12 - Confusione e distanza

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**Satori**

Il sole filtrava attraverso le tende, dipingendo fasci di luce sul lenzuolo bianco. Mi svegliai con il calore di Hope accanto a me. Mi voltai a guardarla, dormiva a pancia in giù con il volto sereno rivolto verso me. Mi dava un senso di pace il suono calmo e leggero del suo respiro. La osservai meglio per catturare ogni dettaglio di quella visione quasi innocente, ma un senso di colpa mi avvolse come un'ombra sinistra.

Guardai i segni sul suo corpo, segni della mia disperazione, del mio bisogno di aggrapparmi letteralmente a qualcosa per fuggire dalla realtà. La sua schiena nuda era invasa dai solchi lasciati dalle mie unghie. Avevo esagerato. Mi sentii nauseato. Le spostai delicatamente i capelli per osservare meglio la mia odiosa opera. Il suo collo, le sue spalle, erano pieni di lividi e morsi. Che cosa le ho fatto? Quello che era iniziato come un momento di sfogo e piacere ora si trasformava in tormento.

Senza far rumore mi alzai dal letto. Mi vestii in fretta, sentendo il peso del mio errore pesare sulle mie spalle. Dovevo andarmene. Dovevo sparire, senza scuse. Volevo sfogarmi su di lei, volevo dominarla, e lei senza dire nulla me lo aveva lasciato fare. Fino quasi a farle male. Stava diventando pericoloso per lei starmi accanto. Hope meritava qualcosa di meglio, qualcuno di meglio, qualcuno che non fosse un mostro distruttivo.

"Scusa" bisbigliai, nel silenzio della stanza, e senza guardare indietro, uscii dalla porta.

La giornata successiva fu un incubo. Ogni volta che vedevo Hope da lontano mi sentivo sprofondare. Invece dei soliti collant trasparenti indossava calze nere sotto la divisa, probabilmente per coprire altri segni. Al collo indossava un foulard con scarso successo, i lividi si intravedevano perfettamente.

Volevo provare ad avvicinarmi e scusarmi, ma ogni volta sentivo le parole morirmi in gola. Non c'era nulla che potessi dire per giustificare il mio comportamento, per lenire il dolore che sicuramente stava provando.

Durante tutta la mattinata mi inviò messaggi. Li cancellai senza neanche aprirli. Non volevo sapere cosa pensasse di me. Durante la pausa pranzo, invece, provò a raggiungermi quando mi vide. Fortunatamente riuscii ad evitarla. Distanza. Dovevo mettere distanza tra me e lei.

La cosa andò avanti per giorni. Lei continuava a cercarmi, io continuavo a sfuggirle. Non capivo. Forse il desiderio che provava di urlarmi contro, di dirmi quanto le facessi schifo e quanto mi odiasse, era così forte da motivarla a non arrendersi.

"Satori, tutto bene?" chiese Semi, negli spogliatoi.

"Sì, tutto a posto" mentii, con finta allegria.

"Beh, la tua piccola complice non si vede più." incalzò Shirabu, con il suo solito tatto. "Non eravate inseparabili?"

"Nah, mi sono stancato." Mentii nuovamente. "Ora sono in cerca del prossimo passatempo. "

Non potevo di certo dirgli il vero motivo. Che l'avevo usata senza ritegno, facendole del male, e che ora lei mi odiava.

La confusione mi divorava dall'interno. Non potevo permettere a nessuno di vedere il senso di colpa che mi divorava, né potevo permettere a me stesso di affrontare la verità. Così continuai a mentire, a nascondere la mia angoscia dietro un sorriso falso. La distanza che avevo creato tra me e Hope si faceva sempre più grande. Meritava di meglio, ne ero sicuro.

Era passata poco più di una settimana da quella notte, quando la vidi in piedi fuori la mia classe. Alzò la testa e mi vide. Le mie gambe si mossero in automatico, corsi verso i bagni dei ragazzi e mi ci buttai dentro. Non servì. Mi inseguì e noncurante entrò anche lei. Mi spinse dentro una delle cabine e chiuse la porta alle sue spalle. Lo spazio era poco. Mi sentivo in trappola. Forse potevo fuggire arrampicandomi e scavalcando dall'alto.

"Satori, che cosa sta succedendo?" mi chiese Hope, la sua voce ferma e preoccupata. "Perché ti comporti così?"

Rimasi sorpreso. Mi aspettavo rabbia e odio da parte sua, per quello che le avevo fatto.

"Non capisco a cosa ti riferisci." Mentii. Sentivo l'agitazione trasparire dal mio tono.

"Ci siamo promessi niente bugie, ricordi?" incalzò lei. "Perché mi stai evitando? Ho fatto qualcosa che ti ha offeso?"

Il gelo. In quel momento capii. Lei non era arrabbiata con me per quella notte. Non mi odiava. Anzi per lei era come se non fosse successo nulla. La situazione è più grave di quel che pensassi. Lei non si rende minimamente conto del pericolo, del mostro che ero.

"Non è niente" risposi freddamente, evitando il suo sguardo. "Avevo solo bisogno di un po' di novità."

"Novità?" ripeté, incredula. "Che intendi Satori, spiegati?"

"Beh, sempre le stesse persone dopo un po annoiano" insistetti, il mio tono tagliente.

Hope rimase in silenzio per un momento, aveva gli occhi lucidi, ma cercava di darsi unaria forte e indifferente. "Beh, se è solo questo" disse infine, "Come credi meglio. Cercherò qualcun altro che non si annoi in mia compagnia." Lo disse con un'aria di sfida, ma con la tristezza che le velava gli occhi. E senza aggiungere altro si girò e se ne andò.

Da quel giorno non mi scrisse più e non mi cercò più. In realtà non mi guardò neanche più. L'avevo ferita. E questa volta l'avevo fatto intenzionalmente. Ma era per il suo bene. Prima o poi lo avrebbe capito anche lei.

I monologhi nella mia mente non mi davano tregua. Il caos dei miei pensieri era assordante. La mia solitudine autoimposta mi soffocava. Perché sono così dannatamente sbagliato? Perché sono destinato a stare solo. La prima volta che la vidi dormire attraverso la finestra, senza un motivo, pensai che lei potesse essere il mio faro nel buio. E in qualche modo per un po' lo era stata. Con lei riuscivo ad essere me stesso, sentirmi vivo e divertirmi senza sentire il bisogno di distruggermi allo stremo. Ma la mia oscurità stava offuscando la sua luce, e non potevo permetterlo.

***

Faro nell'oscurità (Satori Tendō x oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora