18 - Il ritorno a casa

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**Hope**

Arrivai di nuovo a scuola priva di ogni energia vitale, erano passato giorni da quella sera. Ormai camminavo lungo i corridoi evitando gli sguardi curiosi e le domande non dette. Tutti volevano sapere che cosa mi avesse fatto il Guess Monster. Idioti insensibili. Insensibili e idioti.

Nel mio ciondolare senza meta qualcosa però attirò la mia attenzione. Alzai la testa e vidi Satori dall'altra parte del corridoio, non lo avevo più visto da allora. Il mio cuore si fermò per un momento.

I nostri sguardi si incrociarono. I suoi occhi erano freddi, distanti, ma c'era anche altro. Forse rimorso, forse dolore. Senza neanche rivolgermi parola, abbassò lo sguardo e se ne andò. Con un gesto involontario presi il telefono.

"Per favore, torna indietro. Parliamone."

Si fermò. Lo vidi prendere il telefono e digitare qualcosa. Poi riprese a camminare. Quella risposta non arrivò mai. Quella fu l'ultima goccia. Basta, per me era troppo.

I giorni passarono lentamente. Il peso della solitudine mi schiacciava come un macigno, mentre mi trovavo seduta sul letto del mio appartamento, avvolta dall'oscurità della notte. La mia mente era un turbine di pensieri ed emozioni contrastanti, mentre continuavo a rivivere ancora e ancora tutte quelle reazioni di Satori che mi avevano distrutta. Non era il suo rifiuto a lacerarmi lanima, ma la sua freddezza e la sua indifferenza. Dopo tutto quello che avevamo condiviso. Mi sentivo persa, confusa, spezzata.

Le lacrime mi offuscavano la vista mentre cercavo di trovare un senso a tutto questo. Continuavo a chiedermi cosa avrei potuto fare diversamente, cosa avrei potuto dire per non perderlo. Ma sapevo, nel profondo del mio cuore, che non c'era niente che avrei potuto fare o dire per far andare le cose diversamente. Satori era un uomo che seguiva il suo destino, che prendeva le sue decisioni senza esitazione. Ed io dovevo accettare che la sua decisione era di allontanarsi da me.

Con il cuore in frantumi, finii i preparativi per il mio viaggio di ritorno in Italia. Mancavano ancora 6 mesi al termine del mio viaggio, ma dopo la sua reazione al mio messaggio, decisi che per me era giunto il momento di tornare a casa. Non potevo più sopportate il peso della solitudine. Avevo bisogno delle mie amiche, della mia famiglia, delle persone che mi amavano. Avevo bisogno di casa.

Ogni oggetto che mettevo via sembra portare con sé un frammento di ricordo, un pezzo della mia vita qui in Giappone. Il mio piccolo appartamento, un tempo rifugio di sogni, risate e speranze, ora sembrava solo un guscio vuoto.

Mi tornarono in mente quei momenti felici e spensierati passati con Satori. Il nostro primo incontro, i sorrisi condivisi, le risate che riempivano le giornate. Ma ogni ricordo felice era ora offuscato dal dolore.

Presi la valigia e mi incamminai. Arrivata ai piedi del palazzo, prima di varcare i cancelli, alzai lo sguardo al cielo. La notte era calma, il cielo notturno era buio, senza stelle, proprio come la prima volta in cui lo vidi. Ma stanotte non cera la luna che lui tentò di afferrare quella volta.

Spostai lo sguardo sul suo balcone, era lì. Illuminato del chiarore della luce della sua camera, una sigaretta tra le labbra e lo sguardo rivoltò all'oscurità del cielo.

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All'aeroporto, l'atmosfera era frenetica, con persone che si affrettavano in tutte le direzioni. Trovai un angolo tranquillo e mi sedetti, aspettando il mio volo. I miei pensieri tornarono a lui, forse avrei dovuto avvisarlo. Salutarlo un'ultima volta.

Un annuncio interruppe i miei pensieri: il mio volo era pronto per l'imbarco. Mi alzai e mi avviai verso il gate. Ogni passo mi avvicinava sempre di più alla fine di questo capitolo della mia vita.

Durante il volo, il mio cuore era un groviglio di emozioni. La tristezza di lasciare il Giappone, la casa che avevo costruito e la persona che amavo. Ma anche un senso di sollievo, avrei rivisto tutti i miei affetti, e lontana da lui avrei avuto almeno una speranza per un nuovo inizio.

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Finalmente a Roma. Il calore familiare dell'Italia mi avvolse come un abbraccio confortante.

Appena passai le porte dell'aeroporto, vidi un gruppo di volti familiari. Mia, Sara, Giulia e Lisa erano lì, con grandi sorrisi e occhi pieni di lacrime di gioia. Le mie amiche erano venute in mio soccorso, era confortante sapere di poter sempre contare su di loro.

"Hope!" gridarono all'unisono, mentre correvano verso di me.

Appena le raggiunsi, mi avvolsero in un abbraccio caloroso e rassicurante. Il peso dei miei sentimenti si dissolse un po', sostituito dalla forza del loro amore e sostegno.

"Bentornata a casa" sussurrò Mia, stringendomi forte.

Non riuscii a trattenere le lacrime. Scoppiai in un pianto liberatorio, il cuore ancora spezzato ma più leggero, confortato dalla presenza delle mie amiche.

"Siamo qui per te, Hope" disse Giulia, accarezzandomi i capelli. "Non sei sola."

"Sì, ci saremo sempre" aggiunse Sara, tenendomi per mano. "Non importa cosa accada."

Il loro amore e sostegno mi davano la forza di guardare avanti.

Mi accompagnarono a casa, dove trascorremmo la serata a parlare, ridere e piangere. Mi raccontarono gli aggiornamenti delle loro vite, cercando di distrarmi dal mio dolore. Ogni momento che passavo con loro mi faceva sentire un po' più forte, un po' più pronta a affrontare il futuro.

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Faro nell'oscurità (Satori Tendō x oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora