-Sotto le stelle-

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Rientro finalmente in casa per la gioia di mia madre, che mi accoglie con un'espressione sollevata.

Vado a lavarmi le mani in bagno, poi sposto lo sguardo sul mio riflesso nello specchio e mi rendo conto di aver salutato Jacopo con una sottospecie di gatto morto in testa, siccome i miei capelli hanno assunto la forma del casco.

Scendo giù dopo avergli dato un aspetto decente, non che in fin dei conti fosse una cosa così urgente.

Mi siedo a tavola, iniziando a mangiare felice la mia pasta al ragù.

<< Allora? Questo Jacopo? >> chiede mio padre, guardandomi con un mezzo sorriso.

Cosa c'entra Jacopo, adesso?

<< Perché mi stai guardando con quella faccia? >> domando io, provando a sviare il discorso.

<< Non cambiare discorso. >> mi rimprovera, appunto.

Sbuffo, scocciato. << Che ti devo dire, è un ragazzo come tutti gli altri. >> rispondo semplicemente, ma il rossore sulle mie guance mi tradisce, appunto butto giù mezzo bicchiere di vino per dare la colpa a lui.

<< Sei tutto rosso. >> mi fa notare mia madre.

<< È il vino. >> rispondo io.

<< Come no. >> ribatte mio padre.

Non sono disperatamente disperato.
Poco più di disperato.
Che vita che c'ho.

Finisco di mangiare alla svelta, provando a sviare in tutti i modi le loro domande strambe su me e Jacopo, salendo poi in camera con una palla di pelo scura alle calcagna, che mi segue fin sopra al letto.

Mi tolgo la maglietta a causa dell'eccessiva aria calda presente nella mia stanza, prendendo ad accarezzare piano Arek sulla testa, che pare si stia per addormentare.

Non le ho mai capite le domande fin troppo frequenti dei miei genitori per quanto riguarda la mia vita sentimentale.

Gli voglio un gran bene, ma sono sempre stati ficcanaso, soprattutto dopo che ho decido di far coming out con loro.

Era metà dicembre dell'anno prima, e per me stranamente era stata una giornata decente, né troppi pensieri fantastici né troppi pensieri distorti.

Mi ripetevo che quella giornata sarebbe peggiorata, che da un momento all'altro qualcosa sarebbe andato storto ed io ci sarei rimasto molto male.

Non sto mai in pace con i miei pensieri, devo seguire ciò che loro mi dettano, quindi scelsi di parlare ai miei di questo mio essere attratto anche dal genere maschile per -secondo la mia mente- rovinarmi la giornata.

Perché secondo me non merito di essere felice.
Ma dopo anni ancora non me ne capacito il motivo.

Scesi al piano di sotto, trovando i miei genitori davanti al camino, le luci dell'albero di Natale accese e ancora qualche scatolone sparso qua e là per il salone, contenenti palline e altre decorazioni che avevamo deciso di non utilizzare.

La televisione mandava in onda un film natalizio, che parlava della classica storia in cui un uomo e una donna si conosco poco prima delle vacanze di Natale, che poi finiscono a scopare la notte di Capodanno o a scambiarsi baci e altre effusioni romantiche sotto al vischio appeso alla porta di casa.

Mi parai davanti a loro, spensi la TV per avere tutta la loro attenzione e mi beccai pure un insulto poco carino da parte di mia madre, siccome -a quanto ricordo- i due protagonisti stavano per...

Vabbè.

Dissi loro che stavo per fare un discorso molto serio e molto importante per me; mia madre si fece subito seria e attenta, mentre mio padre non credette nemmeno ad una singola avvertenza e mi disse di sbrigarmi, che se mamma non finiva di vedere il film lui non avrebbe potuto cenare.

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