dentifricio

408 19 13
                                    


Giuseppe appoggia un mazzo di fiori sul bancone
"Le persone" dice Giuseppe " si perdonano" Non ero mai stato un tipo da perdono.
Non perdonavo facilmente
"il perdono fa star meglio noi e fa star meglio loro"
Giuseppe è un uomo troppo buono.

Premevo il tubetto di dentifricio con forza, lo giravo lo rigiravo, mettevo il tappo toglievo il tappo.

Sapevo che non era finito, riuscivo a sentirlo
"Il dentifricio" dice Giuseppe mentre attacca dei fiori con un elastico verde" è come le persone, bisogna osservarle, vedere se il tubetto del loro cuore e pieno o no"

Premevo il tubetto, sapevo che al suo interno c'era ancora del dentifricio, riuscito a sentire la sua sostanza morbida attraverso il tubetto flessibile.

"Le persone non sono dentifricio" ascoltavo Giuseppe che parlava con estrema sapienza
"Non le puoi usare per pulirti i denti"

Vidi un po' di dentifricio uscire , i miei sforzi erano serviti a qualcosa.

"Per fare il pane ci vuole pazienza" mi spiegava mamma mentre metteva l'impasto a riposare
" Tutti hanno bisogno di un po'di pazienza"

Mi sentivo come un bambino, un bambino incapace di spremere un tubetto di dentifricio.

Appoggiai il dentifricio sullo spazzolino, dovevo lavarmi i denti prima di andare da Marco.

"Decidi tu chi essere" diceva Giuseppe indicandomi " vuoi essere l'incudine o il martello? Vuoi essere schiacciato o vuoi essere tu quello che schiaccia?"
Quello era il dilemma della vita.
Giuseppe era un uomo saggio lui queste cose le sapeva.

Mi lavai i denti e mi guardai allo specchio, ero pronto.

"Vuoi essere sicuro di te stesso e vuoi essere sminuito dagli altri?"
Ero abbastanza sicuro di me stesso , l'ero sempre stato.

Uscì di casa, presi la macchina.
Ero diretto a casa di Marco.

La mia mente continuava a pensare alle parole adatte da dire , pensava e pensava, non si fermava un minuto.
Gli occhi cercavano un posto non troppo lontano dove parcheggiare la macchina.
Io pensavo.
Martello o incudine?
Essere schiacciato o schiacciare?

Trovai un posto per la macchina , parcheggiai e scesi.
Suonai al campanello di casa di Marco
"Ale, sali" lui aprì il portone , sospirai.
Io ero il martello.

Aspettai con le mani sudate l'ascensore, quando arrivò entrai , mi guardai allo specchio e schiacciai il bottone per il 15 esimo piano.
Avevo bisogno di un suo abbraccio.
Ripensai a Lui, ripensai a me.
Ripensai alla sua voce nelle mie cuffie , ripensai alla mia mano che scorreva tra le mie gambe.
Appoggiai la testa a uno dei muri dell' ascensore.
Avevo bisogno di guardarlo, di rivedere i suoi occhi , di stringerlo tra le mie braccia.
Avevo bisogno di stringergli la mano , di fargli ascoltare le mie canzoni preferite.
Avevo bisogno di un suo bacio , una sua carezza , un suo sorriso.

L'ascensore si aprì e io guardai la porta davanti ad essa.
Io ero il martello, un martello che voleva essere abbracciato , un martello che voleva essere amato.

Uscì dalla ascensore e suonai il campanello, l'ansia si faceva largo dentro di me.
La porta si aprì
"Ale" lui mi guardò , io lo guardai.
"Ciao" lo salutai , lui fece un passo avanti verso di me, aprì le braccia e mi strinse tra esse.
Avevo bisogno di quel abbraccio.

Rimasi immobile, lui si allontanò
"Entra pura" fece un passo indietro verso l'interno della sua abitazione e io lo seguì al suo interno.
Chiuse la porta e io sobbalzai al rumore che produsse.
"Ora mi lasci spiegare vero?" Disse incrociando le braccia, io annuì
"Si."lo guardai , guardai I suoi occhi scuri.
Ripensai alla mia bocca che si apriva quando sentivo la sua voce nelle cuffie.
"Siediti" il suo sguardo era serio anche il mio lo era.

Veglio su di te, io sono il tuo guerrieroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora