14 - I demoni interiori

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**Satori**

Mi svegliai con un dolore lancinante in tutto il corpo, e subito le immagini della notte precedente mi assalirono. Mi sentii sopraffatto dalla vergogna e dalla disperazione, Hope mi aveva assistito a quella che era realmente la mia vita. Mi girai, non era più nel letto accanto a me. Sentivo però del rumore provenire dalla cucina.

Mi alzai lentamente cercando di limitare i movimenti al minimo. Ogni movimento era uno strazio. In cucina trovai Hope di spalle, ricoperta di farina, tutta intenta a fare un dolce. Mi scappò un sorriso e provai una lieve ondata di calore nel vederla all'opera tutta concentrata. Ma il calore durò poco, venne immediatamente sostituito dal gelo dei ricordi della sera prima. Ormai non potevo più nasconderle la mia situazione, dopo che si è lanciata in casa mia e che ha avuto il coraggio di fronteggiare mio padre, meritava almeno una spiegazione.

"Hope" iniziai, la voce incerta. Mi fermai quando la vidi spaventarsi.

"Oddio Satori, che pura! Non ti avevo sentito." Disse, sorridendo dolcemente.

"Hope" cercai di trovare il coraggio. "Devo dirti qualcosa. Riguardo a quella...situazione di ieri sera."

Lei si girò verso di me, il suo sguardo era dolce e pieno di compassione. "Capisco" rispose con gentilezza. "Ma non devi darmi spiegazioni se non te la senti, Satori. Non sentirti in obbligo."

Il suo sostegno mi colpì dritto al cuore. Lei era in grado di farmi sentire meno solo, meno isolato.

Mi sedetti al tavolo della cucina, ormai avevo deciso, volevo che almeno lei sapesse. Si mise seduta al mio fianco senza dire nulla, limitandosi a tenermi una mano. Feci un respiro profondo e la guardai negli occhi e iniziai.

"Vedi Hope, io non ho mai conosciuto mia madre, lei è morta dandomi alla luce." Vidi i suoi occhi velarsi subito di lacrime, ma le trattenne. "Lei è stata l'unico grande amore di mio padre, e quando lei morì, lo fece anche il cuore di lui. Gli serviva qualcuno da incolpare per aver perso quanto più di prezioso aveva, e scelse me. Infondo, era stata la mia vita ad aver posto fine alla sua. Fino ai miei 5 anni vivevamo dai nonni, ma ho pochissimi ricordi ormai. Le uniche cose che ricordo sono che lui era comunque sempre ubriaco, e che i nonni invece erano gentili con me, non mi trattavano da assassino. Probabilmente fu proprio quello a far si che un giorno, senza dire nulla a nessuno, mio padre mi prese e mi portò qui con se. Da allora non vidi più nessuno della famiglia, tagliò i contatti con tutti. Io riuscii a rintracciarli solamente un anno fa, o meglio lo fecero loro quando mi videro in tv ai scorsi nazionali. Ma questa è un'altra storia." sospira, lei mi strinse la mano.

"Sai, fino ai dieci anni piangevo e mi disperavo" confessai, i ricordi dolorosi affiorano dalla profondità della mia mente. "Invidiavo gli altri bambini con genitori o parenti che li amavano nonostante tutto. Io invece avevo solamente lui, il guscio vuoto di un padre che non prova altro che odio e rancore per l'assassino di sua moglie." Le parole si ammucchiavano nella mia gola, difficili da pronunciare ma necessarie. Volevo condividere questa parte di me con lei, perché lei è l'unica persona che ho trovato che possa capirmi davvero.

"Penso che abbia deciso di portarmi via da tutti e di tenermi con sé solo per assicurarsi che la mia vita fosse infelice quanto la sua, per assicurarsi che io non conosca la gioia, o cosa voglia dire essere amati. Ma se devo essere sincero la colpa di questa situazione non è solo sua. Lui l'ha creata, è vero, ma io l'ho assecondata. Avrei potuto chiedere aiuto ai servizi sociali da piccolo, oppure anche ora avrei potuto alloggiare alla Shiratorizawa, ma non me la sono mai sentita. Penso che una parte di me abbia paura a reagire. Paura che se me ne dovessi andare, non ci sarebbe più nessuno ad assicurarsi che lui sia vivo. Ed io finirei con l'avere un altro genitore sulla coscienza. Non credo che potrei sopportarlo. Per questo invece di cercare aiuto, ho preferito nascondere tutto e affrontare il dolore come tu sai. Con le serate, le feste, la droga. Sono la mia valvola di sfogo. Mi consentono di andare avanti senza abbandonarlo, mi aiutano a trovare la forza di andare avanti ogni giorno" Più le raccontavo del mio passato e della mia vita, più mi sentivo leggero. Era un momento di intimità e connessione che non avevo mai provato prima. "Anche tu mi aiuti, Hope. La tua presenza mi aiuta."

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**Hope**

Più ascoltavo la storia di Satori, e più il mio cuore si spezzava per lui. Venivo da una famiglia unita e affettuosa, sì, ero figlia unica, ma oltre a nonni e genitori avevo tanti cugini e zii sempre intorno a me. Non potevo nemmeno immaginare cosa avesse dovuto affrontare durante la sua infanzia, quanta solitudine e dolore avesse dovuto sopportare. Ma allo stesso tempo, ammiravo il suo coraggio nel confidarsi con me, nel mostrare il suo lato più vulnerabile. Le sue parole mi fecero riflettere profondamente. Ora comprendevo la sua difficoltà nel fidarsi. Il suo non credere alle relazioni. Ma soprattutto ora sapevo da cosa cercasse di fuggire disperatamente nelle nostre notti folli. Dietro la sua facciata da menefreghista e il suo comportamento autodistruttivo, c'era un ragazzo che aveva sofferto tanto, che aveva bisogno di amore e di sostegno. Ma soprattutto, c'era un ragazzo con un cuore enorme, così enorme che nonostante le cattiverie e le violenze, ancora non voleva abbandonare suo padre.

"Sai, Hope" disse, spezzando il silenzio. "Non è vero che avevo bisogno di novità. Avevo..avevo paura che tu mi odiassi per averti fatto male dopo la partita."

Lo disse con un tono serio e colpevole, ma fu più forte di me, scoppiai a ridere. Scoppiai a ridere con le lacrime agli occhi. Mi guardò confuso. Satori mi aveva allontanato perché pensava di avermi fatto male. Io ho avuto gli orgasmi migliori della mia vita, e lui pensava di avermi fatto male.

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Faro nell'oscurità (Satori Tendō x oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora