Ciò che resta delle mie radici

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|| MINHO POV ||

"Talvolta immagino di poter essere qualcun altro sai? Ho sempre guardato con gelosia e invidia la vita di Hyunjin" poggiai i gomiti sulle ginocchia sorridendo appena. 

"Una famiglia, degli amici, essere felici, tristi, piangere ed essere proprio come un ragazzo come altri, includendo tutto ciò che di bello e brutto implica l'essere vivi.
Io non sono mai stato quello che tu hai conosciuto… non sono mai stato così con nessuno a dire il vero, però..." sollevai il capo per guardare quegli occhi lucidi che avevo davanti. "Non so perchè con te sono così" confessai.
"Min-" 
"No, lasciami parlare sennò non credo che ci riuscirò più, sono cose che non voglio rivivere" chiusi gli occhi per tentare di isolarmi dall'ambiente circostante, immaginando di star parlando con me stesso solamente.

"Sono cresciuto in orfanotrofio, non ho mai conosciuto i miei genitori, so soltanto che mi hanno abbandonato lì appena nato. Crescendo, mi resi conto di essere differente dagli altri bambini dell'istituto: loro ridevano, scherzavano, giocavano, mentre io non riuscivo nemmeno a comunicare con qualcuno. Era come se non avessi la capacità di parola anche se in realtà la possedevo...era più un rifiuto, se così possiamo dire.
Vedevo gli altri bambini ridere e piangere, arrabbiarsi e abbracciarsi mentre io li scrutavo da lontano e tentavo di riprodurre quei loro comportamenti con il cuscino del mio letto immaginando fosse una persona. La verità però era che non riuscivo a capire il perché si comportassero così, perchè ero io a non comprendere me stesso,  non riuscivo a capire nemmeno i più semplici comportamenti legati a quelle cose che le persone chiamano emozioni.

Le tutrici ovviamente, notando i miei atteggiamenti alquanto strani, decisero di portarmi da una psicologa e fu così che scoprii dell'alessitimia…solo allora collegai tutto: la mancanza nel capire gli altri e me stesso, la mia mancata capacità di esprimermi e capire i miei sentimenti e le diverse emozioni.
Sai, forse la mia incapacità di parlare era proprio legata a questa mia condizione. 
Ora immagina un bambino orfano che soffre di alessitimia e insonnia, che sta sempre in disparte e per di più non parla, e beh, eccoti il quadro di un bambino che non verrà mai adottato ma sempre compatito e giudicato.

In questa vita a dir poco soffocante però, le tutrici mi diedero una buona educazione, mi lasciavano praticare gli sport e mi permisero di fare il provino per entrare in un'agenzia per diventare un ballerino professionista...fu in questi anni che conobbi Hyunjin. 
Ecco...Hyunjin a differenza delle altre persone era qualcuno che aveva un grandissimo e inconsapevole dono: parlava e ascoltava in silenzio e nel silenzio. 
Forse questa sua capacità, era dovuta alla sua innaturale delicatezza, alla sensibilità con la quale trattava qualsiasi problema e qualsiasi persona...ma lui fu il mio primo vero e proprio amico con il quale decisi di infrangere quel silenzio e mostrare la mia voce.
Non mi giudicava, mi stava accanto quando gli altri mi definivano strano e si allontanavano. Hyunjin  invece ascoltava i miei silenzi e li capiva, capiva ogni mio silenzio proprio come se stessimo comunicando e così decisi infine di parlargli.

Anni dopo però, la notte del mio diciassettesimo compleanno, qualcosa cambiò: tutta la vita trascorsa nel silenzio crollò e mi ritrovai da quella notte, con la testa piena zeppa di domande.
Da quella notte, la casa in cui il mio inconscio risiedeva fu aperta e, con essa, ciò che prima era dormiente e malato, si risvegliò giorno dopo giorno.
Caddi in una sorta di depressione post-traumatica che mi impedì del tutto di comunicare con il mondo reale...qualcosa stava cambiando e presi tale "risveglio" come una vera e propria morte.
Sei lunghi, lunghissimi anni mi ci vollero per sistemare e accettare parte di quello che mi stava accadendo. 
Sei lunghi anni in cui ebbi la fortuna di poter appoggiarmi alle spalle di Hyunjin quando tutto diventava troppo...ma quelle spalle, talvolta, non erano abbastanza per sorreggermi.
Quella notte fu come morire e tornare in vita, i-io non so come spie-".
"So di cosa stai parlando" intervenne Ji guardandomi diritto negli occhi, come se fosse confuso da quella mia confessione. "N-non dirmi che..." dissi sorpreso, ricevendo un segno di consenso dall'altro.

Tre Vite  ||Minsung||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora