-Non ti lascio solo-

31 6 42
                                    

Tre giorni dopo, mi rigiro nel letto umido di sudore in una fase di dormiveglia, poi una notifica mi fa spalancare gli occhi, facendomi maledire per non aver messo il silenzioso.

Trovo strano leggere un messaggio da parte di Jacopo -non più via Instagram fortunatamente-, ma poi mi rendo conto che sono le undici passate del mattino, quindi ho dormito circa quattordici ore.

Come da copione, sorrido al messaggio, non l'ultimo di una piccola serie iniziata da poco.

Da quando Jacopo ha conosciuto gli altri, qualche giorno fa, abbiamo iniziato ad uscire tutti quanti insieme; pomeriggi in piazza oppure seduti davanti al bar, mattinate intere sulla spiaggia e nottate al fiume, ma quelle solo con me.

Parliamo da così poco tempo eppure non ho mai avuto una persona che mi conoscesse così a fondo, e ne sono davvero felice.

Jacopo:
Dovrei studiare un po'.
Vieni da me?

Mattia:
Ho appena aperto gli occhi.
Dammi dieci minuti.

Jacopo:
Fai altro nella tua vita oltre a dormire e a fumare?

Mattia:
Credo di no.

Mi alzo dal letto, avvertendo all'istante un capogiro che mi fa quasi cadere di faccia a terra. Recupero un paio di mutande da dentro un cassetto e vado a farmi una doccia veloce, che come ogni mattina mi fa rinascere.

Quando rientro in camera, per non dimenticarmi, scrivo su un bigliettino di dover cambiare le lenzuola una volta rientrato, siccome ho la memoria di un anziano ultracentenario.

Indosso un paio di pantaloncini puliti e le scarpe, infilo il telefono in tasca e prendo il giusto necessario per fare una canna, scendendo al piano di sotto.

Trovo mia madre già ai fornelli, intenta a girare qualcosa in una pentola e a controllare la temperatura del forno ogni tanto.

Mio padre, seduto a capotavola, armeggia con un impasto in una ciotola, che poi unisce a delle gocce di cioccolato.

<< Torta? >> domando, facendo saltare in aria mia madre, che era di spalle.

<< Ma ti pare ora di svegliarti? >> domanda.

<< È nella norma. >> rispondo io, scuotendo le spalle e recuperando la mia tazza dalla dispensa.

Tazza che, tra l'altro, ha sopra disegnato il trenino Thomas.

Prendo il caffè avanzato da dentro al frigo e lo metto tutto nella mia tazza, siccome alla fine non era chissà quanto.

Nel mentre che prendo i cereali e il latte, mia madre, finitami addosso, fa cadere un uovo a terra.

<< Ma che cazzo, Mattia! >> strilla imbestialita, guardandomi male.

<< Pulisco io! Tranquilli tutti! >> dice mio padre, precipitandosi a prendere dei tovaglioli e uno straccio umido.

Faccio colazione mentre guardo mio padre -a pecora- che pulisce il danno da me causato e mia madre che prepara una crema.

Credo.
Non ne capisco un cazzo di cucina.
A stento so prepararmi un piatto di pasta e i bastoncini di pollo.

Dopo aver finito di mangiare, ormai a mezzogiorno meno dieci, lavo la mia tazza e la rimetto al suo posto.

<< Vado da Jacopo. >> dico.

<< Io aspetto l'ufficializzazione. >> dice mio padre, guardandomi con occhi sognanti.

<< Di cosa? >> chiedo io, abbastanza confuso e forse anche un po' in imbarazzo.

Entanglement Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora