Capitolo 1 - Alira

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«Dove te ne vai?» le chiese Vigo, sollevando gli occhi dall'opera che stava plasmando dal legno.

«Vado a vedere l'arrivo del barone di Montier. Tutti ci vanno» rispose in fretta Alira, dopo aver agguantato la maniglia di quel portone arrugginito, troppo pesante per una bambina di appena tredici anni.

Aveva capelli corti da maschiaccio color lilla, occhi di giada e lineamenti delicati.

«Va bene, ma torna prima del crepuscolo e non andare nei pressi del bosco come fate di solito tu e quei quattro rompiscatole dei tuoi amici.»

«Sì, zio!»

«Fa' come ti ho detto!»

Prima che potesse pronunciare queste parole, Alira era già sfrecciata fuori dal laboratorio.

Quanta pazienza che ci vuole!, pensò Vigo, seguendola con lo sguardo.

Alira corse così veloce da consumare quasi del tutto la suola delle scarpe. Si precipitò dall'altra parte del quartiere delle botteghe, e poi giù verso le fattorie vicino alle mura della città di Mifa. Aveva un appuntamento con i suoi amici, gli altri bambini della parte plebea della città, così come la chiamavano i nobili, i cortigiani e i leccapiedi che bazzicavano attorno al castello, quelli che si spacciavano per abili adulatori quando disquisivano di politica con i plebei e si mostravano per quello che erano con i potenti di Mifa.

Ad Alira non interessavano quei discorsi. Sapeva bene di dover restare al proprio posto e di non dover arrecare disturbo ai signori delle classi sociali più alte. Quello che, invece, proprio non voleva era accasarsi, per quanto ormai stesse arrivando il momento. Avrebbe tanto voluto viaggiare e correre incontro al destino, o per meglio dire all'avventura.

«Talos, ci sei?» urlò Alira dalla strada.

«È arrivato? È così, vero?» chiese lui sporgendosi dalla finestra, i capelli biondi e gli occhi azzurri come il mare.

«Non credo! Dovrebbe arrivare prima del tramonto.»

«E allora che si fa?»

«Boh!»

«Tu prendi questo, mio caro, e vai a consegnarlo al vecchio Maurice» intervenne la mamma di Talos, una signora grassoccia sporca di carbone.

«Va bene» rispose Talos, trattenendo uno sbuffo che gli sarebbe costato uno schiaffone.

La signora grassoccia gli si parava di fronte dritta come un fuso, le mani sui fianchi, prima di indicare un cesto di vimini colmo fino all'orlo di carbone.

«E vedi di tornare subito! Non sparire come tuo solito» gli intimò la madre scuotendo il dito minacciosa. «E questo vale anche per te, ragazzina. Guai a te se porti mio figlio in giro a fare chissà che, capito?»

«Io non porto suo figlio a fare chissà che in giro, chiaro?» rispose piccata Alira.

La mano grassoccia della donna si abbassò su di lei mancandola per un pelo. Alira era riuscita a schivarla e a portarsi fuori dalla sua portata.

La donna sollevò il cesto di vimini, lo assicurò alla schiena del figlio a mo' di zaino e, dopo un'ultima raccomandazione, li lasciò andare. Alira dovette rallentare il passo per non lasciare indietro l'amico, mentre si dirigevano verso la casa del vecchio Maurice, un calzolaio che, nonostante la veneranda età, lavorava ancora.

«Buongiorno, signor Maurice» esordì Talos appena lo vide.

Maurice, oltre a essere sordo come una campana, era alle prese con le rifiniture di un paio di stivali commissionatigli dal conte Devolant in persona, cosa che reclamava e assorbiva la sua completa attenzione.

Lo spettro di AmaraxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora