Capitolo 17 - La Vahl (Parte 2 di 2)

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Gavister era circondato dai golgothiani che gironzolavano lì intorno.

Nessuno di loro sembrava curarsi di lui e il ragazzo voleva risposte; quei tre stavano andando da chi poteva fornirgliele.

Era andato curiosando per l'insediamento, ma non era mai incappato in quella strana figura. Doveva vivere isolata rispetto ai clan.

Devo vederla. Devo sapere dove sta. Ho un mucchio di domande da farle prima di andarmene.

Gavister aveva deciso: li avrebbe seguiti senza farsi notare, come solo un gatto avrebbe potuto fare. Li seguì fino a una collina che stava pacifica ai piedi di una montagna coperta da un fitto bosco.

Su quella dolce collina sorgeva un Pta'Mon dalle dimensioni molto più ridotte e a pianta esagonale.

Gavister si mosse silenzioso nel fitto dei cespugli, esaminando le mosse dei tre.

Hugai poggiò la sua lama, l'arco e le frecce sulla soglia del Pta'Mon, appena all'esterno, poi entrarono.

La strana golgothiana li attendeva in piedi, il bastone che la sosteneva e che, talvolta, tintinnava per le ossa che pendevano da esso.

La Vahl dava l'impressione di portarsi parecchi anni sulle proprie spalle. La sua pelle era rugosa e cianotica, gli occhi vispi e i capelli raccolti in treccine a cui erano appesi dei ninnoli che tintinnavano con il vento.

I suoi ospiti si inginocchiarono subito al suo cospetto senza che lei lo chiedesse.

«La Vahl ci ha chiamato e noi ci presentiamo come tradizione vuole» esordì Unnak.

«La Vahl ve ne è grata» rispose lei.

Parlavano in golgothiano e, anche se Gavister era in una buona posizione per sentire, non capiva un'acca. Poteva, però, intuire la piega presa dalla conversazione dalle reazioni e dai comportamenti, visto che scorgeva le loro sagome anche dal cespuglio in cui si era nascosto.

«Perché la Vahl ci chiama?» chiese Unnak.

«Vi ho convocati per questioni importanti che riguardano il vostro clan e, quindi, l'equilibrio di tutta la comunità.»

«Ebbene che la Vahl parli!» esclamò Hugai.

«Gli indugi creano agitazione» intervenne Unnak.

«I giovani dovranno essere indirizzati sulla via dei rispettivi clan secondo le nostre tradizioni e i nostri ideali. Hai chiesto tu la Muhtak, Hugai. Sai cosa comporta?»

«Sì, Vahl. Perfettamente!»

«Il cucciolo d'uomo è sopravvissuto al rituale, ma ancora non fa parte a pieno titolo del tuo clan. Si è guadagnato il rispetto dei tuoi guerrieri...»

«Grazie alla Vahl» la interruppe Hugai, che si guadagnò uno sguardo di rimprovero da parte di Unnak.

«Grazie a sé stesso. Come ho avuto modo di dire questa mattina: "Lo spirito del fuoco arde nel cucciolo d'uomo". Unnak, tu sei un vohnir. Ne comprendi di certo l'importanza.»

«Dimmi cosa fare e io lo farò» si limitò a rispondere Unnak.

«Il fuoco distrugge, ma la forza che brucia può servire per costruire qualcosa di migliore. Brucia le case di un popolo e lo annienterai. Brucia un campo e lo renderai fertile e dovrai solo attendere che maturino i frutti che avrai seminato.»

«Comprendo» disse Unnak.

«Gli insegnerò. Seguirà la via del clan» la rassicurò Hugai.

«Il cucciolo d'uomo sarà difficile da educare alle nostre tradizioni. Proviene da un mondo lontano dal nostro.»

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