Capitolo 9 - Amarax (Seconda Parte)

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Aveva ancora molto da vedere, ma il pensiero dell'esame non la lasciava in pace; per quanto tentasse di rilassarsi e di stare calma, la sua mente era focalizzata soltanto su quello.

Non devo allontanarmi troppo. Devo poter tornare alla scuola in dieci minuti. Dieci minuti! L'esame potrebbe cambiare la mia vita per sempre. Se lo superassi, avrei l'opportunità di diventare una maga. Se fallissi, il mio sogno andrebbe in pezzi.

Mentre pensava, fu catturata da una melodia che si faceva largo, sottile e armoniosa, tra la folla. Era come sentire un sussurro, che non avrebbe mai potuto udire, non in mezzo a tutto quel baccano. Sembrava che quei suoni stessero cercando proprio lei e nessun altro pareva essersene accorto. Le note di quella sinfonia formavano gli anelli di una catena invisibile che lei sola nei dintorni era in grado di sentire. La afferrò e la attirò a sé. Svoltò in una strada laterale e poi in un'altra e in un'altra ancora; infine si trovò in mezzo a una piccola platea che fissava una fontana. L'acqua sprizzava dalle bocche di serpenti in marmo che si districavano sotto la statua di un mago seduto a gambe incrociate e con le braccia protese in avanti.

Solo allora Alira capì da dove provenisse quella melodia. Un uomo alto e di rara bellezza era sdraiato, sorretto dalle braccia della statua. I capelli biondi fluttuavano nel vento come fili d'oro, gli occhi socchiusi e una cetra fra le mani. Le sue dita si muovevano sullo strumento, le corde vibravano e la melodia usciva una nota alla volta.

Alira, nell'ascoltare quel sussurro che era rimasto dello stesso volume, si sentì leggera, rincuorata e senza preoccupazioni al mondo. Avrebbe potuto goderne per l'eternità senza muoversi mai da lì. Il tempo non aveva valore; come avrebbe potuto in quel magico limbo? Alira restava in silenzio, la bocca semiaperta e lo sguardo puntato sull'uomo.

Il musico che incantava quelle poche selezionate persone era un mago; e quale magia poteva essere più attrattiva della musica? L'uomo si chiamava Edolas e si divertiva a intrattenere coloro che sapevano apprezzare la sua forma di magia. Avrebbe saputo ammaliare chiunque e sarebbe stato facile per lui condizionare e manipolare il suo selezionatissimo pubblico, se solo lo avesse voluto, ma per Edolas queste esibizioni erano un passatempo fine a sé stesso.

«La musica è un tipo di magia compresa da anime di rara sensibilità» concluse il musico.

Tuttavia le sue dita facevano vibrare ancora le corde della cetra. Edolas amava giocare con le emozioni altrui: farle sbocciare e tramontare, finché la noia non si impadroniva di lui.

«La vostra anima è così sensibile da avervi condotto da me, ma la vostra volontà è tanto debole da non potersi opporre al mio incanto.»

Le parole pronunciate da Edolas si perdevano nell'aria e le orecchie dei suoi spettatori sentivano soltanto la melodia della cetra. Alira era rapita come gli altri, quando un pensiero, o meglio il ricordo di qualcosa, prese a bussare alla porta della sua mente. Era qualcosa che doveva dire? Qualcosa che doveva fare? Forse sì, ma cosa?

Per sua fortuna, Edolas smise di suonare all'improvviso. Una ventina di persone riebbero coscienza di sé, come se si fossero appena riprese da un lungo torpore, il cuore leggero e il corpo completamente rilassato.

«Cosa è successo?» chiese uno.

«Ricordo di essere arrivato qui» rispose un altro.

«C'era una melodia» disse Alira.

«Una melodia?»

«Era dolce e delicata, quasi un sussurro.»

«Molto brava!» se ne compiacque Edolas. «Suonavo io quella melodia. Non temete, brava gente! L'unico effetto che ha questa mia musica è alleggerire l'anima di chi la ascolta.»

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