo avesse voluto. Iman, d'altro canto, non poteva essere più felice di così. Finalmente aveva trovato un po' di speranza nella vita dopo gli anni massacranti passati a credere di essere orfana e di non avere un futuro a cui guardare. Non poteva essere più grata a Leon per averle salvato la vita, dapprima appesa a un filo.
Il viaggio fu tranquillo, quasi rilassante: i due si persero a osservare la natura circostante che sembrava aver ripreso vita: gli alberi erano rigogliosi e gremiti di frutti succosi e colorati, i prati costellati da una moltitudine di fiori il cui profumo si fece strada nelle loro narici. Il cielo era d'un azzurro vivido e sgombro di nuvole.
Dopo svariate ore di macchina, tutti approdarono alla sede dell'Intelligence: un palazzo che si ergeva alto al loro cospetto. Le pareti erano bianche e decorate da colonne in stile ionico che supportavano la grande volta dell'ingresso dalle porte in vetro. Iman si meravigliò alla vista di tutto ciò, ne era venuta a conoscenza solo a ventitré anni dopo che il padre aveva speso la maggior parte della vita a tenere il suo lavoro nascosto.
Una volta arrivati all'ufficio del signor Jackson, uomini in divisa militare si schierarono ai lati della porta in legno per poi chiuderla. Il padre di Iman aprì, con una chiave nascosta dietro uno dei tanti armadi ricolmi di libri, la cassaforte da cui estrasse una medaglia d'oro prima di prendere il microfono in mano.
"Siamo qui riuniti oggi, per festeggiare non solo il ritorno a casa di mia figlia ma anche il successo del mio più fidato agente: Leon Scott Kennedy. Congratulazioni ragazzo" esordì con un sorriso soddisfatto sulle labbra, invitandolo ad avanzare verso di lui.
"Signore, che significa tutto questo?" chiese Leon, sbalordito quanto fiero. Si sistemò i capelli per poi raggiungerlo alla sua scrivania, percorrendo il pavimento di marmo coperto da un lungo tappeto blu. Ogni passo riecheggiava nelle sue orecchie, la testa alta e un'espressione soddisfatta sul volto.
"Voglio farti un regalo, Leon. Per tutti questi anni, non ti sei dimostrato solo un ottimo agente ma anche un leader di tutto rispetto. Per questo, voglio che sia tu a prendere il mio posto qui" disse con orgoglio, consegnando la medaglia dorata nelle sue mani.
"Signor Jackson, io...Davvero non so che dire, grazie"
"Ringrazia te stesso, ragazzo. Tutti ti siamo grati qui"
Un applauso caloroso lo accolse come un abbraccio e i suoi lapislazzuli lucenti brillarono di una gioia mai vista. Incrociò il volto di Iman, le cui labbra lucide e carnose erano distese in un sorriso smagliante mentre applaudiva e gli occhi ambrati erano umidi, lacrime di gioia le solcavano il volto giovane.
Ce l'aveva fatta ed era merito suo.
Ce l'aveva fatta e non poteva chiedere di più dalla vita.