Capitolo 16 - In viaggio verso Volr (Parte 2 di 4)

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Superato il ponte, avrebbero dovuto continuare in una fitta distesa di rovi e sterpaglie punteggiata da alberi di età diversa che facevano più o meno ombra.

Aristides si guardava intorno e dava lo sguardo al cielo in cerca degli spettri, ma invano. Vedeva solo uno strato di sterpaglie seccate al sole.

I cavalli avanzavano accompagnati dal canto dei grilli che saltavano loro addosso e dai versi poco rassicuranti di altri animali in lontananza.

«Che cosa è stato?» domandò Aristides.

«Animali!» esclamò Stell.

«Sì, ma quali?»

«Molte creature girovagano da queste parti: leoni di montagna, volpi, lupi, orsi, serpenti, ragni e insetti vari. Non sempre le bestie più grandi sono le più pericolose» rispose Baltigo.

«Dobbiamo stare attenti anche agli insetti, spettro?» chiese aspro Stell.

«Non passate sotto agli alberi con i rami disposti a raggiera e che guardano verso l'alto.»

«Ti interessa la nostra incolumità, adesso?»

«No.»

I soldati lo odiavano con ogni fibra di loro stessi, ma i consigli di Baltigo erano saggi e avrebbero dovuto farne tesoro, invece di ignorarli. Uno passò sotto quello strano albero dai rami che disegnavano una sorta di coppa e da cui spuntavano piccole foglioline verdognole e spesse. Appena fu sotto la sua ombra, un soldato scoprì suo malgrado che quelle escrescenze verdi non erano foglie, ma insetti. Piovvero sul malcapitato ricoprendolo da capo a piedi assieme alla sua cavalcatura.

«Toglietemeli! Toglietemeli!»

«Merda! Ma che cavolo è?» esclamò Stell.

«Sono gubitiche: insetti carnivori. Vivono in colonie su questi particolari alberi, le manviti. Spolpano la carcassa di un orso in mezz'ora» spiegò calmo Baltigo.

«Come le cacciamo via?» chiese disperato Aristides.

«Serve un fuoco!» urlò Muscatt.

Il poveretto urlava e chiedeva aiuto. Il suo cavallo stramazzò a terra e l'uomo con lui. Strisciava e implorava aiuto tendendo loro la mano.

«Forza, raccattate qualcosa e accendete il fuoco!» li spronò Muscatt.

«Non è necessario. E non toccatelo, anzi stategli alla larga» li avvertì Baltigo.

«Usa un incantesimo! Fa' qualcosa!» urlò Aristides.

«Stanno già mangiando la carne» fece notare Baltigo.

L'uomo urlò atrocemente finché poté, poi si accasciò a terra. Le gubitiche finirono il lauto pasto e smisero di spolpare le carcasse dell'uomo e del cavallo quando non ci fu più niente da mangiare. Una volta terminato, risalirono sulla manvite e ripresero a dormire, aggrappate ai rami.

«Pen-pensavo c-che ci avr-avrebbero man-mangiati tu-tutti» balbettò Stell, il corpo tremante da capo a piedi.

«Sono sazie. Resteranno sulla manvite per qualche settimana prima di attaccare qualche altra preda» spiegò Baltigo, piano.

«Meglio seguire i consigli dello spettro d'ora in poi» disse Muscatt, la fronte madida di sudore.

Nessun altro osò avvicinarsi alle manviti. Andarono oltre, molto oltre. Baltigo sapeva che gli altopiani di Goria erano al di là di una striscia paludosa che mal si addiceva al passaggio a cavallo.

Il paesaggio della palude apparì ai loro occhi al di sotto di una scarpata.

«Dobbiamo attraversare quella fanghiglia?» domandò Aristides.

Lo spettro di AmaraxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora