Era la prima notte della compagnia in quella landa desolata. Baltigo si era riunito agli altri spettri, mentre i soldati si organizzarono per dormire.
Muscatt prese subito in mano la situazione e stabilì i turni di guardia, ordinando a quelli fuori turno di non rilassarsi troppo, anzi di dormire con un occhio sempre aperto.
Gli spettri non avevano di questi problemi: non si coricavano e non si stancavano. Mescolati nell'oscurità, circondarono il perimetro di quell'accampamento improvvisato, levarono il pugno chiuso e usarono un potente incantesimo di occultamento collettivo: nessuno avrebbe potuto vedere gli uomini accampati.
Mantenere un incantesimo tanto potente per tutta la notte sarebbe stato impossibile per un singolo spettro, ma una mezza dozzina avrebbe avuto successo.
Nessuno li disturbò quella notte e i soldati di scorta fecero la guardia a turno per niente; eppure Baltigo li avvertì che sarebbe stato inutile e che avrebbero pensato a tutto gli spettri, ma la diffidenza di Muscatt l'ebbe vinta ancora una volta.
«Niente di strano?» chiese il capitano ai soldati di guardia.
L'alba stava sbucando dall'orizzonte, dando l'impressione di essere a portata di mano.
«No, niente» confermarono all'unisono.
Gli spettri interruppero l'incantesimo di occultamento e Baltigo si riunì ai soldati.
La traversata proseguiva così, in marcia di giorno e accampati alla bell'e meglio di notte. Ogni tanto si imbattevano nelle tracce di qualche animale, ma nulla di più, almeno fino al quinto giorno.
«Che cosa c'è, Baltigo?» chiese Aristides.
Lo spettro, che li precedeva, si era fermato improvvisamente. Alzò il braccio e fece loro segno di arrestare la marcia.
«Tracce» rispose lo spettro.
«Di cosa?» domandò Aristides.
Quando si affiancò a Baltigo, poté vedere con i propri occhi: l'erba era stata calpestata così tante volte che un solco era stato scavato in quell'oceano di steli.
«Ah, una mandria!» esclamò Aristides.
«No, un'orda» lo corresse Baltigo.
«Golgothiani!» chiarì Muscatt, la voce ridotta a un filo.
«Maledizione! Sono vicini?» chiese Stell, la spada sguainata mentre la truppa si armava pronta a combattere.
«No» rispose Baltigo, imperturbabile. «Sono passati qualche giorno fa.»
«E tu come lo sai, spettro?» domandò Stell, una palpabile agitazione nella voce.
«Vanno e vengono. Ogni tanto sconfinano e saccheggiano qualche villaggio, soprattutto nei regni dell'ovest; poi se ne ritornano da dove sono venuti.»
«Golgoth dista molto?» chiese Aristides.
«Qualche giorno. La pianura è molto vasta e non sappiamo in quale punto si siano insediati.»
«Avranno bisogno di acqua, quindi saranno vicini al Mirith» ipotizzò Muscatt.
«Probabile. Mettete via le spade. Non sono nei paraggi» li rassicurò Baltigo.
«Ne sei proprio certo?» chiese Aristides.
«Quando l'orda passa, fa tremare la terra e niente sta tremando, a parte i soldati della tua scorta.»
Baltigo li spronò a procedere più speditamente. Il Mirith era prossimo a mostrarsi. Il suo scorrimento si faceva sentire con una voce chiara e limpida e i suoi flutti gridavano infrangendosi tra le rocce. I carri faticarono ad arrivare al ponte che Baltigo aveva indicato sulla mappa, visto che si innestava su un'altura.
STAI LEGGENDO
Lo spettro di Amarax
FantasyQuando incontrano uno spettro, una creatura frutto di un incantesimo e proveniente dalla città dei maghi, la vita di tre ragazzi cambia radicalmente. Alira seguirà lo spettro per realizzare il proprio sogno di diventare una maga provetta, Talos si a...