-Panico-

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Due ore dopo, pare io sia finito nella fabbrica della Mulino Bianco.

Ho i capelli pieni di farina, macchie d'uovo sui pantaloni e del colorante celeste sulla canotta bianca, che se mi vedesse mia madre mi decapiterebbe e seppellirebbe in meno di due minuti.

Per Jacopo, tutti insieme, abbiamo deciso di fare una classica torta panna e cioccolato con il Pan di Spagna al cacao, rivestendola poi con la panna celeste.

Il problema è che il colore nella panna non si nota nemmeno, solo sui miei vestiti si nota.

<< Ti avevo detto di rompere quattro uova, non tutte! >> esclama Sara, rimproverando Edoardo accanto al lavandino.

Con due gusci d'uovo in mano, ammira il casino che ha appena combinato. Due uova sono in un recipiente -una che appunto ho rotto io, ma non appena mi sono reso conto di non saper aprire nemmeno un uovo ho lasciato perdere-, il tuorlo distrutto e qualche pezzetto di guscio, altre due sono ancora intatte mentre uno è appena scivolato a terra, sporcando le scarpe di Edoardo e il mobile in legno della cucina.

<< Non le ho rotte tutte! >> si difende, strillando contro la fidanzata.

<< Lascia tutto a me, ti prego. >> dice Sara, spingendo in maniera brusca Edoardo lontano dal lavandino.

Arianna e Ginevra, tranquille, stanno pesando la farina, lo zucchero e il cacao, Alessandro sta cercando da due ore il lievito nelle buste della spesa -che è sicuro di aver preso, tra l'altro-, Jacopo sta montando la panna con la planetaria e Giorgio dorme sul divano dopo una canna di troppo.

Io invece?

Io guardo il tutto, presto attenzione su come svolgono il proprio lavoro i miei amici, come un vecchio passante che guarda gli operai in un cantiere, criticando di tanto in tanto il loro modo di operare.

E penso, penso a Jacopo principalmente, che l'ho baciato e non so più come comportarmi con lui.

<< Prendi uno straccio e pulisci. >> sento d'un tratto la voce di Edoardo, che mi guarda con entrambe la mani posizionate sui fianchi, della farina in faccia e le scarpe sporche d'uovo.

<< No. >> rispondo schietto risvegliandomi dai miei pensieri.

<< Ma muoviti! >> strilla lui, lanciandomi uno straccio mezzo umido sul petto, come se la mia canotta non fosse già da lavare.

Pulisco dove lui ha sporcato, sentendomi un po' come mio padre quando combina dei casini e mia madre lo obbliga a pulire.

<< Brava, Cenerentola. >> mi sfotte Alessandro, mostrando poi a tutti le due bustine di lievito che finalmente ha trovato.

Insieme, con qualche peccato e santo sceso, uniamo gli ingredienti, creando l'impasto del nostro Pan di Spagna.

<< E il forno? >> se ne esce Arianna, fissando l'aggeggio sotto i fornelli della cucina.

<< Cosa? >> chiede Ginevra, la tortiera a cerniera retta con entrambe le mani.

<< A quanti gradi? >> chiede Arianna, tutti noi ci scambiamo uno sguardo confuso.

<< 180. >> sentiamo dire a Giorgio, ritrovandocelo alle spalle con due occhi rossi e gonfi, i capelli arruffati e il segno del cuscino in faccia e sulla braccia. << La preparavo con nonna. >> chiarisce, provocandomi un vuoto all'altezza del petto.

Ginevra inforna la torta, impostando il forno alla temperatura suggerita da Giorgio. Gli altri vanno in soggiorno con l'intenzione di giocare a carte mentre ascoltano la musica, ma so già che finiranno per cantare come degli stupidi.

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