Capitolo 6 - Verso la città dei maghi

68 23 130
                                    

Alira avvisò Vigo della sua imminente partenza, ma la notizia venne purtroppo accolta nel modo che si attendeva.

«No, Alira!» sbraitò Vigo. «Non te ne puoi andare via così da un giorno all'altro. E con uno spettro per di più!»

«Ma te l'avevo già detto che sarei partita!»

«Partita? Senza il mio permesso? Tu sei una donna ormai e non ti muoverai da qui senza il mio consenso; anzi potrai solo quando ti sposerai e con l'approvazione di tuo marito.»

«Cosa?»

«Oh, non guardarmi così. È quello che prevede la società.»

«Le donne possono essere maghe e le maghe non sono obbligate ad avere marito. E io sarò una maga, che tu lo voglia o no.»

«Pensi di andartene senza il mio benestare?»

«Sì, è quello che accadrà. Se verrò rinchiusa, scapperò grazie alla magia. Sai che lo farò. Speravo di salutarti con un sorriso, ma forse sbagliavo...»

Alira andò in camera sua con l'amarezza in bocca per le parole che aveva appena pronunciato. Possedeva un vecchio baule dall'ossatura in legno e foderato di cuoio. Era piuttosto logoro, ma per quel che serviva andava bene; era capiente ma non ingombrante, pesante forse, ma delle cose che ci stava mettendo dentro aveva bisogno: ognuna era un ricordo della sua vita. C'erano regali e piccolezze di tutti i giorni e realizzò, mentre le metteva nel baule, che avrebbe portato Vigo e i suoi amici con sé. Le dispiaceva molto andarsene dopo aver litigato con suo zio e, finiti i bagagli, si sdraiò sul suo letto di paglia fissando le travi che reggevano il soffitto.

Le fu impossibile addormentarsi: era troppo agitata. Prese a girarsi e rigirarsi nel letto. Ogni tanto buttava l'occhio fuori dalla finestra, nel buio della notte in cerca delle stelle o della luna. La fioca luce di una candela si fece avanti nella stanza.

«Ehi...» sussurrò dolcemente Vigo. «Sei sveglia?»

«Sì, perché?» domandò di rimando, girandosi sul fianco verso di lui.

«Perché credo sia giusto che tu parta con la mia benedizione.»

Gli costò moltissimo dirlo.

«Davvero?» chiese, alzando la testa e appoggiandosi sui gomiti.

«Sì, davvero. Mi hai detto qualcosa di giusto. Posso provare a impedirtelo, ma non vuol dire che ci riesca; anzi... finiresti per odiarmi e basta. È l'ultima cosa che voglio.» Vigo afferrò una seggiola e la trascinò sotto di sé. «Le mie parole sono la mia preoccupazione. Non mi importa se il mio sangue non ti ha dato la vita: tu sei mia figlia. Sempre e in qualunque modo la vuoi mettere, tu sei mia figlia. Sarò sempre preoccupato per te. Ti prego, stai attenta durante il viaggio e non fidarti troppo dello spettro. Dicono siano strani e crudeli.»

«Non mi sembrava crudele.»

«Usa i tuoi occhi, ma rifletti su quello che vedrai. Potrà mantenerti viva.» Vigo si alzò e fece per uscire.

«Papà...»

«Sì...?»

«Grazie, e... starò bene. E tu starai bene senza di me?»

«Ci proverò. Sei ancora qui e già aspetto il tuo ritorno» commentò, nascondendo una lacrima tra i sorrisi.

«Tu sei mio padre e sarai sempre mio padre.»

«Ricordati che avrai sempre una casa a cui tornare quando vuoi.»

Vigo uscì dalla stanza e Alira, con il cuore sereno, si addormentò.

L'alba era vicina ed è strano ciò che passa per la mente prima di partire: Alira pensò che per un bel po' di tempo sarebbe stata lontana da casa, che avrebbe lasciato tutto ciò che conosceva, che avrebbe visto altri posti cui affezionarsi o da odiare, che avrebbe incontrato persone da ammirare o da detestare. Si buttò giù dal letto e trascinò il baule a fatica fuori dalla stanza. Vigo le si parò davanti, sollevò il bagaglio e lo portò fuori al posto suo.

Lo spettro di AmaraxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora