Capitolo 13 - Scorta armata (Parte 2 di 2)

5 2 0
                                    

I soldati borbottavano tra loro, rilassati, quasi stessero facendo una scampagnata, mentre Muscatt era all'erta. Preferiva contare sulle proprie forze e sui suoi uomini e anche il tenente Stell condivideva.

Aristides, dal canto suo, si era messo in disparte. Sembrava avesse bisogno di pensare e il capitano decise di concedergli un po' di spazio, pur tenendolo sempre d'occhio, la mano pronta a sguainare la spada all'occorrenza.

Niente pagamento... niente pagamento... niente pagamento? E la convocazione di fronte all'intera Adunanza. Perché i maghi che governano Amarax sono tanto interessati a questa ambasceria?

Il barone aggrottò la fronte, cercando di far venire i nodi al pettine.

Devo trattare, anzi aprire un canale di comunicazione tra l'impero e il mio regno con i regni dell'ovest. Allora cosa c'entra Amarax? Cosa c'entra l'Adunanza? Forse sperano di ingraziarsi l'imperatore facendo il tutto gratuitamente. Ma che senso ha? L'imperatore Meltero è l'uomo più ricco di questo continente e probabilmente del mondo. Per lui qualche centinaio di corone d'oro sono spiccioli. Allora perché? C'entra di sicuro la politica.

Guardò in avanti verso lo spettro che gli aveva salvato la vita.

Potrei chiedere a Baltigo altre delucidazioni, ma dubito che abbiano rivelato agli spettri le loro vere ragioni.

Aristides si torturò con quelle domande ancora a lungo, finché Muscatt non lo riportò alla realtà e non gli consigliò di dormire quanto più possibile.

«Gli spettri sono infaticabili e ci tortureranno anche domani» gli aveva detto e Aristides aveva convenuto.

Il barone cercò gli spettri con un rapido sguardo buttato qua e là, ma non li ritrovò. Si erano mimetizzati nell'oscurità e vegliavano sull'ambasciatore come gufi che tengono sotto controllo il bosco nel fitto brusio della notte.

«Forza, in piedi!» li spronò Muscatt.

Aristides fu svegliato di soprassalto. Bevve, mangiò un pezzo di formaggio e della carne essiccata assieme ai soldati e si preparò per rimettersi in marcia.

Il tenente mandò un paio di soldati a fare rifornimento d'acqua mentre Aristides si dava una lavata in riva al rigagnolo.

Muscatt non lo perdeva d'occhio un solo istante; in effetti lo pedinava.

«Prendete molto sul serio il vostro compito, capitano» commentò Aristides.

«Questo è il mio dovere: farvi arrivare a Fegomir sano e salvo anche a costo della vita.»

«Dovete anche farmi tornare a Mifa sano e salvo, quindi non abbiate troppa fretta di rischiare la vita. Se volete lavarvi, posso fare io la guardia a voi, non appena avrò finito.»

«Sì... beh... quasi quasi accetto!»

Così fecero. Aristides si rivestì e raccolse la spada da dove l'aveva lasciata, tra i sassi, mentre il capitano si lavò la faccia e si diede una sistemata.

Il barone era attento a ogni rumore. La situazione gli sembrava stranamente tranquilla, anche troppo.

Dov'erano gli spettri? Perché non si facevano vedere?

Baltigo ha detto che avrebbero vegliato su di noi senza che ce ne accorgessimo: o sono particolarmente bravi in questo o è successo qualcosa.

Le paure di Aristides erano infondate. Lui lo ignorava, ma dodici occhi studiavano ogni suo movimento, in attesa che gli uomini fossero pronti a rimettersi in viaggio.

Furono pronti in meno di un'ora e, quando ebbero terminato di sellare i cavalli, gli spettri sbucarono in groppa ai loro.

«Rimettiamoci in marcia. Ne abbiamo di strada da percorrere» li esortò Baltigo.

Lo spettro di AmaraxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora