19 - Il declino

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**Satori**

Era un giorno come tanti altri quando entrai nella palestra per gli allenamenti. Il solito trambusto dei ragazzi, le voci che echeggiavano tra le pareti, il profumo acre del sudore delle palestre. Ma qualcosa era diverso, qualcosa nell'atmosfera mi sembrava fuori posto. Tutti sembravano cupi, tristi.

Mi avvicinai ai miei compagni, un sorriso forzato sulle labbra, come al solito negli ultimi giorni. Ma le loro espressioni non corrispondevano la mia allegria. Li guardai con confusione, chiedendomi cosa potesse aver causato quella tristezza improvvisa.

"Che succede ragazzi?" chiesi, cercando di comprendere la situazione.

Goshiki mi guardò con occhi pieni di compassione. "Senti, Satori...ci dispiace per Hope. Stai bene?"

"Per cosa vi dispiace di preciso?" chiesi con aria un po' preoccupata. Quelle parole colpirono come un pugno nello stomaco. Non avevo raccontato a nessuno quello era successo tra noi.

"È tornata in Italia" disse Shirabu, perplesso. "Non lo sapevi? "

"Come? Perché? Quando?" La mia voce urlante tremava leggermente mentre cercavo di processare quelle parole. "Non ha detto nulla...a nessuno?"

I ragazzi mi guardarono con aria dispiaciuta e al contempo sorpresa. Erano abituati a vederci sempre insieme, sicuramente non si aspettavano che non sapessi nulla della partenza. In questi giorni ogni volta che avevano provato a domandarmi di lei avevo mentito inventando scuse sul perché fosse meno presente.

Sapere che era partita così, senza dire nulla, fu come una frustata. Hope se n'era andata. Sentii un vuoto dentro. Un abisso oscuro, un buco nero che inghiottiva ogni speranza e ogni gioia. Mi sentivo perso, tradito, abbandonato.

"Non posso crederci" sussurrai, le parole quasi soffocate dal dolore che mi stringeva il petto. "Perché non mi ha detto nulla? Perché non mi ha parlato?" Sapevo benissimo perché. Lei aveva provato più volte a parlarmi, ero stato io a non voler ascoltare.

"Magari pensava fosse più facile così" disse Hayato con tono comprensivo. "A volte, dire addio è la parte più difficile."

Annuii, anche se quelle parole non alleviarono la mia sofferenza. Finiti gli allenamenti, tornai a casa, affrontando il silenzio assordante dei miei demoni interiori. Tutto sembrava vuoto, privo di calore e di vita. Mi chiusi in camera mia, lasciando che il peso della realtà cadesse sulle mie spalle come una montagna di piombo.

Ripensai a tutti i momenti passati insieme. La prima volta che ci eravamo incontrati, i sorrisi, le risate, i piccoli gesti quotidiani che avevano riempito le nostre giornate. Ora tutto sembrava così lontano, come un sogno svanito al mattino.

Mentre sedevo lì, la mente persa nei ricordi, il telefono squillò, era Semi.

"Satori, come stai?" La sua voce era gentile, ma potevo percepire la preoccupazione.

"Non bene." risposi, la voce spezzata.

"Mi dispiace. Vuoi parlarne?" Non risposi subito. Non sapevo se volevo parlarne o se volevo solo essere lasciato in pace.

"Non so cosa dire" confessai infine. "Mi sento come se tutto stesse crollando."

"Capiamo tutti cosa stai passando" disse con empatia. "Forse ha fatto quello che pensava fosse meglio per entrambi. Sai quanto teneva a te."

"Lo so, ma mi sento responsabile. E poi, se tanto teneva a me, perché se n'è andata senza parlarmi?" Sapevo bene che quelle parole erano ironiche dette da me. Ero stato io il primo ad andarsene senza parlarle.

"Satori, a volte le persone prendono decisioni difficili per proteggere se stesse e gli altri." Semi rimase in silenzio per un momento, poi disse: "Sappi che noi siamo qui per te. Non devi affrontare tutto questo da solo."

La chiamata mi lasciò un po' di conforto, ma non alleviò completamente il dolore. Le sue parole erano gentili, ma il vuoto che Hope aveva lasciato era troppo grande per essere riempito facilmente.

Passai i giorni seguenti in una sorta di nebbia, andando avanti per inerzia. Gli allenamenti continuavano, ma la mia mente era sempre altrove. Ogni volta che qualcuno mi parlava, dovevo concentrarmi per non perdere il filo del discorso. E ogni volta che qualcuno la menzionava, un'ondata di dolore mi travolgeva.

Non importava quanto mi sforzassi, la sua mancanza era sempre lì, come un'ombra che non potevo scacciare. La sera, quando il silenzio calava, la sua assenza era più palpabile che mai.

Decisi di scriverle una lettera. Presi carta e penna, e iniziai a scrivere:

"Hope,
La tua partenza mi ha lasciato con tante domande, tanto dolore. Capisco che avevi bisogno di fare ciò che pensavi fosse meglio per te, ma non posso fare a meno di sentirmi abbandonato. Anche se so che, sono stato io ad abbandonare te per primo.
Abbiamo condiviso tanto, e mi sembra ingiusto che tutto sia finito così, senza una vera spiegazione. Sei stata l'unica persona con cui mi sia mai aperto. L'unica che mi ha visto realmente per quello che sono, e che, nonostante ciò, si è innamorata lo stesso. La verità è che ti ho amata anch'io, sin dalla prima volta che ti vidi, e ti amo ancora.
Non so come andare avanti senza di te.
Spero che tu stia bene, che riuscirai a trovare la pace e la felicità che cerchi. Io cercherò di fare lo stesso, anche se sarà difficile senza te.
Con affetto,
Satori."

Chiusi la lettera e la misi in una busta. Andai fuori al balcone con la lettera in mano, continuando a guardarla e rigirarla tra le dita. Alla fine presi l'accendino e la bruciai.

***

Faro nell'oscurità (Satori Tendō x oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora