La sera, verso le otto e mezza, rientriamo tutti insieme, dividendoci per tornare a casa una volta sorpassata la piazzetta.
Attraverso la solita strada sterrata e supero il cancello d'entrata, andando a parcheggiare in garage, Jacopo che continua ad abbracciarmi nonostante abbia spento il motorino.
<< Jaco. >> lo richiamo, convinto si sia addormentato, passando una mano sulla sua gamba.
<< Io non voglio che te ne vai, voglio stare con te. >> mormora con la voce di un bambino, facendomi tenerezza ma allo stesso tempo rischiando di farmi venire una crisi di pianto.
<< Amore mio. >> sussurro.
Scende dal motorino e si para davanti a me, non appena si alza la visiera del casco noto i suoi occhi tristi, un vuoto all'altezza del mio petto.
<< Verrò da te tutte le volte che posso, ti chiamerò e scriverò ogni giorno, te lo prometto. >> dico con una mano sul cuore, lui si sfila il casco, poggiandolo sulla sella.
<< Anch'io te lo prometto. >> concorda anche lui, una mano sul cuore e un sorriso sincero sulle labbra.
Mi sfila il casco e lo appende al manubrio, poi si sporge per darmi un bacio, come a sigillare questa promessa.
Entriamo in casa mano nella mano, trovando mio padre dinanzi lo specchio all'ingresso mentre prova a dare un senso ai suoi capelli.
<< Perché ti stai aggiustando i capelli qui? >> chiedo.
<< Tua madre mi ha cacciato dal bagno di sopra. >> risponde. << E poi lo specchio nel bagno giù è andato distrutto chissà per colpa di chi, ricordi? >> mi accusa, Jacopo che ride sotto i baffi.
<< È stato uno sbaglio. >> provo a difendermi.
<< Stavi lavando il pallone da basket con una saponetta per i vestiti, soltanto che ti è scivolato dalle mani sia il pallone che la saponetta, e indovina dove sono finiti entrambi? >> mi incalza.
<< Va bene, basta! >> mi arrendo, lasciando andare la mano di Jacopo.
Vado in cucina e tiro fuori dal frigo dell'acqua, iniziando a bere direttamente dalla bottiglia manco un cammello dopo aver attraversato il deserto.
<< Bevi piano. >> mi rimprovera mio padre.
Dopo cinque minuti, vedo mia madre scendere le scale, un occhio a controllare se ha tutto nella borsa e l'altro a verificare che non rotoli giù per le scale.
<< Ciao Jaco! >> esclama non appena lo vede, raggiungendolo per lasciargli due baci sulle guance.
Il biondino sorride, io mi schiarisco la voce. << Non mi vedi da ieri. >> vado contro mia madre.
<< Meglio. >> dice lei, rivolgendomi un sorriso.
Ci salutano di fretta, chiudendosi la porta alle spalle dopo averci raccomandato di non fare casini.
<< Andiamo a fare la doccia? >> mi chiede Jacopo mentre giocherella con il tappo della bottiglia, che ora giace mezza vuota al centro del tavolo.
<< Insieme? >> domando io, guardandolo.
<< Come sennò? >> risponde lui con tono ovvio, che una delle ultime volte che ho fatto una doccia da solo stavo pieno di paranoie perché non sapevo se baciarlo o meno, la mattina del suo compleanno.
Quando mi ritrovo sotto il getto caldo dell'acqua, spalmato contro le piastrelle congelate con Jacopo che mi riempie il collo di morsi, mi rendo conto che dalla vita non voglio nient'altro se non il ragazzo che amo, ma a quanto pare lei mi odia così tanto che ha deciso di farmi assaggiare la felicità senza però farmi godere di essa per sempre.